25 anni di gioiosa inclusione per quasi 90.000 ragazzi e ragazze con disabilità

«Quello del Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli di Roma – scrive Fausto Giancaterina – è un progetto che ha dimostrato coralmente come anche nelle Istituzioni Pubbliche possa esserci forte la presenza di una cultura diversa. Esso ha permesso a migliaia di ragazzi e ragazze con disabilità di avere un’occasione di autorealizzazione ed evidenziato che i Servizi Pubblici dovrebbero attivare risorse e relazioni non inquinate da riserve e pregiudizi professionali, per non trascurare la vita, le emozioni, l’affetto, lo star bene insieme, facendo cose significative e gratificanti»

Laboratorio Piero Gabrielli, Roma: "Il pedone rosso"

I protagonisti del “Pedone rosso”, portato in scena nel 2018 dal Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli

Il Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli di Roma è un progetto sostenuto saldamente in tutti questi anni (e tuttora) da tre Istituzioni: il Comune di Roma, la Fondazione Teatro di Roma e l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio. Esso concretizza la propria attività attraverso un laboratorio pilota centrale e laboratori decentrati nelle scuole di Roma, coordinati dal gruppo multiprofessionale che dirige il laboratorio pilota.
Non mi attardo qui a raccontarne la storia, le tante iniziative, gli spettacoli, la diffusione e le presenze in altre nazioni (Perth in Australia, Boston, Montecarlo, Tunisi e diverse città italiane): tutto questo è narrato molto bene nel sito del Laboratorio stesso. Qui vorrei invece fare il mio simbolico applauso ai tanti professionisti, e ai tantissimi ragazzi con le loro famiglie, raccontando dal mio angolo visuale questa formidabile esperienza da me vissuta, quale rappresentante istituzionale del Comune di Roma al Piero Gabrielli.

Questo coinvolgimento mi ha permesso di dare tangibilmente il mio contributo operativo dall’interno dell’Istituzionale Comune di Roma, per cercare di rendere visibile l’essere tale Istituzione al servizio della comunità sociale, unico, vero motore motivazionale e operativo che ha reso possibile la realizzazione di tanti progetti a sostegno di una buona qualità della vita  delle persone con disabilità e tra di essi, ovviamente, anche il Laboratorio Piero Gabrielli.
Sappiamo un po’ tutti che esiste una convinzione diffusa che descrive le Pubbliche Istituzioni come entità che agiscono quasi sempre in modo anonimo, distaccato, con il gusto di complicare le cose, dilatando i tempi per tutto, tanto nel prendere decisioni quanto nell’operare, e quindi, ben lungi dal favorire la realizzazione di progetti utili per i cittadini. È dunque un vero piacere poter affermare che la pluriennale realizzazione del Laboratorio Gabrielli smentisca in pieno una tale convinzione: si tratta infatti di un progetto che è riuscito a dimostrare coralmente come anche nelle Istituzioni Pubbliche possa esserci forte la presenza di una cultura diversa, di altri valori e di altri sistemi operativi, che poggiando sulle solide basi valoriali della nostra Costituzione, sono in grado di promuovere e facilitare la realizzazione per i cittadini di cose a volte impensabili.

L’obiettivo inizialmente era semplice, ma impegnativo: entrare in punta di piedi nel mondo della scuola e provare – attraverso il teatro – a dare una nuova opportunità realizzativa a tutti i ragazzi, senza distinzione alcuna, ma con una sola sottolineatura “attenzionale” verso i ragazzi e le ragazze con disabilità.
Entrare sì, ma con quale prospettiva? Lungi dall’idea di lavorare per produrre la classica “recita scolastica” di fine anno, l’incontro doveva permettere a tutti i ragazzi e le ragazze di entrare in un circuito comunicativo vero, emozionante e affascinante, di cogliere in pieno la possibilità di una dilatazione formidabile e irrepetibile delle potenzialità espressive e socializzanti e magari renderle visibili ed emozionanti in un vero teatro, raccontando che la disciplina del teatro, con i suoi tempi e le sue regole, è un ottimo mezzo per imparare a comunicare, per sperimentare una forte inclusione, per conoscere l’interdipendenza positiva insieme al rispetto e la solidarietà con gli altri.
In questo sistema complesso e multidimensionale ruota un insieme di valori, di visioni, quali la cultura, la formazione, l’educazione. Il Laboratorio ha proposto un altro modo, tra i tanti possibili, ma niente affatto esclusivo, per riconsiderare le occasioni formative che la scuola offre.
Ecco perché questa esperienza doveva avere un alto grado di qualità professionale a livello artistico, psicologico, pedagogico e sociale e offrire ad ogni partecipante la possibilità di fare emergere le proprie potenzialità e di sviluppare le proprie abilità comunicative e cognitive, senza finalità competitive, permettendo a ciascuno – nella libertà dei ruoli differenziati – di esprimere se stesso, rafforzando la propria autostima.

Mantenendo ferma questa prospettiva, il Laboratorio Gabrielli ha dimostrato che la produzione di benessere delle persone passa attraverso tante cose e ha bisogno di tante professionalità, di tante occasioni.
In particolare ha permesso ai ragazzi e alle ragazze con disabilità di avere un’occasione di autorealizzazione, utilizzando ogni tipo di comunicazione, di scambio, smorzando l’aggressività a favore della socializzazione ed educandosi quindi alla globalità dei linguaggi e, quindi, non solo attraverso la parola, ma anche tramite il gesto, il suono, il colore, la forma, acquisendo una gamma sempre più vasta di potenzialità comunicativa, per cui la stessa parola, lo stesso gesto, lo stesso colore, lo stesso segno, la stessa forma plastica potessero assumere significati diversi secondo l’intensità e il ritmo e le modulazioni.
Sono certo che il “Piero Gabrielli” abbia dato a moltissimi ragazzi e giovani tali possibilità e l’acquisizione di una gamma sempre più vasta di potenzialità comunicativa, per essere più creativi, lavorare in gruppo e imparare le regole della convivenza attraverso la disciplina del teatro.

La cosa per me sorprendente è stata che questa epifania di opportunità si percepiva ogni volta nel vedere come ogni ruolo venisse interpretato con convinzione e totale comprensione, senza forzatura alcuna, segno – oltre che di una maturazione di ogni ragazzo – di un lavoro esplorativo psicologico ed educativo e di un lavoro di sintesi del regista, molto attento a scoprire il talento e le capacità espressive di ognuno.
Tutto ciò l’ho vissuto come una tangibile conferma in tutte le numerosissime opere teatrali realizzate ogni anno a conclusione dell’anno scolastico e rappresentate – come giusto che fosse – nella naturale sede del Teatro Argentina: un godimento unico ed emozionante.
Ad esempio, non posso mai più dimenticare – tra le tante bellissime opere realizzate – Il pedone rosso, un’allegoria emozionante di come si possa essere facilmente in pericolo di esclusione sociale: basta avere qualche tratto di “diversità” e il gioco dell’emarginazione si scatena!
Un Davide/Pedone/Rosso con la sua “erre” moscia e il suo sguardo allargato dagli occhialoni mi ha profondamente scosso e la metafora del gioco degli scacchi che esclude chi ha un colore diverso dagli altri, in lui è diventata per me – e spero per tanti altri – visibile promemoria per un impegno a costruire partecipazione e pari opportunità, valorizzando tutte le diversità.

Tempo fa una ragazza con disabilità (Simonetta) ha scritto in «Superando.it»: «Non mi interessa essere assistita, mi preme partecipare. E per costruire e promuovere una cultura della partecipazione sulla base delle pari opportunità occorre valorizzare e non specializzare le diversità, promuovendone i giusti contenuti e la corretta informazione».
Servono cambiamenti per dare indistintamente nuove possibilità di inclusione sociale, allargando le relazioni con gli altri, favorendo legami e reciprocità, ponendo attenzione alla dimensione (grande sconosciuta!) dell’affettività e dell’emotività. Diversamente è passività, tristezza, rabbia, aggressività, paura, contenimento.
I Servizi Pubblici devono allargare le reti dei “portatori d’interesse” (stakeholder), attivare risorse e relazioni non inquinate da riserve e pregiudizi professionali, sempre preoccupati di monitorare, verificare, proclamare l’adorazione dei totem chiamati cura, riabilitazione, autonomia, socializzazione, trascurando la vita, le emozioni, l’affetto, lo star bene insieme facendo cose significative e gratificanti.

Già direttore del Servizio Disabilità e Salute Mentale di Roma Capitale.

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