Atleti e atlete che si sono ribellati agli stereotipi e alle discriminazioni

Nel volume “Ribelli. Personaggi e storie della paralimpiade”, il giornalista Claudio Arrigoni presenta gli atleti e le atlete con disabilità non come “eroi ed eroine”, “superuomini e superdonne”, ma come persone che si sono ribellate agli stereotipi, ai luoghi comuni e alle discriminazioni che ancora purtroppo esistono nei confronti delle persone con disabilità. Certo, la loro ribellione sconfina nell’eccellenza, e sarebbe inappropriato aspettarsi tanto da chiunque, ma c’è certamente qualcosa di affascinante in chi riesce a spostare il senso del limite, nello sport, come nella vita

Cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Tokyo

Una bella immaghine della cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Tokyo

Com’è noto, si sono concluse domenica scorsa, il 5 settembre, le Paralimpiadi di Tokyo, con l’Italia orgogliosa di aver battuto il record di medaglie conquistate, ben 69 – 11 in più di quelle conseguite a Seul nell’’88, fino ad ora migliore traguardo italiano –, 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi in 11 discipline diverse, il nono posto nel medagliere generale… e la sensazione, per chi guarda, che qualcosa abbiamo vinto un po’ tutte e tutti noi italiani, sebbene l’impegno, lo sforzo e la dedizione ce li abbiano messi loro, le atlete e gli atleti paralimpici.
L’immagine più iconica rimane senz’altro quella della tripletta azzurra nei 100 metri femminili, con la medaglia d’oro vinta dall’appena diciannovenne Ambra Sabatini, quella d’argento da Martina Caironi e quella di bronzo da Monica Contrafatto. Anche l’idea di un mondo in cui coesistono e splendono tutte le differenze, veicolata dallo spettacolo realizzato nella cerimonia conclusiva, è un invito a sognare e a volare alto.

Tra le tante suggestioni suscitate dalle Paralimpiadi di Tokyo, ce n’è una molto interessante che arriva da Claudio Arrigoni, esperto di sport paralimpici e giornalista della «Gazzetta dello Sport», che collabora con varie testate, tra cui il «Corriere della Sera».
La suggestione giunge da Ribelli. Personaggi e storie della paralimpiade, un’agile pubblicazione scritta appunto da Arrigoni, con la prefazione di Elisabetta Soglio, e distribuita gratuitamente in occasione dell’inizio delle Paralimpiadi con Buone notizie, inserto del «Corriere della Sera».

Cosa c’è di interessante? Beh, il fatto che pur raccontando le storie di atleti e atlete con disabilità – e dunque di persone con disabilità fuori dalla media – questi e queste non vengano presentati come “eroi ed eroine”, “superuomini e superdonne”, ma come persone che si sono ribellate agli stereotipi, ai luoghi comuni e alle discriminazioni che ancora esistono nei confronti delle persone con disabilità. Certo, la loro ribellione sconfina nell’eccellenza, e sarebbe inappropriato aspettarci tanto da chiunque, ma c’è qualcosa di affascinante nelle donne e negli uomini che riescono a spostare il senso del limite, nello sport, come nella vita.

In Ribelli c’è ovviamente un pensiero per Alex Zanardi, «capitàno sempre», come lo qualifica Arrigoni nella parte introduttiva, ma soprattutto ci sono le dodici figure scelte in rappresentanza dei 113 atleti e atlete di cui era composta «la delegazione [italiana] più numerosa di sempre», come l’ha definita Luca Pancalli, presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico). Ovvero Simone Barlaam (“Nemo”, nuotatore), Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Graziana Contrafatto (le già citate sprinter del podio tutto azzurro nei 100 metri femminili), Assunta Legnante (lanciatrice del peso e del disco), Luca Mazzone (nuotatore e paraciclista), Sara Morganti (cavallerizza), Federico Morlacchi (nuotatore e portabandiera assieme a Bebe Vio), Veronica Yoko Plebani (triatleta), Francesca Porcellato (la “Rossa Volante”, campionessa di atletica, sci nordico e paraciclismo), Oney Tabia (specializzato in lancio del disco e getto del peso), e Beatrice “Bebe” Vio (schermitrice).

Ogni protagonista ha la sua ribellione. Contrafatto, ad esempio, era una militare del Primo Regimento Bersaglieri. A marzo del 2012, 31 anni appena compiuti, è in missione (la seconda) in Afghanistan. Ci fu un attacco alla base italiana, una delle bombe a pioggia l’ha centrata. Gli esiti: «una gamba amputata, l’arteria femorale cambiata con la vena safena, l’intestino tolto per mezzo metro», una mano recuperata utilizzando un osso della gamba. Il suo commento: «Poteva andare peggio», ed era vero, un suo collega in quell’occasione perse la vita. La sua ribellione l’ha portata sul podio dei Giochi di Rio di Janeiro e di Tokyo. Le basta? No: «Ho lasciato il mio lavoro a metà. Voglio tornare là, in Afghanistan. Ad aiutare a costruire la pace».

Nell’aprile 2011 Veronica Yoko Plebani, altro esempio, aveva compiuto da poco 15 anni, quando, colpita da una meningite fulminante, nel giro di un mese perse i piedi, le dita delle mani, i muscoli delle gambe e il suo copro si riempì di cicatrici. «Come se ci fossero state ustioni dall’interno verso l’esterno», spiega. Oggi ha 25 anni e ha già partecipato a due Paralimpiadi, quella Invernale di Soči nel 2014 con lo snowboard, e quella estiva di Rio nel 2016 con la canoa. A Tokyo ha vinto il bronzo nel triathlon, una delle poche atlete al mondo a cimentarsi con questa specialità. Studia Scienze Politiche a Bologna e scrive. Fiori affamati di vita (Mondadori, 2020) è il titolo del suo romanzo d’esordio. «C’è dentro la storia di una ragazza che cambia, tanto di me e quello che mi è accaduto. Non volevo però scrivere un’autobiografia», racconta. «La diversità è bellissima e va valorizzata. Io ora sono sicura di me, mi piaccio, ma non per tutti è così. Non necessariamente per una condizione di disabilità, magari solo perché si è un po’ sovrappeso o altro. Vedersi rappresentate è importante. Ci sono altre come te, senza paure e vergogne per il proprio corpo», aggiunge.
Toni pacati e l’atteggiamento di chi sceglie da sé il proprio posto nel mondo. Se non è ribellione questa?

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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