Mai soli!

Si può affrontare tutto, sostiene chi vive con una persona gravemente disabile: dal “lavoro assistenziale” che dura ventiquattr’ore al giorno agli eterni conflitti con gli enti. Ma non si può reggere la solitudine e la sensazione di sentirsi isolati dal resto del mondo

Fabrizio Buttafava, «Il fato»Dall’esperienza delle nostre famiglie, costrette da sempre a confrontarsi con ogni genere di avversità, abbiamo ricavato un ammonimento essenziale: siamo in grado di sopportare quasi ogni cosa, spesso un “lavoro assistenziale” di ventiquattr’ore al giorno, reggiamo agli eterni conflitti con gli enti che ci complicano la vita invece di agevolarcela, troviamo anche il tempo di studiare e di proporre soluzioni nate per le persone con le disabilità più gravi, ma che si risolverebbero a vantaggio dell’intera società.

Una cosa, però, spesso non siamo in grado di superare: il restare o il sentirci soli. Soli nel senso di isolati dal mondo, da chi ha problemi come i nostri e quindi li condivide e li capisce, ma anche nel senso di separati dal resto del mondo, dalla cosiddetta società “normale”.
Proprio questa è la prima causa che spinge alcuni a farla finita, ad abbandonare la lotta e tutte le avversità, perché «da soli – pensano – non riusciremo a fare nulla».

L’importanza della comunicazione, del dialogo, della partecipazione è quindi basilare: ieri convegni, conferenze, raduni, oggi internet, portali del mondo della disabilità, e-mail. E quindi, abituato a scambiare opinioni e notizie, a cercare informazioni utili per i nostri ragazzi, in questi giorni sto soffrendo molto per una banale dimenticanza: contratto disdettato e scaduto e quindi computer ridotto a macchina da scrivere…
Perché il nuovo contratto divenga operativo e sia in grado di regalarci (si fa per dire!) le ultime meraviglie della trasmissione veloce, ci vorrà ancora una decina di giorni. Nel frattempo mi sento isolato da tutti: per telefono non trovo nessuno e soprattutto di notte (quando io sono più libero) l’altra gente di solito dorme e non gradisce bruschi risvegli.

Certo, non è una tragedia restare “isolato” per un paio di settimane; può esserlo invece per tutta una vita, quando manca la condivisione di un dolore o di una fatica che potrebbe fornire quell’aiuto sufficiente a tirare avanti.

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).           

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