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Donne con disabilità e violenza: un reato specifico o un programma articolato?

Donna di spalle con un barccio alzato (figura murale)Merita di essere esaminata con grande attenzione la proposta avanzata da Fiorenza Sarzanini, editorialista e caporedattrice del «Corriere della Sera», in occasione della tavola rotonda Disviolenza. Dialoghi intorno e dentro la violenza sulle donne con disabilità, realizzata in streaming il 26 novembre scorso, evento nato da un’idea di Anna Maria Gioria, blogger di InVisibili del «Corriere della Sera.it», in collaborazione con Cinemanchìo-+Cultura Accessibile, e con il patrocinio della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) (su queste stesse pagine vi è una presentazione dell’evento).

«Serve un reato specifico contro la violenza subita da una donna con disabilità», ha dichiarato Sarzanini intervenendo alla tavola rotonda, e ha aggiunto che, proprio per questo motivo «è necessario creare un movimento di opinione unito ad un impegno dei media e di tutta la stampa, per migliorare la legislazione vigente, aggiungendo appunto ai quattro nuovi reati appena introdotti, anche quello riguardante la violenza subita dalle donne con disabilità, un obiettivo certamente da raggiungere, per rendere non solo il processo più fluido, ma soprattutto per aiutare le vittime a non sentirsi due volte sotto accusa» (fonte: Serve un reato specifico contro la violenza subita da una donna con disabilità, in «Superando.it», 4 dicembre 2020).

Per comprendere il contesto nel quale è maturata questa proposta, è necessario considerare che, seppure negli ultimi tempi si registrino dei cambiamenti significativi, il tema della violenza subita dalle donne con disabilità fatica ancora a diventare visibile. Vi è poca consapevolezza del fenomeno tra le stesse donne con disabilità, che stentano a considerarsene vittime.
Diverse Associazioni di persone con disabilità hanno iniziato ad occuparsi della questione, ma solo poche la considerano una priorità.
Qualche timido cambiamento si registra anche sul fronte delle Associazioni femminili e femministe (è interessante, sotto questo profilo, la campagna di sensibilizzazione sul tema Violenza sulle donne. In che Stato siamo? – Donne con disabilità e discriminazioni multiple lanciata a fine luglio contro la violenza da D.i.Re – Donne in rete, e ancora attiva [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]).
Qualche donna con disabilità usa internet, i social o i blog per prendere la parola e denunciare la doppia vulnerabilità e, più in generale, il sistema oppressivo che sperimenta nella propria quotidianità (si veda, ad esempio, Sofia Brizio, Sono disabile: ho il diritto di sentirmi anche donna e femminista, nel blog Le donne della porta accanto, 3 dicembre 2020). Ma nel complesso, nonostante i pochi dati disponibili indichino chiaramente che le donne con disabilità sono più esposte a violenza rispetto alle altre donne, la rete dei Servizi Antiviolenza non dispone di personale formato/preparto a relazionarsi con le donne con diverse disabilità che siano vittime di violenza; spesso, inoltre, le forme peculiari di violenza cui sono esposte le donne con disabilità non sono riconosciute neanche dagli operatori/trici di settore; e ancora, le strutture (centri, uffici, case rifugio, caserme, tribunali) presentano barriere fisiche e/o percettive; anche in questi ultimi ambienti persistono pregiudizi legati al genere e alla disabilità che minano la credibilità delle vittime e le espongono a vittimizzazione secondaria.

In questo quadro, la proposta di Sarzanini di coinvolgere i media e tutta la stampa nell’impresa di dare visibilità al tema in questione va certamente salutata con grande favore. Infatti, ci sono pochi dubbi sul fatto che i media e la stampa possano dare un importante contributo nel far emergere il fenomeno della violenza sulle donne con disabilità dall’invisibilità che ancora lo caratterizza.
E tuttavia, rispetto ai contenuti da veicolare, forse più che puntare sulla creazione di un reato specifico, sarebbe preferibile promuovere un programma articolato, con più azioni/misure volte a sanare le molteplici criticità riscontrate, in ottemperanza alle raccomandazioni espresse dal GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti responsabile del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, ratificata dall’Italia con la Legge 77/13).
Infatti, nell’approcciarci a queste tematiche, non va dimenticato che lo scorso gennaio il GREVIO stesso ha pubblicato il primo Rapporto di valutazione sulla situazione italiana [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
L’Italia, avendo ratificato, come detto, la Convenzione di Istanbul, è sottoposta ad una verifica periodica delle misure poste in essere per dare attuazione alla stessa. Ebbene, quel Rapporto di valutazione contiene numerose raccomandazioni specifiche in tema di contrasto alla violenza nei confronti delle donne con disabilità. Dunque, sotto un profilo operativo, l’azione politica più semplice e immediata da intraprendere è creare un movimento di opinione che chieda alle Istituzioni, e anche a chi opera nei diversi snodi della rete antiviolenza, di applicare le raccomandazioni contenute nel Rapporto di valutazione del GREVIO.

Ma quali sono queste raccomandazioni?
Misure per prevenire e combattere la violenza che colpisce le donne che sono o potrebbero essere esposte alla discriminazione intersezionale, tra le quali ci sono le donne con disabilità.
L’integrazione della prospettiva di tali donne nella progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche di prevenzione e lotta alla violenza contro le donne, sostenendo, finanziando e cooperando strettamente con le organizzazioni che le rappresentano.
L’integrazione delle questioni di genere e la prevenzione della violenza di genere nelle attività dell’organismo nazionale incaricato di combattere la discriminazione e nei programmi adattati alle esigenze specifiche di queste donne, anche mediante lo sviluppo di programmi mirati volti a raggiungerle in modo proattivo.
Misure volte ad accrescere la consapevolezza delle vittime in merito ai loro diritti e al diritto di accesso ai servizi di protezione e di supporto.
Misure per sviluppare e migliorare l’accessibilità dei servizi di protezione e di sostegno.
Misure volte a sostenere la ricerca e ad aggiungere indicatori specifici nella raccolta dei dati relativi alla violenza contro le donne che si riferiscano a donne e ragazze che sono o potrebbero essere esposte alla discriminazione intersezionale.
L’indicazione di sviluppare campagne mirate, sia a livello nazionale che locale, con il coinvolgimento delle organizzazioni di base e delle organizzazioni femminili specializzate, anche al fine di raggiungere i gruppi di donne e ragazze vulnerabili e rispondere alle loro esigenze specifiche.
Misure volte ad assicurare l’effettiva applicazione dell’obbligo di dovuta diligenza per prevenire, indagare, punire e provvedere al risarcimento adeguato delle vittime.
L’indicazione che le informazioni che per legge devono essere fornite alle vittime di violenza siano adeguate e accessibili alle donne con disabilità.
L’intensificazione degli interventi di formazione per prevenire la vittimizzazione secondaria, unita alla raccomandazione rivolta sia ai servizi di supporto generale, che a quelli di supporto specializzati, di prestare particolare attenzione alle esigenze delle vittime che sono o potrebbero essere esposte a discriminazione intersezionale e/o ai gruppi di vittime che sono resi vulnerabili da circostanze particolari, incluse, ma non solo, le vittime con disabilità.

Perché è importante allinearsi alle richieste del GREVIO? Perché, come già accennato, il GREVIO è l’autorità preposta al monitoraggio dell’attuazione Convenzione di Istanbul, ed è riconosciuto come tale sia dalle Istituzioni che dai diversi soggetti della società civile. Inoltre, perché la stesura del Rapporto di valutazione è stata preceduta da un rigoroso lavoro di indagine e raccolta di dati/informazioni sul fenomeno della violenza in Italia, e da un confronto con le Istituzioni e i diversi soggetti della società civile, tra o quali anche il FID (Forum Italiano sulla Disabilità) che ha inviato al GREVIO il proprio Rapporto ombra. E infine, perché per lavorare in una prospettiva inclusiva, è fondamentale che le azioni mirate alla prevenzione e al contrasto della violenza nei confronti delle donne con disabilità si collochino all’interno del programma complessivo di contrasto alla violenza di genere.

Pertanto, giunge senz’altro gradita l’offerta di collaborazione dei media e della stampa, c’è un bisogno vitale di sensibilizzare e informare correttamente su questo tema, ma è altrettanto importante non disperdere il lavoro fatto sino ad ora, e chiedere con determinazione che vengano attuate le raccomandazioni espresse dal GREVIO. Sarebbe grandioso se i professionisti e le professioniste dell’informazione contribuissero a divulgare questo messaggio.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso con il titolo “Violenza sulle donne con disabilità, più che un reato specifico serve un programma articolato” e viene qui ripreso, con minime modifiche di contesto, per gentile concessione.

Per approfondire ulteriormente i temi trattati nel presente contributo, accedere a Dossier – Convenzione di Istanbul e donne con disabilità e a Servizi antiviolenza preparati ad accogliere donne con disabilità, nel sito di Informare un’h. Più in generale, sul tema della Violenza nei confronti delle donne con disabilità, fare riferimento, sempre nel sito di Informare un’h, all’omonima Sezione. Infine, su Donne e disabilità, oltreché ricordare il lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, segnaliamo la Sezione Donne con disabilità, ancora nel sito di Informare un’h.

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