Cosa deciderà Strasburgo sui diritti delle persone con sindrome di Down?

Sarà la Corte dei Diritti dell’Uomo a pronunciarsi sulla censura attuata nel 2014 dal Consiglio Superiore per l’Audiovisivo francese, nei confronti di “Dear Future Mom”, video promosso dal CoorDown, insieme ad altre organizzazioni internazionali, che grande risonanza ha ottenuto ovunque. I promotori di quella campagna, basata sul messaggio che anche «le persone con la sindrome di Down possono avere una vita felice», non hanno dubbi: venne violata la libertà di espressione delle persone con sindrome di Down, ciò che portò una delle organizzazioni coinvolte a ricorrere alla Corte di Strasburgo

Protagonisti del video "Dear Future Mom"

Tutti i protagonisti del video “Dear Future Mom”

È già lunga la storia, e anche il nostro giornale l’ha seguita passo dopo passo (si vedano nella colonnina a destra i contributi da noi pubblicati), che ruota attorno alla campagna globale Dear Future Mom (“Cara futura mamma”), ideata da Luca Lorenzini e Luca Pannese e prodotta da Saatchi&Saatchi nel 2014 per il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), in occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down di quell’anno, con la collaborazione di varie altre organizzazioni internazionali. Una campagna basata su un video che tra TV e social network fece letteralmente il giro del mondo, ottenendo milioni di visualizzazioni, e anche successi e premi.
Il messaggio lanciato in diverse lingue da quindici persone con la sindrome di Down di differenti Paesi europei, sottolineava che «le persone con la sindrome di Down possono avere una vita felice. Anche grazie a tutti noi».

Ebbene, poco dopo era successo che il CSA, ovvero il Consiglio Superiore per l’Audiovisivo francese, equivalente della nostra AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), era intervenuto contro alcuni canali televisivi, proprio per avere trasmesso Dear Future Mom, dichiarando che quello spot «non può essere considerato come un messaggio d’interesse generale e la sua finalità può apparire ambigua e non suscitare un’adesione spontanea e consensuale».
Sempre il CSA aveva inoltre ritenuto che quel video potesse «disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale» e per questo aveva appunto deciso di far scattare il divieto di trasmetterlo nelle reti televisive francesi.
Tale decisione era stata poi confermata, nel 2016, dal Consiglio di Stato francese, suscitando una dura reazione da parte del Coordown.
Dal canto suo, la Fondazione francesce Jérôme Lejeune, partner del CoorDown nella realizzazione del video, aveva deciso di presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dopo un lungo iter – ciò che spesso accade, purtroppo, con la Corte di Strasburgo – nei prossimi giorni depositerà le ultime argomentazioni presso la Corte stessa, che dovrà decidere se la censura francese violi la libertà di espressione, sancita dal decimo articolo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

«Consideriamo Dear Future Mom – sottolineano oggi dal CoorDown – una delle campagne che hanno letteralmente cambiato la storia della comunicazione sociale nel mondo. Essa nacque dalla volontà di rispondere a una madre in attesa di una bimba con la sindrome di Down che aveva scritto una lettera al nostro Coordinamento, chiedendo come sarebbe potuto essere il futuro della figlia che aspettava. Avevamo quindi deciso di dare la parola direttamente a giovani e ad adulti con la sindrome di Down che, pur ammettendo le difficoltà della loro condizione, affermavano con determinazione che la loro era una vita degna e felice. A parer nostro, condiviso da tutte le organizzazioni internazionali che collaborarono alla realizzazione del video (Fondation Jérôme Lejeune, Down Madrid, The Down Syndrome Development Trust, Down Syndrome Centar Pula, Saving Down), la decisione del CSA francese di censurare il video fu una negazione della libertà di espressione alle persone con sindrome di Down, un atto grave di censura che lede i loro diritti umani e la loro immagine. Le persone con sindrome di Down, infatti, non solo hanno il diritto di essere felici, ma anche quello di esprimere il loro punto di vista e di essere ascoltate».
Tutte le organizzazioni citate, dunque, a partire dal CoorDown, confidano contano nell’intervento della Corte di Strasburgo affinché venga rispettato il diritto alla libertà di espressione.

«Dear Future Mom – dichiara Antonella Falugiani, presidente del CoorDownè un film che ha contribuito a cambiare la narrazione sulla sindrome di Down, scardinando un’immagine pietistica della persona con sindrome di Down e dando voce diretta a ragazzi e giovani adulti con sindrome di Down. È una campagna che ancora oggi, dopo sette anni, diffonde una corretta cultura della diversità: continuiamo infatti a ricevere da ogni parte del mondo messaggi di ringraziamento e richieste di concessione di diritti di utilizzo e siamo fieri e orgogliosi di avere contribuito a questo processo culturale, oltreché fiduciosi che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo comprenda il vero significato della campagna».
«Vogliamo un’Europa – aggiunge Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Jérôme Lejeune – dove si combatte il rifiuto della diversità. Non vogliamo più un’Europa segnata da due pesi e due misure, in particolare in Francia, dove i poteri pubblici sono bravi a parlare di inclusione, ma censurano le iniziative che rendono questa inclusione una realtà, e quindi violano i diritti umani».

Miglior modo per concludere, a questo punto, non può che essere la frase pronunciata da Robin Servette, uno degli attori francesi con sindrome di Down di Dear Future Mom, che il 21 marzo scorso, alle Nazioni Uniti, dichiarò: «Accettatemi, non sono diverso da voi!». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@coordown.it (Paola Amicucci).

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