I “nipoti” dell’UAF a fianco dei “nonni”: un’unione che fa la forza più che mai

Non sono operatori sanitari, non fanno medicazioni e non si occupano della pulizia, però aiutano a mantenere vivace la propria condizione di vita: sono i “nipoti” dell’UAF (U Are Familiy), un servizio dove i giovani si mettono a disposizione dei “nonni”, con e senza disabilità. L’iniziativa richiede un corso per entrare professionalmente nelle case degli anziani che ne facciano richiesta. Costa poco, si paga a ore, non ti entra in casa uno sconosciuto e non sei più solo per fare la spesa, gestire la tecnologia, giocare a carte. Per ora a Milano, presto altrove

Matteo Fiammetta e Cecilia Rossi

Matteo Fiammetta e Cecilia Rossi, fondatori dell’UAF

Pandemia, la gente chiusa in casa. Non sapevamo come esercitare le funzioni più elementari, tipo andare a fare la spesa o in farmacia. Un problema soprattutto per gli anziani. E qui nasce l’idea: creare un servizio dove i giovani si mettano a disposizione degli appartenenti alla cosiddetta “terza età”. Si chiama UAF (che sta per U Are Family) e i giovani seguono un corso per entrare professionalmente nelle case degli anziani che ne fanno richiesta. Costa poco, si paga a ore, non ti entra in casa uno sconosciuto, i giovani si chiamano nipoti, gli anziani nonni e non sei più solo per fare la spesa, gestire la tecnologia, giocare a carte. Per ora a Milano, presto altrove.

Dico subito che gli anziani non sono disabili a prescindere. Tuttavia spesso lo diventano, anzi lo diventiamo perché tutti siamo destinati all’anzianità. Basta vederci un po’ meno, non riuscire a discernere le parole, zoppicare e la disabilità è servita. UAF si offre alle persone autosufficienti, ma segue anche anziani con disabilità.
I nipoti che prestano il loro servizio non sono operatori sanitari. Non fanno medicazioni e non si occupano della pulizia. Però aiutano a mantenere vivace la propria condizione di vita. Certe volte basta un compagno per una partita a briscola, altre un ragazzino sgamato che ti insegna a usare il telefonino. Piccole grandi necessità spesso irresolubili senza un amico o un parente vicino. Non pensiamo che tutti gli anziani abbiano, poi, un badante. Ci sono persone che amano restare sole per avvalersi di qualcuno all’occasione.
Qui entrano in gioco Matteo Fiammetta, 29 anni, una laurea in Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie al Politecnico di Milano e in Belgio con esperienze di lavoro in Italia e all’estero, e Cecilia Rossi, 29 anni, con laurea in Design della Moda sempre al Politecnico con esperienze lavorative in cinema e televisione e tanto di creazione di un brand di gioielli. Due giovani con l’ambizione di aiutare il prossimo.

Di per sé il meccanismo di UAF è semplice. Si va sul sito dedicato e si trova un tasto con la scritta Prenota un nipote. Dietro si nasconde un lavoro ben congegnato di selezione dei nipoti, perché in casa mica ti può arrivare un tipo, o una tipa, qualunque. Magari maleducato o non avvezzo ad avere a che fare con le persone anziane. Gli aspiranti nipoti devono seguire un corso per essere abilitati. Il sistema, perciò, rappresenta anche un’occasione per i giovani per lavorare, diventando nipoti.
Chiedo a Cecilia: sarete fissi a Milano o intendete espandervi? «UAF andrà in tutte le città dove ci sono nonni in cerca di nipoti! Scherzi a parte, la nostra mission è proprio quella di rivoluzionare il modo in cui pensiamo e risolviamo, oggi, il problema della solitudine degli over. In questo senso, non possiamo che prevedere un’espansione nelle principali città italiane e, nel tempo, europee. Proprio i luoghi nei quali la solitudine può diventare più minacciosa per il benessere delle persone».

Chiamate gli anziani nonni e i ragazzi nipoti per essere politicamente corretti?
«Noi crediamo che anziani e ragazzi siano categorie anagrafiche, neppure troppo corrette (a che età si è anziani? Sino a quando siamo ragazzi?). Per altro prive di qualsiasi accento affettivo. Nonni e nipoti, invece, inquadra una dimensione generazionale e affettiva. La volontà di uno scambio, il desiderio di inserire una relazione non nel contesto del bisogno ma dello scambio per entrambe le parti».

Cosa fate per i nonni con disabilità?
«Ovviamente i nostri nipoti possono passare del tempo con nonni in sedia a rotelle, con limitazioni motorie oppure con lievi forme di Alzheimer o demenza senile, ma la nostra funzione non è né di assistenza sanitaria né di supporto infermieristico, bensì di compagnia e socialità».

Un esempio di quello che fate?
«Uno dei miei aneddoti preferiti riguarda Nonna Silvia, appassionata di opera da tutta la vita. Voleva una nipote con cui ascoltare e commentare l’opera e quando la nipote è andata all’appuntamento, aveva un tablet sul quale le ha proposto di vedere un’opera. Nonna Silvia non aveva mai visto l’opera, ma solo ascoltata. Appena è partito il video è scoppiata a piangere perché ha potuto vedere una cosa che per tutta la vita si era solo immaginata».

Attualmente i nipoti coinvolti sono più di settecento, con un’età compresa tra i 19 e i 35 anni e in maggioranza donne (circa l’85%). L’Italia vive di volontariato, ma non sempre è facile da intercettare. U Are Family è una struttura che con una cifra accessibile aiuta i nostri nonni a mantenere la loro autonomia e i nostri giovani ad arrotondare un po’. Utile e dilettevole in una unione che fa la forza più che mai.

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Prenota un nipote a domicilio, c’è U are Family”. Viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

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