O è uguaglianza per tutti e tutte oppure non lo è

«Ad accomunarci è la lotta contro tutte le disuguaglianze e le discriminazioni, perché l’uguaglianza è per tutti e tutte o non è»: così si apre l’appello con cui ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+) e FISH (Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap), chiedono al Senato di approvare il cosiddetto “Disegno di Legge Zan” (“Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”)

Realizzazione grafica sul tema "Tutti i diritti umani per tutti"«Apparentemente le nostre organizzazioni si occupano di tematiche diverse. In realtà, il nostro impegno è lo stesso: ci accomuna la lotta contro le disuguaglianze e le discriminazioni, qualunque ne sia il motivo e in qualunque situazione si verifichino. In altre parole: l’uguaglianza è per tutti e tutte o non è»: si apre così il messaggio-appello con cui l’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), che tutela i diritti delle persone di origine straniera o appartenenti a minoranze etniche che risiedono nel nostro Paese, la Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali/Transgender e Intersessuali) e la FISH (Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap) chiedono al Senato «di procedere senza ingiustificati ripensamenti» all’approvazione del Disegno di Legge S. 2005 (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità), meglio noto come “Disegno di Legge Zan”, al quale, va ricordato, la FISH aveva già dato a suo tempo pieno sostegno.

«Lentamente e in modo disomogeneo – scrivono le tre organizzazioni nel loro messaggio -, ma sempre più nettamente, la società in cui viviamo e l’ordinamento giuridico italiano hanno fatto passi significativi per realizzare quella “pari dignità” e quell’uguaglianza “senza distinzione di condizione personale o sociale” che l’articolo 3 della nostra Costituzione attribuisce come compito alla Repubblica. Oggi molte donne – anche se molte meno di quante sarebbe giusto – ricoprono incarichi di responsabilità in campo politico, economico e sociale; le persone dello stesso sesso possono unirsi civilmente con diritti simili (ma non ancora del tutto uguali) a quelle unite in matrimonio; le persone con disabilità hanno diritto a frequentare le scuole di ogni ordine e grado insieme alle altre (salvo dover subire continue contrazioni degli stanziamenti pubblici per il sostegno dell’inclusione scolastica) e i cittadini stranieri hanno gli stessi diritti dei cittadini italiani in materia di lavoro, previdenza e assistenza pubblica (anche se la realtà ci parla di sistematiche violazioni sostanziali di questo diritto alla parità di trattamento). La strada verso l’uguaglianza è quindi aperta, pur essendo ancora lunga, per l’esistenza di ostacoli culturali, sociali ed economici che ne impediscono la piena realizzazione, ma anche per significative carenze del nostro ordinamento».

Entrando poi nel merito del Disegno di Legge di cui chiedono l’approvazione, ASGI, Rete Lenford e FISH sottolineano che «oggi, ad esempio, chi commette atti violenti per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi è punito più gravemente di chi commette i medesimi atti per odio motivato dall’orientamento sessuale, dal genere, dal sesso, dall’identità di genere o dalla disabilità della vittima». E ancora: «È punito chi istiga a commettere atti discriminatori o violenti per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, non chi istiga a commettere le medesime discriminazioni per motivi fondati sull’orientamento sessuale, sul genere, sul sesso, sull’identità di genere o sulla disabilità della vittima. Sempre oggi, inoltre, è vietato costituire organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, ma non costituire organizzazioni il cui scopo sia l’incitamento alla discriminazione o all’odio motivato dall’orientamento sessuale, dal genere, dal sesso, dall’identità di genere o dalla disabilità. Tutto questo non è accettabile».

È pertanto alla luce di quanto detto che deriva la richiesta al Senato di procedere all’approvazione del “Disegno di Legge Zan”, ricordando che «la libertà di espressione, la libertà di insegnamento e la libertà religiosa continueranno ad essere salvaguardate, come dimostra la giurisprudenza, dalle stesse disposizioni costituzionali che sino ad oggi hanno consentito di tutelare adeguatamente i fattori della nazionalità, dell’origine etnica e della religione, già ricompresi, come si è detto, nella disciplina penale sulla quale oggi interviene il “Disegno di Legge Zan”. Il Senato, quindi, può finalmente evitare che altre dimensioni della dignità e della personalità restino esposte all’odio e alla violenza. Perché è tempo di uguaglianza!». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it (Gaetano De Monte).
Per approfondire il tema dell’abilismo in riferimento al “Disegno di Legge Zan”, suggeriamo ai Lettori e alle Lettrici anche la consultazione dell’approfondimento curato sulle nostre pagine da Simona Lancioni, con il titolo Abilismo = atteggiamento discriminatorio verso le persone con disabilità (a questo link).

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