La “terapia dei videogiochi” apre la strada a nuovi percorsi riabilitativi

Superare le difficoltà del linguaggio e del pensiero con l’aiuto dei giochi elettronici: consiste in questo la “Video Game Therapy” (“terapia dei videogiochi”), portata in Italia dallo psicologo Francesco Bocci, che si propone di favorire l’evoluzione emotiva, affettiva e cognitiva delle persone con disabilità o con difficoltà relazionali e di apprendimento, aprendo la strada a nuovi percorsi riabilitativi. E intende farlo utilizzando dispositivi già in commercio, rivolgendosi sia ai bambini che agli adulti con disabilità, senza alcuna distinzione anagrafica

Logo della "Video Game Therapy"Superare le difficoltà del linguaggio e del pensiero con l’aiuto dei giochi elettronici: consiste in questo la Video Game Therapy. Portata in Italia dallo psicologo adleriano Francesco Bocci, la “terapia dei videogiochi” si propone di favorire l’evoluzione emotiva, affettiva e cognitiva delle persone con disabilità o con difficoltà relazionali e di apprendimento, e apre la strada a nuovi percorsi riabilitativi.

Sebbene tendiamo ad accostare il gioco all’età infantile, la Video Game Therapy può essere impiegata senza distinzione anagrafica. Ne possono trarre beneficio i piccoli, ai quali è offerta la possibilità di approcciarsi in maniera ludica alla riabilitazione anche in caso di disabilità gravi, ma anche gli adulti con disabilità, trovando in essa supporto per migliorare la qualità dell’azione educativa.
Il gioco rappresenta infatti una leva evolutiva nella vita dell’individuo che permette il rafforzamento delle abilità motorie, cognitive e interpersonali. Esso svolge un ruolo fondamentale nel processo di costruzione dell’identità personale e sociale, perché favorisce l’apprendimento delle regole dello stare con l’altro e la costruzione di diverse e nuove forme di comunicazione interpersonale. E l’attività di gioco è fondamentale non solo in età infantile: cambiano le forme, le modalità̀, gli strumenti, i significati, ma la dimensione ludica accompagna l’uomo in tutto l’arco della vita. È attraverso il gioco che si manifestano e si sperimentano creativamente le emozioni primarie dell’uomo, con o senza disabilità.
«Anche le persone con disabilità giocano – spiega Bocci -, non devono solo “fare” delle cose, ma possono “vivere” delle sensazioni e percezioni di benessere profondo attraverso il gioco. Vogliamo portare l’esperienza del videogioco nella loro quotidianità, non come un’attività del fare, ma come un momento di piacere e benessere individuale (flow), attraverso il quale si manifesta la loro parte più autentica».

Grazie all’utilizzo della comune Nintendo Switch, i promotori della Video Game Therapy si propongono di raggiungere una maggiore fruibilità per tutti gli utenti che ne hanno necessità. Questa console è stata scelta per la sua versatilità di impiego nella terapia, sia nella modalità one to one (“uno a uno”), sia in condivisione grazie ai due controller joy-con, nonché per il suo feedback tattile che va oltre le vibrazioni, ricreando effetti sonori, di movimento e di distanza più veritieri, riuscendo così ed essere ancora più interattiva con l’utente.
Nella sostanza si vuole andare oltre un utilizzo del videogame solo di tipo clinico ed esplorare nuove possibilità. Alcuni studi hanno documentato infatti i potenziali benefìci derivanti dalla riproduzione di videogiochi commerciali, e un numero crescente di prove recenti suggerisce che il loro impiego possa portare notevoli effetti positivi legati alla socializzazione, alla cognizione, alla regolazione delle emozioni e alla salute mentale.
Il gioco, e di conseguenza il videogioco, crea contesti in grado di favorire l’ingresso degli utenti nello stato di flow. Quando giochiamo non siamo forse talmente immersi nell’attività ludica da perdere la cognizione del tempo e di quanto accade attorno a noi? Quando giochiamo abbiamo la possibilità di immergerci in una sorta di “cerchio magico”, uno spazio protetto capace di garantire elevati livelli di sicurezza psicologica e di stimolare, attraverso il divertimento e la motivazione intrinseca, il desiderio di sperimentare e la curiosità. Il gioco rappresenta, infatti, un’esperienza estremamente appagante e gratificante in cui i confini fra lo spazio dell’azione e dell’intenzione, così come quelli temporali, si fanno sempre più sfumati. Ne risulta uno stato di profonda concentrazione in cui la paura del fallimento lascia spazio alla gioia e al piacere del fare.

Con la Video Game Therapy esiste dunque una possibilità di cura innovativa di supporto a quella canonica o indipendente per molte persone con disabilità, soprattutto per le persone con disabilità intellettiva. Dato il carico economico e sanitario di tali disabilità, c’è una maggiore richiesta di metodi accessibili ed economici che ne prevengano l’insorgenza e facilitino la riabilitazione. Questa richiesta è crescita notevolmente con la pandemia da Covid e il conseguente aumento dell’incidenza dei disturbi di salute mentale. Con molti pazienti in lista d’attesa o impossibilitati a ricevere supporto, è importante presentare il potenziale dei videogiochi commerciali, per migliorare i sintomi della patologia o alleggerirne il carico quotidiano.
I videogiochi commerciali possiedono molte caratteristiche importanti: schemi, scenari di gioco controllati che possono essere correlati a specifici problemi di salute mentale, design, coinvolgimento dell’utente, stato di flusso immersivo, detto flow, come già segnalato in precedenza.
Si tratta di una possibilità di cura scelta per determinati tipi di target, ad esempio presso la Cooperativa Castello di Capriate San Gervasio (Bergamo) o in altri contesti che si occupano di disabilità e che chiedono di intervenire grazie alle varie progettualità che hanno conseguito un esito positivo, portando alla diminuzione notevole dell’uso di farmaci. (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con alcune modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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