“Dopo (e Durante) Noi”: la strada che ci aspetta

«Sono passati più di cinque anni – scrive Emilio Rota – dalla Legge 112/16 (“Legge sul Durante e Dopo di Noi”) e la “fase pionieristica” è passata. Ora è importante fare ulteriori passi avanti, per far crescere ancora di più il numero di progettualità e di persone con disabilità (giovani e adulti) che possano affrontare già nel “Durante Noi” il percorso che le porterà progressivamente ad adire ad una vita indipendente. La prima sfida che tocca anche le Associazioni è quella di far crescere la consapevolezza delle famiglie, ma dovranno crescere anche le risorse e il finanziamento pubblico»

Ombre davanti al sole di ragazzo in carrozzina e di adulto non disabileSono trascorsi ormai più di cinque anni dall’entrata in vigore della Legge 112/16 sul “Dopo di Noi”. Marco Bollani, consigliere di Federsolidarietà Lombardia e tecnico fiduciario dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), ha recentemente tracciato, sulla testata «Vita.it», un bilancio sull’attuazione di tale norma in Lombardia, dove, al 31 dicembre 2020, erano attive 91 co-abitazioni, consentendo a 330 persone di avviare o consolidare un progetto per la vita adulta.
Oltre la metà dei progetti personali di coabitazione erano stati realizzati attraverso il ricorso al progetto individuale (articolo 14 della Legge 328/00) e il 65% delle co-abitazioni erano state strutturate come “gruppo appartamento”, con la presenza di un ente gestore. Un ruolo importante è stato svolto dalle Associazioni e dalle Cooperative; queste ultime rappresentando l’80% delle soluzioni di “gruppo appartamento con ente gestore”.

La Legge 112/16 ha rappresentato il punto d’arrivo di un percorso che, come ANFFAS, avevamo avviato undici anni fa, quando eravamo riusciti a sintetizzare – attraverso un’indagine conoscitiva svolta tra 1.200 delle nostre famiglie – le loro aspettative e preoccupazioni. Un’indagine da cui emergeva in tutta la sua drammatica evidenza quell’angosciante domanda: «E dopo di noi che ne sarà di nostro figlio?», a caratterizzare il sentimento prevalente di un futuro incerto aggrappato a tante paure e poche speranze. Gli anni successivi sono stati dedicati quindi a un lento e faticoso lavoro di convincimento della politica che – in collaborazione con la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – ha portato all’approvazione della Legge nel 2016, grazie anche all’impegno di alcuni Parlamentari che hanno dimostrato sensibilità al problema.

Sono passati, appunto, più di cinque anni. E possiamo dire che la fase pionieristica, durante la quale abbiamo attinto a larghe mani a quelle esperienze concrete che erano state il prodromo degli archetipi della Legge, in Lombardia si è realizzata, e lo dicono i numeri. Ora non ci sono più alibi: usciti da questa fase nella quale abbiamo messo a regime i diversi modelli di intervento, quella che abbiamo sotto gli occhi è una situazione che si sta progressivamente consolidando. Per questo motivo è importante fare ulteriori passi avanti, per far crescere ancora di più il numero di progettualità e di persone con disabilità (giovani e adulti) che possano affrontare già nel “Durante Noi” il percorso che le porterà progressivamente ad adire ad una vita indipendente. Riscattando così il loro diritto di poter scegliere dove, come e con chi vivere, così come declinato dall’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

La prima sfida che tocca anche noi come Associazioni è quella di far crescere la consapevolezza delle famiglie: dobbiamo far capire loro che è necessario un cambio di passo e di paradigma. L’orizzonte è il modello di presa in carico (che si richiama al già citato articolo 14 della Legge 328/00) e che mette al centro il progetto personalizzato della persona con disabilità, realizzato attraverso la valutazione multidimensionale da un’équipe multiprofessionale che assicuri la partecipazione della persona e di chi la rappresenta. Un progetto di vita volto ad analizzare i desiderata, le aspettative e i bisogni della persona stessa, un progetto che segua progressivamente le diverse stagioni della sua vita attraverso un budget di cura/progetto coordinato da un case manager.
Oggi sono ancora tante le famiglie – in particolare quelle più anziane- che sono ancorate a modelli tradizionali della gestione della vita dei loro figli: i centri diurni, i CSE (Centri Socio Educativi), le comunità alloggio. Dobbiamo far capire a questi genitori che il progetto personalizzato -descrivendo e pianificando il percorso di vita – diventa una sorta di contenitore nel quale troveranno spazio le diverse componenti dell’offerta, inglobando tutte le risposte, inclusi i modelli tradizionali dei servizi e diversi momenti: familiari, educativi, lucidi, lavorativi. Non è quindi una contrapposizione ai servizi “tradizionali”, ma un processo di integrazione e miglioramento che parte dalla persona e che propone e non impone.

Il secondo tema riguarda gli aspetti economici e finanziari, partendo dalla premessa che le risorse da sole non generano nulla, ma possono promuovere progettualità. Le risorse pubbliche devono essere integrate dalla volontà delle famiglie e degli Enti Locali per elaborare nuove progettualità. Va ricordato che le risorse della Legge 112/16 sono integrative e non sostitutive delle altre esistenti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, attraverso progetti mirati, dovrebbe metterne a disposizione ulteriori.
Man mano che cresceranno i progetti e il numero di persone coinvolte dovranno però crescere anche le risorse e il finanziamento pubblico: se infatti le risorse rimangono quelle attuali, c’è il rischio che non ci sia spazio per nuove progettualità. Per questo motivo stiamo chiedendo al Governo che i fondi previsti dalla Legge 112/16 diventino strutturali e prevedano due canali di finanziamento: uno che garantisca i progetti esistenti e un altro che finanzi le nuove progettualità. Servono più risorse, perché in caso contrario questo processo di sviluppo rischia di rallentare.

Avviare quanti più progetti di vita personalizzati per una vita indipendente è “il target”. Soprattutto a partire dal “durante”, cioè da quando i genitori delle persone con disabilità sono in forze, stanno conducendo una vita attiva e produttiva, sono in buona salute fisica e psicologica, hanno una visione prospettica della vita, possono pianificare dei piani di accumulo finanziari per sostenere il futuro dei loro figli. Quindi uno dei nostri obiettivi è quello di permettere ai genitori di arrivare con una certa serenità al momento in cui i loro figli escono di casa. Troppo spesso oggi succede che “l’uscita di casa” venga decisa in modo frettoloso, sovente a seguito di un’emergenza – malattia, incapacità, morte dei genitori – situazioni che obbligano a decisioni non pianificate e quindi improvvisate in rapidi lassi di tempo: a quel punto va bene tutto, basta che sia un posto letto… Bello o brutto che sia.

Presidente della Fondazione Nazionale ANFFAS Durante e Dopo di Noi e presidente dell’ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). Il presente contributo è già apparso in “Persone con disabilità.it” e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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