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Le leggi che riguardano la disabilità non sono “norme morali”

Realizzazione grafica dedicata ai diritti umani delle persone con disabilitàLa FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). in occasione delle ormai imminenti elezioni nazionali, ha avanzato alle forze politiche nazionali delle importanti e centrate proposte mediante un messaggio nel quale si afferma che «non solo a parole, ma con i fatti e l’impegno di tutti, vi potrà essere un rilancio che sarà per tutti!». In tale appello, il presidente della Federazione Vincenzo Falabella declina quelle proposte affermando che il movimento delle persone con disabilità e dei loro familiari, chiede con determinazione un impegno non episodico nella direzione delle politiche e dei servizi inclusivi, che vadano a bandire la segregazione, combattere l’abbandono, dare concretezza all’uguaglianza delle opportunità e all’inclusione sociale [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.].

Questo nostro appello, quindi, può considerarsi una sorta di “appendice al predetto autorevole messaggio, in ragione della peculiarità che, nella nostra Regione, presenta l’atteggiamento mentale nei confronti delle norme che introducono diritti soggettivi in favore delle Persone in condizione di disabilità, con riguardo al quale (atteggiamento) è fondamentale che la classe politicoamministrativa ne prenda atto.

Più
volte si è rilevato che la nostra legislazione, sia siciliana che nazionale, è una fra quelle maggiormente complete e attente alle diverse esigenze della Persona che vive una condizione di disabilità. A fronte tuttavia di una normativa così compiuta, si registra in modo assai diffuso che i diritti da essa riconosciuti non si trasformano concretamente nelle corrispondenti azioni amministrative e uno dei principali ostacoli è l’eccessiva burocrazia.

Un secondo ostacolo, viene anche individuato da alcuni nella formulazione della nostra legislazione in materia di disabilità che, a causa della presunta esistenza di «troppi può e pochi deve», non avrebbe un elevato valore “precettivo”.

Le cause sopra citate favorirebbero nella fase di applicazione, sia da parte delle Pubbliche Amministrazioni che da tutti gli altri soggetti pubblici o privati tenuti ad osservarla, il connaturato convincimento che tale legislazione possa considerarsi ad applicazione differita e discrezionale. E ciò anche quando queste norme prevedono diritti soggettivi perfetti in favore delle Persone con disabilità di immediata attuazione.

Una delle
disposizioni di legge a contenuto precettivo, di enorme importanza per le Persone con disabilità, che non ha trovato applicazione, anche in Sicilia, per un lasso di tempo ultratrentennale, è rappresentata dell’articolo 32, commi 21 e 22, della Legge Nazionale 41/86, come modificata e ampliata dall’articolo 24, comma 9, della Legge 104/92, con la quale era stato imposto ai Comuni e alle ex Province (oggi Città Metropolitane) di adottare i PEBA (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), entro il termine di un anno all’entrata in vigore della normativa stessa e, dunque, entro la data del 28 febbraio 1987.
Si ricorderà che in quel periodo eravamo negli anni in cui la cultura del tempo consentiva agli albergatori o ad altri esercenti di poter affiggere cartelli davanti ai propri esercizi commerciali con i quali si avvertiva che, per cause legate alla presenza di barriere architettoniche nell’immobile, non era possibile ospitare le persone con disabilità motoria. Fu verosimilmente proprio per ribaltare quell’irrispettosa e discriminatoria rappresentazione di pensiero che il Parlamento Italiano emanò la norma più rigorosa che poteva essere concepita ed emanata dal nostro Organo Legislativo. Con tale Legge, infatti, eminentemente precettiva, si obbligavano esplicitamente le Amministrazioni Comunali e Provinciali a redigere i suddetti Piani. Inoltre, il contenuto precettivo era ulteriormente rafforzato dall’espressa previsione del comma successivo secondo il quale, in caso di inadempimento da parte dei predetti Enti Locali, veniva prevista la nomina di un Commissario ad acta da parte delle Regioni.

Ebbene quella norma, che quest’anno ha compiuto ben 36 anni, risulta essere stata applicata da meno del 15% dei Comuni Siciliani ed è possibile ritenere che tale dato sia sovrapponibili a quello di tutti i Comuni italiani. È pertanto evidente che, in mancanza di un forte e deciso impulso della classe politica sulla specifica azione amministrativa, non sarà neanche possibile prefigurare che tale percentuale possa aumentare in tempi brevi.

Benché si potrebbero elencare altre Leggi che in materia di disabilità sono rimaste inapplicate, così come la 41/86, perché affidate soltanto alla spontaneità, alla sensibilità individuale e alla virtuosità delle diverse Amministrazioni Pubbliche, questa ci è sembrata la più eclatante, tanto per il lungo lasso di tempo di disattenzione, quanto per le ricadute non certamente positive che la disapplicazione ha determinato nel rapporto tra le Persone con disabilità e la classe politicoamministrativa, tant’è che viene oggi ritenuta meritevole di costituire l’oggetto di un appello rivolto alla classe politico-amministrativa siciliana, affinché, in applicazione del principio di legalità, che deve sorreggere l’attività della Pubblica Amministrazione, si adoperi nel corso della prossima Legislatura, perché tutti i Comuni Siciliani provvedano a redigere senza ulteriore ritardo il loro Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, ai sensi dell’articolo 32 della Legge 41/86, come modificata e ampliata dall’articolo 24, comma 9 della Legge 104/92, ponendo in tal modo le basi per realizzare compiutamente in tema di accessibilità i principi di uguaglianza, pari opportunità e non discriminazione delle Persone con disabilità nei corrispondenti territori.

Il precedente appello fornisce agli scriventi lo spunto per contestare l’approccio mentale, assai diffuso nella classe politicoamministrativa, che ha in l’idea malsana, secondo cui i diritti soggettivi previsti da specifiche norme e volti a favorire il benessere delle Persone con disabilità, allorché restino disapplicati per diverso tempo, possano affievolirsi a meri interessi legittimi e, in alcuni casi, addirittura ad annullarsi per desuetudine.

Potrebbe sembrare inutile affermarlo, ma, al contrario, tali Leggi, quali espressione dell’atto di imperio dello Stato o della Regione, sono tali anche quando introducono agevolazioni, esenzioni, riduzioni o, in genere, benefìci di vario tipo e natura in favore delle Persone con disabilità. Perciò la loro applicazione, nel rigoroso rispetto del principio di legalità, deve essere parimenti garantita nei tempi in esse stabiliti e senza che occorrano particolari e formali sollecitazioni da parte degli interessati, sia in via amministrativa che giudiziale. Ne consegue la necessità che ci si occupi tutti di questa materia, avendo sempre presente il corretto approccio mentale volto a considerare la norma giuridica che tratta della materia dei diritti delle Persone con disabilità, esattamente come tale, non cadendo mai nella tentazione di valutarla alla stregua di “norma morale, non imposta dallo Stato o da altre Autorità costituite e, in quanto tale, collegata al grado di sensibilità individuale posseduta dal soggetto chiamato alla sua applicazione.

Si è certi che i destinatari del presente appello siano tutti d’accordo che un errato approccio alla normativa sulla disabilità, come quello indicato, non può continuare a sussistere. Da qui la consequenziale richiesta rivolta alla classe politico-amministrativa affinché ribalti e si adoperi a modificare l’atteggiamento mentale fino ad oggi mostrato verso le norme giuridiche che stabiliscono diritti in favore delle Persone in condizione di disabilità, fino al punto da considerarle come se fossero inesistenti, addirittura per diversi decenni.

Basta, quindi, con l’applicazione di un diritto collegato al comune sentire, alla spontaneità e al grado di sensibilità di ciascun individuo, ma osservanza generalizzata di un precetto positivamente stabilito dall’Ordinamento Giuridico. Si è infatti convinti che attraverso l’azione della nuova classe politicoamministrativa regionale potrà rendersi più giusta e inclusiva la società siciliana.

 

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