Di fronte alla pandemia: la vita delle persone con disabilità in Toscana

Sono numerose le informazioni contenute nel Quinto Rapporto sulle Disabilità in Toscana 2020/2021, redatto a cura dell’Osservatorio Sociale Regionale, documento che, a differenza dei precedenti Rapporti, ha approfondito anche l’impatto della pandemia sulla vita delle persone con disabilità, riferendosi, tra l’altro, anche a una specifica indagine promossa dallo stesso Osservatorio Sociale nel corso della prima fase di lockdown, voluta per analizzare il modo in cui i servizi sociosanitari ed educativi dedicati alle persone con disabilità hanno affrontato l’emergenza coronavirus

Copertina del Quinto Rapporto sulle Disabilità in Toscana 2020/2021Di fronte alla pandemia: tutele, difficoltà, vita quotidiana delle persone con disabilità: è questo il titolo del Quinto Rapporto sulle Disabilità in Toscana 2020/2021 (disponibile integralmente a questo link), curato dall’Osservatorio Sociale Regionale della Toscana.
Il documento viene redatto allo scopo di contribuire all’attività di programmazione regionale dei servizi rivolti alle persone con disabilità e, a differenza dei precedenti Rapporti, ha approfondito anche l’impatto della pandemia sulla vita delle persone con disabilità. Nello specifico, sono stati utilizzati sia i dati raccolti attraverso un’indagine ad hoc promossa dallo stesso Osservatorio Sociale nel corso della prima fase di lockdown, per analizzare il modo in cui i servizi sociosanitari ed educativi dedicati alle persone con disabilità hanno affrontato l’emergenza coronavirus, sia la normativa nazionale e regionale.
Il testo contiene anche diversi dati sulla quantificazione delle persone con disabilità che vivono nel territorio regionale, come risultano dai database dei tre principali Istituti che si occupano di tale materia – l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), l’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) –, nonché dalla rilevazione annuale effettuata dall’Osservatorio Sociale nelle 26 Zone Distretto della Regione, e dal flusso delle domande di esenzione per patologia.
Sempre nella sezione dedicata al monitoraggio dei dati, troviamo quelli inerenti all’inclusione scolastica e lavorativa. Infine, nella terza sezione, vengono esaminate le misure regionali nei settori delle disabilità e della non autosufficienza, gli esiti della sperimentazione sul Budget di salute, l’attività della stamperia Braille e della Scuola Cani Guida per ciechi.
In questa sede focalizziamo la nostra attenzione sull’indagine relativa all’impatto della pandemia sui servizi sociali territoriali e sulla quantificazione delle persone con disabilità residenti in Toscana, rimandando pertanto i Lettori alla consultazione del Rapporto per gli altri aspetti trattati.

Come accennato, l’Osservatorio Sociale Regionale, in collaborazione con l’ANCI Toscana (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e con l’Istituto degli Innocenti, ha condotto nel periodo giugno-agosto 2020 un’indagine presso le 26 Società della Salute/Zone Distretto della Toscana e le 6 Unioni di Comuni (Comuni del Chianti, Comuni Montani Appennino Pistoiese, Comuni Valdarno e Valdisieve, Comuni Valdera, Comuni Montani del Casentino, Comuni Montani della Valtiberina), con l’obiettivo di valutare l’impatto della prima ondata di Covid sull’organizzazione e sulla gestione dei servizi sociali territoriali svolti a livello di Ambito, in particolare nel corso della prima fase di lockdown (11 marzo-3 maggio 2020). La rilevazione dei dati è stata effettuata attraverso un questionario rivolto ai/alle responsabili degli Enti considerati (complessivamente 32).
Ebbene, l’area della disabilità è stata indicata dalla maggioranza degli intervistati (19 su 25 rispondenti) come quella che ha maggiormente sofferto le restrizioni imposte dalla legislazione nazionale e regionale. Queste le motivazioni addotte dai referenti dei servizi: chiusura dei centri diurni (motivazione nettamente prevalente), l’interruzione dei servizi alla persona, l’isolamento sociale e i problemi organizzativi nella gestione dei singoli casi.
La chiusura dei centri e l’impossibilità di garantire gli altri servizi in presenza ha fatto sì che il carico assistenziale si riversasse inevitabilmente sulle famiglie. Tuttavia, dopo la chiusura dei centri diurni imposta dalla normativa nazionale, tra i 28 servizi territoriali di ambito sovracomunale sono 26 quelli che dichiarano di avere offerto interventi alternativi all’utenza. I servizi alternativi erogati (era possibile indicarne più di uno) hanno riguardato prevalentemente interventi a distanza (nella maggior parte dei casi monitoraggio telefonico e videochiamate, ma anche assistenza educativa); non sono per altro mancati gli enti (14) che hanno dichiarato di avere continuato ad erogare anche servizi domiciliari.
È stato inoltre rilevato che in tutti gli Ambiti Territoriali i centri hanno offerto servizi alternativi dopo la chiusura, ma in alcuni casi (13) tali provvedimenti non hanno riguardato la totalità dei centri presenti sul territorio.

Riguardo poi alla circostanza che il servizio di educativa domiciliare fosse stato o meno erogato nella prima fase di lockdown, dei 32 responsabili intervistati/e, 17 hanno dichiarato che il servizio è stato parzialmente garantito su richiesta delle famiglie, coinvolgendo in media circa un terzo dell’utenza, 10 che è stato sospeso, solo 2 che è stato garantito (3 non hanno risposto).
In merito infine alla domanda se, durante il periodo di chiusura delle scuole, i servizi sociali avessero effettuato interventi alternativi all’educativa scolastica, i 32 enti interpellati hanno risposto così: 19 hanno dichiarato di avere effettuato interventi alternativi in tutto il territorio di competenza, 8 di non averlo fatto; i restanti non hanno risposto, in quanto non gestiscono il servizio a livello sovracomunale.

Per quanto concerne invece la quantificazione delle persone con disabilità residenti in Toscana, davanti al persistere delle difficoltà di elaborare un indicatore univoco, vengono riportati i dati indicati di seguito.
Secondo l’ISTAT, le persone che vivono in famiglia e dichiarano di avere delle limitazioni gravi nelle attività svolte abitualmente (a causa di motivi di salute perduranti da almeno sei mesi), si parla di oltre 191.000 individui (gennaio 2020), ovvero poco più del 5% della popolazione regionale, con una netta prevalenza femminile (60%) e un’età piuttosto avanzata (il 64% è ultrasessantacinquenne). Circa un terzo di tali persone (32.1%) vive in condizione di solitudine, mentre circa un soggetto su quattro è in coppia senza figli.
L’INAIL ci dice invece che nel 2019 le persone con disabilità titolari della relativa rendita diretta in seguito ad un infortunio lavorativo o a una malattia professionale erano 57.596, che l’80% di essi erano uomini, e che il 69% avevano 65 anni o più.
L’INPS, infine, nel rilevare la numerosità delle persone beneficiarie di una pensione a causa di disabilità, indica che nel 2018 queste erano quasi 250.000 (esattamente 249.197), con un’incidenza percentuale sulla popolazione residente pari al 6,7%, una ripartizione per genere sostanzialmente egualitaria (le donne erano il 49,7%) e piuttosto squilibrata per età (il 64,9% aveva 65 anni o più).
Dalla rilevazione annuale effettuata dall’Osservatorio Sociale nelle 26 Zone Distretto, risulta che nel 2019 erano state 30.651 le persone che risultavano effettivamente in carico al servizio sociale professionale (il dato riguarda la fascia di età 0-64 anni).
Infine, il Rapporto indica anche le persone nella fascia di età 0-64 anni, con esenzioni per farmaci a causa di patologie: al 30 giugno 2020, quelle con un’invalidità che dava loro diritto a un’esenzione totale, erano 59.561.

In quest’anno di pandemia le persone con disabilità sono state tra le più discriminate sia sul piano sociale (a causa delle limitazioni ai servizi e ai contatti sociali), che su quello sanitario (soprattutto a causa della loro permanenza in strutture e istituti, nei quali si sono sviluppati anche focolai). La pandemia non ha fatto altro che amplificare la discriminazione sistemica e la mancanza di pari opportunità che esse subiscono nella loro ordinaria quotidianità.
Forse si dovrebbe procedere per tappe, per obiettivi raggiungibili. Ad esempio, sarebbe utile che nel prossimo Rapporto, alla domanda «quante sono le persone disabili in Toscana?» si riuscisse a rispondere con un solo numero. Se infatti lo scopo di questi Rapporti è quello di contribuire all’attività di programmazione regionale dei servizi rivolti alle persone con disabilità, sapere quante sono queste persone è il prerequisito per identificarle e iniziare, assieme a loro, a individuarne i bisogni e i desideri. Iniziare, dunque, a dare concretezza ai loro diritti.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso e viene qui ripreso, con alcune modifiche di contesto, per gentile concessione.

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