L’autismo tra intelligenza artificiale e necessità di sbloccare i fondi

Un vero e proprio viaggio sulle scie della ricerca più avanzata e dei problemi che ne frenano lo sviluppo in Italia: è stato soprattutto questo il convegno “Autismo e ricerca scientifica, a che punto siamo?”, organizzato dall’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo), cui hanno partecipato autorevoli relatori noti a livello nazionale, alcuni dei quali operativi anche all’estero. «È stato un intenso momento di confronto e conoscenza – commenta Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA – che ha fornito alle famiglie un quadro completo del lavoro in atto in Italia e all’estero»

Mano che scrive la parola autismo con lettere colorateUn vero e proprio viaggio sulle scie della ricerca più avanzata e dei problemi che ne frenano lo sviluppo nel nostro Paese: è stato soprattutto questo il convegno svoltosi nei giorni scorsi a Roma a cura dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo), intitolato Autismo e ricerca scientifica, a che punto siamo? (se ne legga anche la nostra presentazione), cui hanno partecipato autorevoli relatori noti a livello nazionale, alcuni dei quali operativi anche all’estero. «Si è trattato di un momento di confronto e conoscenza molto intenso – commenta Giovanni Marino, presidente nazionale dell’ANGSA – che ha fornito alle famiglie un quadro completo del lavoro in atto in Italia e all’estero».

Citando di passata i vari temi affrontati, alcuni dei quali realmente all’avanguardia, va fatto innanzitutto riferimento all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per individuare le cause dell’autismo, nonché al tentativo di governare le complesse  connessioni tra i vari fattori che determinano l’insorgere dei disturbi dello spettro autistico, prevenendo in tal modo la mutazione del microbioma dove si determina il cambiamento. E ancora, il ruolo fondamentale delle condizioni  ambientali, quello dei nuovi farmaci, la risorsa costituita dalla struttura NIDA, rete nazionale clinica e di ricerca sull’autismo promossa dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità), oltre alla medicina di precisione e anche alla grave carenza di formazione.

«Avveniristico, ma allo stesso tempo concreto – come spiegano dall’ANGSA -, è il progetto di fare ricorso agli strumenti dell’intelligenza artificiale per affrontare la trasversalità che connota l’autismo e individuare le connessioni puntuali che determinano l’insorgere del disturbo. L’obiettivo è segnatamente quello di arrivare, un giorno, a definire il trattamento su misura per ognuno. Non accadrà domani, ma la ricerca ha già fatto già molta strada. In questo senso la medicina di precisione, disciplina che indaga gli squilibri biochimici, gioca un ruolo determinante. Accertato infatti in base alle relazioni presentate che la sensibilità sensoriale è un marcatore precoce che permette di evidenziare l’autismo già a sei mesi, la verifica della sensorialità potrebbe permettere di identificare subito la diagnosi di un disturbo dello spettro autistico».

Per quanto poi riguarda la componente ambientale, «i relatori del convegno – ricordano ancora dall’ANGSA – hanno denunciato la presenza di una sorta di “pandemia silente” di disturbi del neurosviluppo prodotta dai fattori di rischio. Un recente studio sulle placente, ad esempio, ha evidenziato che esse sono piene di elementi dannosi e che in particolare il particolato ultrafine, polveri ultrasottili sospese nell’aria, supera ogni barriera biologica».
E ancora: «La difficoltà a seguire il ritmo della transizione rallenta l’adattabilità evolutiva e questo ha una stretta correlazione con le malattie genetiche. Come è emerso durante l’incontro, questo è un terreno certamente da esplorare sul quale, per altro, sono già in corso due importanti studi a Bologna e negli Stati Uniti a Seattle. L’autismo, infatti, non si cura con i farmaci, anche perché, com’è ben noto, le persone hanno una variabilità estrema nei sintomi e quindi non esiste un intervento unico, che va invece “ricamato” sulla persona. I nuovi farmaci, dunque, sono promettenti, ma occorre cautela».

Un tasto particolarmente dolente, come detto in precedenza, è quello riguardante la formazione: per la psicopatologia nell’autismo, ad esempio, si è sottolineato che essa non viene presa in considerazione dal punto di vista della formazione dei neuropsichiatri. «Per le persone con autismo e disabilità intellettive – è stato quindi sottolineato – la qualità della vita deve collocarsi dentro una cornice di criteri condivisi e personali».

E da ultima, ma non certo ultima, la rete NIDA (acronimo che sta per Network Italiano per il Riconoscimento Precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico), struttura dell’Istituto Superiore di Sanità, voluta per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico, a sostegno delle famiglie. Ad oggi tutte le Neuropsichiatrie dell’Infanzia e dell’Adolescenza vi sono collegate, perché la diagnosi precoce deve essere seguita da un intervento tempestivo.

A chiusura del convegno, Giovanni Marino, oltre a ricordare l’impegno della ministra per le Disabilità Erika Stefani e del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, per velocizzare la stesura dei Decreti Delegati necessari a rendere utilizzabili i fondi nazionali per il settore, pari a 77 milioni di euro, ha affermato che «il mondo dell’autismo è in grande fermento, con la ricerca che sta facendo passi avanti. Dal canto loro le famiglie seguono con grande partecipazione i percorsi in atto e quindi occorre fare presto e bene, rendendo utilizzabili al più presto quei fondi nazionali e i 7 milioni e 500.000 euro destinati alla ricerca. L’autismo, infatti, necessita di interventi coordinati di salute, scuola e servizi sociali. Chiederemo quindi quanto prima al Governo di volere superare quella lacuna, senza più vanificare sforzi e risorse». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa ANGSA (Luca Benigni), luca.benigni@gmail.com.

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