La lunga pedalata di Lorenzo e Raffaella, per resistere al Parkinson

Da Padova a Roma in bicicletta, 500 chilometri in otto tappe, dal 31 luglio all’8 agosto: è stata questa la lunga pedalata intrapresa da Lorenzo Sacchetto, persona con la malattia di Parkinson, insieme alla moglie Raffaella. «La medicina – ha detto Lorenzo – mi ha convinto che la bicicletta può aiutarmi a combattere il Parkinson e a vivere. Si tratta di un insegnamento molto importante che voglio mettere a disposizione… dei miei colleghi di sventura». «Grazie Lorenzo, ci sei già riuscito!», commenta Giangi Milesi, presidente della Confederazione Parkinson Italia

Lorenbzo Sacchetta e Raffaella Roveron

Lorenzo Sacchetto e la moglie Raffaella durante il viaggio in bicicletta da Padova a Roma

Da Padova a Roma in bicicletta, 500 chilometri in otto tappe, dal 31 luglio all’8 agosto: è stata la lunga pedalata intrapresa da Lorenzo Sacchetto, persona con la malattia di Parkinson, insieme alla moglie Raffaella. Questa sua storia “di resistenza” è divenuta ora la quarantaquattresima all’interno della campagna NonChiamatemiMorbo, lanciata a suo tempo dalla Confederazione Parkinson Italia e seguita passo dopo passo anche sulle nostre pagine. Qui di seguito, invece, la testimonianza di Giangi Milesi, presidente della stessa Confederazione Parkinson Italia, prima dell’iniziativa di Lorenzo, dopo averne appreso la notizia.

Credo che il neurologo Angelo Antonini abbia colto la mia esitazione quando al telefono mi ha annunciato radioso che un suo paziente, operato da nemmeno sei mesi al cervello, sarebbe andato a Roma in biciletta! Il professore mi ha spiegato che Lorenzo Sacchetto è un valoroso, non uno spavaldo: «Quello di Lorenzo non è un gesto d’impulso: si è consultato, si è fatto visitare, si è sottoposto agli esami ed è venuto da me con gli esiti favorevoli. Intanto non ha mai smesso l’allenamento quotidiano, anzi, in questi mesi si è preparato in modo continuo, ha fatto le prove, ha pianificato i tempi, ha steso un programma».
Il mio diavoletto bisbiglia: ma a quaranta gradi sarà come attraversare la Death Valley, la Valle della Morte di tanti film, dove i protagonisti incontravano solo teschi di chi aveva tentato l’impresa prima di loro. Nonostante le rassicurazioni, mi chiedo quindi perché un valente neurologo incoraggi un paziente a seguire una simile fantasia, invece che invitarlo a starsene al fresco.
Lo spiega in un’intervista il mitico professor Bloem: «Il Parkinson è la malattia neurologica che cresce più velocemente e non c’è cura che la faccia regredire. Ma l’esercizio fisico quotidiano funziona come un farmaco: è capace di ridurre i sintomi motòri e anche non motòri; aiuta a migliorare l’umore e la qualità del sonno; combatte l’osteoporosi. Mentre non si sono ancora scoperti farmaci in grado di rallentare la progressione del Parkinson, ci sono studi scientifici entusiasmanti secondo i quali l’esercizio fisico costante, intenso e rigoroso – forse – può farlo».
Insomma, quello di Lorenzo è come un trial in cui lui pedala per tutti noi.

Lorenzo ne è consapevole e lo racconta in una lettera che ha scritto agli amici: «Il Parkinson mi ha cambiato la vita, ma non è riuscito a portarmi via il coraggio e la forza di volontà. Quelli, con l’aiuto di Raffaella [moglie e caregiver], sono riuscito addirittura a rafforzarli». L’intervento «mi ha rimesso in piedi. Tuttavia è necessario trovare elementi di stimolo continuo per reagire alla malattia, all’isolamento, alla solitudine, alla vergogna e allo stigma. Con la forte complicità di mia moglie, ho deciso di programmare un pellegrinaggio a Roma, in visita alla tomba del Santo Giovanni Paolo II e una visita al Santo Padre Francesco Bergoglio. Dal Papa arriverò in bicicletta, dopo aver pedalato per otto giorni, percorrendo oltre 500 chilometri. Questo è quello che mi ero prefissato se fossi uscito indenne dal delicato intervento».
A inchiodare Lorenzo alla sua promessa, come scrive lui stesso: «Ci sono ragioni forse ancora più importanti. Da un lato ho condiviso la passione ciclistica di mia moglie Raffaella che è anche la mia accompagnatrice, nella vita come nella biciclettata verso Roma. Non un’accompagnatrice qualunque, ma la mia “caregiver”, la familiare “curante”, la persona più importante per garantire a chi ha il Parkinson di gestire una lunga vita di qualità. Dall’altro lato, per non farmi travolgere dal Parkinson, debbo coltivare nuovi interessi e le vecchie passioni. Prima dell’operazione, stavo rinunciando alla bicicletta per la pericolosità che comporta una malattia che ti fa perdere l’equilibrio, che ti blocca, che ti costringe a movimenti incontrollati… Ma l’operazione mi ha consentito di tornare sul sellino e la medicina mi ha convinto che la bicicletta può aiutarmi a combattere il Parkinson e a vivere. Si tratta di un insegnamento molto importante che voglio mettere a disposizione… dei miei colleghi di sventura».
Grazie Lorenzo, ci sei già riuscito!

Presidente della Confederazione Parkinson Italia.

La malattia di Parkinson
È una malattia neurodegenerativa cronica, causata dalla progressiva morte dei neuroni situati in una piccola zona del cervello che producono il neurotrasmettitore dopamina, il quale controlla i movimenti. Chi ha il Parkinson produce sempre meno dopamina, perdendo progressivamente il controllo del proprio corpo.
Arrivano così tremori, rigidità, lentezza nei movimenti, depressione, insonnia, disfagia, fino alla perdita completa dell’autonomia personale e all’impossibilità di svolgere le più semplici attività quotidiane (vestirsi, mangiare, lavarsi, parlare ecc.).
Non esiste una cura risolutiva, ma solo trattamenti sintomatici che aiutano a convivere con la malattia la quale continua a progredire.
Oggi in Italia si stima vi siano poco meno di 300.000 malati di Parkinson, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono destinati a raddoppiare entro i prossimi quindici anni. Va tenuto conto inoltre che si parla di una patologia rispetto alla quale gli organi d’informazione, l’opinione pubblica e le stesse Istituzioni hanno ancora una percezione errata, considerandola una “malattia dei vecchi”: l’età d’esordio, infatti, si fa sempre più giovane (un paziente su quattro ha meno di 50 anni, il 10% meno di 40 anni), e la metà dei malati è in età lavorativa, cosicché si può dire che vi siano circa 25.000 famiglie, in Italia, con figli in età scolare in cui uno dei genitori è colpito dalla malattia.

Confederazione Parkinson Italia
Parkinson Italia è una Confederazione di Associazioni di Volontariato, ovvero un network per la malattia di Parkinson e i Parkinsoniani, che attraverso l’adesione delle singole Associazioni, è aperto a tutti: pazienti, volontari, familiari e simpatizzanti.
L’autonomia e la cooperazione sono i punti di forza della Confederazione, nata nel 1998 e che quindi proprio lo scorso anno ha celebrato il proprio ventennale: infatti, le Associazioni aderenti da una parte conservano tutta la libertà di azione, dall’altra si connettono a una rete di contatti e di iniziative. In questo modo il rispetto delle esigenze locali si unisce all’efficienza di una struttura di coordinamento.
Parkinson Italia – che aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – si adopera per informare l’opinione pubblica, le istituzioni e i mass-media circa:
° la gravità degli aspetti nascosti della malattia;
° le conseguenze sulle persone che ne soffrono, il loro nucleo familiare e la società.
Con l’obiettivo di ottenere adeguati trattamenti sanitari e tutele sociali, la Confederazione si fa portavoce e promotore di:
– istanze dei pazienti e dei caregiver;
– progetti su specifiche esigenze e problemi;
– studi, indagini e ricerche sociali;
– proposte di legge e adeguamenti di disposizioni in materia di salute pubblica e tutele sociali.

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