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L’istituzionalizzazione non è mai conforme alla Convenzione ONU

Scultura di figura antropomorfica con mani davanti alla facciaLo scorso 9 settembre il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), l’organismo di esperti/e indipendenti preposto al monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità da parte degli Stati che l’hanno ratificata, ha pubblicato le Linee Guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza, importantissimo documento redatto allo scopo di guidare e sostenere gli Stati Parti nei loro sforzi per realizzare il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente, e ad essere incluse nella comunità, ma anche di fornire la base per la pianificazione dei processi di deistituzionalizzazione e la prevenzione della stessa.

Le Linee Guida si basano sulle esperienze delle persone con disabilità prima e durante la pandemia da Covid, esperienze che hanno rivelato un’istituzionalizzazione diffusa e messo in evidenza l’impatto dannoso che questa ha sui diritti e sulla vita delle persone con disabilità, con la violenza, l’abbandono, l’abuso, i maltrattamenti e la tortura, compresa la contenzione chimica, meccanica e fisica, che esse sperimentano negli istituti.
Il documento è il risultato di un processo partecipativo, che ha incluso sette consultazioni regionali organizzate dal Comitato ONU. Alla stesura di esso hanno contribuito oltre 500 persone con disabilità, tra cui donne con disabilità, ragazze e ragazzi con disabilità, sopravvissuti/e all’istituzionalizzazione, persone con albinismo, organizzazioni di base e altre organizzazioni della società civile. Un documento reso necessario perché nonostante gli obblighi derivanti dal diritto internazionale (l’Italia, ad esempio, ha ratificato la Convenzione ONU con la Legge 18/09), le persone con disabilità in tutto il mondo continuano a essere collocate in istituti in condizioni di pericolo di vita, e i processi di deistituzionalizzazione o non sono conformi alla Convenzione, oppure sono in ritardo.

L’istituzionalizzazione è una pratica discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità, contraria a numerosi princìpi sanciti dalla Convenzione ONU, da quello di Uguaglianza e non discriminazione (articolo 5), per l’appunto, a quello dell’Uguale riconoscimento dinanzi alla legge (articolo 12), giacché implica che alle persone con disabilità venga negata la capacità legale (che comprende la capacità giuridica e quella di agire); e ancora, la Libertà e sicurezza della persona (articolo 14), visto che comporta la detenzione e la privazione della libertà sulla base della menomazione. Per questi motivi, dunque, le Linee Guida chiedono agli Stati Parti di riconoscere l’istituzionalizzazione come una forma di violenza contro le persone con disabilità. Infatti, oltre ad esporre le persone con disabilità alla somministrazione di farmaci e ad altri interventi sanitari senza il loro consenso libero, preventivo e informato, l’istituzionalizzazione contraddice il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente e ad essere incluse nella comunità (articolo 19).
Gli Stati Parti, pertanto, dovrebbero abolire tutte le forme di istituzionalizzazione, porre fine ai nuovi collocamenti negli istituti e astenersi dall’investire in questi ultimi. Essa inoltre non deve mai essere considerata come una forma di tutela delle persone con disabilità, o una “scelta”. L’esercizio dei diritti di vivere in modo indipendente e ad essere incluse nella comunità non può essere sospeso in situazioni di emergenza, comprese le emergenze sanitarie pubbliche.

Per comprendere con precisione cosa si intende per istituzionalizzazione, le Linee Guida illustrano alcuni degli elementi che definiscono un istituto. E segnatamente indicano i seguenti: la condivisione obbligatoria degli assistenti con altri e nessuna o limitata influenza su chi fornisce l’assistenza; l’isolamento e la segregazione dalla vita indipendente nella comunità; la mancanza di controllo sulle decisioni quotidiane; la mancanza di scelta riguardo alle persone con cui vivere; la rigidità della routine indipendentemente dalla volontà e dalle preferenze personali; la circostanza di svolgere attività identiche nello stesso luogo per un gruppo di individui sotto una determinata autorità; un approccio paternalistico nella fornitura di servizi; la vigilanza sull’organizzazione della vita; la presenza di un numero sproporzionato di persone con disabilità nello stesso ambiente. L’istituzionalizzazione delle persone con disabilità si riferisce a qualsiasi detenzione basata sulla sola disabilità o in combinazione con altri motivi come la “cura” o i “trattamenti”. L’assenza, la riforma o la rimozione di uno o più elementi che caratterizzano l’istituto non può essere utilizzata per definire quell’ambiente come se fosse inclusivo della persona con disabilità nella comunità. È il caso, ad esempio, degli ambienti in cui gli adulti con disabilità continuano a essere sottoposti a processi decisionali sostitutivi o a trattamenti obbligatori, o in cui hanno assistenti condivisi; oppure gli ambienti formalmente situati “nella comunità”, ma nei quali i fornitori di servizi impostano una routine e negano l’autonomia; o, ancora, le “case” in cui lo stesso fornitore di servizi predispone sia l’alloggio e che il supporto alle persone con disabilità. Indipendentemente dalle dimensioni, dallo scopo o dalle caratteristiche, o dalla durata di qualsiasi collocamento o detenzione, un istituto non può mai essere considerato conforme alla Convenzione ONU.

Fondamentali sono anche le indicazioni fornite dal Comitato ONU sui processi di deistituzionalizzazione. Tali processi, che sono interconnessi, si legge nelle Linee Guida, dovrebbero concentrarsi sul ripristino dell’autonomia, della scelta e del controllo delle persone con disabilità su come, dove e con chi vivere. Essi dovrebbero essere guidati da persone con disabilità, comprese quelle colpite dall’istituzionalizzazione, e non da coloro che sono coinvolti nella gestione o nella perpetuazione degli istituti. Gli investimenti negli istituti, comprese le ristrutturazioni, dovrebbero essere vietati e diretti invece verso l’immediato rilascio di coloro che vi risiedono e la fornitura di tutto il sostegno necessario e appropriato per vivere in modo indipendente. Gli Stati Parti, inoltre, dovrebbero astenersi dal continuare a suggerire che le persone con disabilità “scelgano” di vivere negli istituti, o dall’utilizzare argomenti simili per giustificare il mantenimento degli stessi.

Nel documento di venti pagine del Comitato ONU sono contenute anche indicazioni circa il rispetto del diritto di scelta e della volontà e delle preferenze individuali; circa il coinvolgimento delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative nei processi di deistituzionalizzazione; rispetto all’importanza di adottare un approccio intersezionale per affrontare la discriminazione, la segregazione, l’isolamento e altre forme di maltrattamento delle persone con disabilità che vivono in istituti e ne escono, con particolare riguardo alle donne e alle ragazze con disabilità, nonché ai bambini, agli adolescenti e alle persone anziane con disabilità; e ancora, riguardo alla necessità che i quadri giuridici e politici siano predisposti in modo da consentire la piena inclusione di tutte le persone con disabilità e portino alla chiusura degli istituti; circa l’allocazione delle risorse e la definizione di strategie e piani di azione per la deistituzionalizzazione; in merito ai servizi, ai sistemi e alle reti di supporto comunitario inclusivi; rispetto alla predisposizione dell’accesso ai servizi tradizionali su base di uguaglianza con gli altri; riguardo alla deistituzionalizzazione di urgenza in situazioni di rischio ed emergenze umanitarie, compresi i conflitti; circa il monitoraggio dei processi di deistituzionalizzazione, e numerosi altri ulteriori aspetti.

Come si può facilmente intuire, si tratta di un testo quanto mai importante in un Paese, come il nostro, dove ancora troppo spesso per le persone con disabilità l’unica alternativa alle cure prestate dalla famiglia continua ad essere proprio l’istituzionalizzazione.

Ringraziamo Jeanette Fraga e Cristina Paderi per la segnalazione.

Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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