Chiunque creda di essere “nella norma” dovrebbe leggere “Felicemente seduta”

«Chiunque per un qualunque motivo si senta “fuori posto” – scrive Stefania Delendati – o sia convinto di essere “nella norma”, legga “Felicemente seduta. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente” di Rebekah Taussig, scrittrice e docente americana che racconta l’impatto che il suo corpo ha avuto sull’essere bambina, adolescente e poi donna con disabilità. Subbuglio, dolore, rabbia, abbattimento, resa dei conti e guarigione ne hanno contraddistinto la vicenda umana e il suo racconto prezioso aiuta a confrontarsi in modo schietto con la disabilità che la cultura tende a rimuovere»

Copetina di Rebekah Taussig, "Felicemente seduta"Felicemente seduta. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente (Le Plurali Editrice) è un libro che dovrebbero leggere tutti coloro che sono fatti di carne e ossa. Donne, ma, perché no, anche uomini, giovani e meno giovani, perfettamente in salute o con qualche acciacco di qualsiasi natura, chiunque per un qualunque motivo si senta “fuori posto” oppure sia convinto di essere “nella norma” (ammesso di sapere cosa sia la “normalità”).

In questo saggio autobiografico, uscito da pochi giorni, Rebekah Taussig, scrittrice e docente americana, ci conduce nella sua vita, dall’infanzia a oggi, raccontando l’impatto che il suo corpo ha avuto sull’essere bambina, adolescente e poi donna con disabilità, e come questo abbia influito sul modo in cui gli altri la percepiscono.
Rebekah è famosa per il profilo Instagram @sitting_pretty in cui, attraverso “ricordi in pillole”, cerca nuove sfumature nella descrizione collettiva della disabilità con un obiettivo preciso: ricordarci che nessun corpo è sempre e per sempre così come lo vediamo, neppure quello più performante.
Nel libro approfondisce il discorso rivolgendosi soprattutto alle donne che l’immaginario vuole produttive, perfette, magre, sempre giovani e soprattutto abili.
La società rimuove la realtà, ovvero che tutti, senza eccezioni, diventeremo disabili con l’avanzare dell’età, che tutti i corpi, spesso anche quelli più giovani, «fanno casini, cambiano taglia, si stringono e si gonfiano, si ribellano e disobbediscono, si rompono e guariscono, si rompono ancora e si rimettono insieme tutti storti, […] ci parlano, lavorano per noi, si stancano, soffrono e gioiscono». Chi si discosta dall’ideale di perfezione in maniera evidente, ad esempio perché si muove su una sedia a rotelle, viene discriminato, e la discriminazione prende forme inaspettate quando entra in gioco l’abilismo, termine che definisce l’atteggiamento nei confronti delle persone con disabilità, basato sulla concezione della perfetta forma fisica e mentale come unica condizione accettata.

Il disabile è visto come un soggetto sfortunato, relegato a bordocampo da una serie di stereotipi di cui la nostra cultura è impregnata, che si traducono in atteggiamenti di ignoranza e indifferenza, oppure in quel paternalismo misto a pietà/compassione che ci si aspetta la persona con disabilità accolga sempre con un sorriso grato. Un buffetto sulla guancia da perfetti sconosciuti per strada, le associazioni che raccolgono fondi e mettono il disabile in bella mostra per attirare i benefattori, la gentilezza forzata che nasconde l’imbarazzo di trovarsi davanti una persona con disabilità, e via di questo passo. Se tu disabile non ti attieni al copione, se esci dallo schema precostituito e non ci stai ad impersonare il ruolo della vittima indifesa che fa sentire buoni gli altri o quello del personaggio motivante che supera eroicamente i propri limiti, ti senti perfino un po’ in colpa.
È capitato anche a Rebekah Taussig, ne parla nel libro con uno stile confidenziale, a tratti ironico. Prende spunto da episodi che le sono accaduti, spiega come l’hanno cambiata. Partendo da aneddoti personali, affronta temi quotidiani e li alterna a profonde riflessioni non prive di autocritica. La rappresentazione della disabilità nei mass media, il mondo del lavoro, la ricerca dell’indipendenza, l’assistenza sanitaria, la sessualità: ogni argomento viene analizzato senza la pretesa di raccontare una verità assoluta.

Resterà deluso chi si aspetta una specie di “manuale” su come interagire con il vicino di casa in sedia a rotelle. La disabilità è variabilissima e si interseca con ogni altra esperienza della vita, i sentimenti che genera nelle persone che ne sono “portatrici” possono essere contraddittori e cambiare nel tempo, in maniera differente per ognuna.
Le donne con disabilità sono pronte a scendere in campo e sfidare i vecchi paradigmi anche nei dibattiti sul femminismo, e non è un caso che “felicemente seduta” sia stato pubblicato da Le Plurali, una casa editrice femminista, indipendente, inclusiva e curiosa, fondata da quattro donne che dà alle stampe opere di saggistica e narrativa, esclusivamente di autrici.

Subbuglio, dolore, rabbia, abbattimento, resa dei conti e guarigione hanno contraddistinto la vicenda umana di Rebekah che alla fine è riuscita a fare cose che non avrebbe mai immaginato. Felicemente seduta si può considerare un po’ il riassunto del suo percorso, un racconto prezioso per confrontarsi in modo schietto con la disabilità che la cultura tende a rimuovere.
Ascoltare voci che di solito vengono zittite porta sul tavolo sfumature, resistenza, creatività, bellezza, innovazione e forza. Un futuro inclusivo è modellato sulla comprensione fondamentale che non tutti “funzionano” allo stesso modo ed è necessario immaginare oltre le vecchie narrazioni consolidate.

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “‘Felicemente seduta’, un libro per chiunque abbia un corpo”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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