Opinioni

A ciascuno il suo

A ciascuno il suo

«Il costante peggioramento delle prestazioni degli studenti italiani – scrive Fabiola Casarini, prendendo spunto da un articolo della scrittrice Susanna Tamaro – suggerisce di invitare gli insegnanti a ripensare allo scopo primario della loro attività (l’insegnamento), restituendo ai professionisti della salute la responsabilità dello sviluppo fisico, neurologico e cognitivo di bambini e ragazzi, ai servizi sociali quella dell’integrazione e del sostegno familiare, agli psicologi la cura della persona in termini di comportamenti, emozioni e relazioni, ai pedagogisti le proposte educative»

Salvate i Gruppi di Lavoro Interistituzionali!

Salvate i Gruppi di Lavoro Interistituzionali!

«Nella Legge 104 del ’92 – scrive Flavio Fogarolo – era ben chiara l’idea che la scuola non poteva essere lasciata sola a occuparsi degli alunni con disabilità e che serviva anche la partecipazione di soggetti esterni (Aziende Sanitarie, Enti Locali, Associazioni e in certa misura famiglie e studenti). Perché dunque l’attuale Schema di Decreto sull’Inclusione intende abolire i Gruppi di Lavoro per l’Inclusione stabiliti dalla Legge 104, dando vita al GIT (Gruppo per l’Inclusione Territoriale), che non è interistituzionale e che ha funzioni completamente diverse?

Alla faccia dell’approccio globale!

«Più che una visita della Commissione Invalidi - racconta Nadia Luppi - il mio è stato un interrogatorio modello Centrale di Polizia!»

«Non so con chi ho parlato – scrive Nadia Luppi, raccontando la sua visita in Commissione Invalidi -, non so come possano immaginare la mia vita, non mi hanno chiesto alcunché rispetto a dove e come vivo, se faccio sport, se vivo coi miei, se sono sposata o no… Dov’è finito l’approccio globale alla persona? L’attenzione al soggetto? L’handicap come svantaggio e non come semplice conseguenza del deficit? E l’idea che tabelle e griglie di valutazione sono strumenti che vanno adattati al contesto e non prigioni in cui fare rientrare la diversità?»

Le questioni etiche e la sindrome di Peter Pan

Un disegno dedicato alla sindrome di Peter Pan. Secondo Daniele Piccinin, «sulle questioni etiche sembra esservi una sorta di "sindrome di Peter Pan", che colpisce la stragrande maggioranza degli italiani»

«Più che un’omertà imposta da chissà chi – scrive Daniele Piccinin – a bloccare sul nascere nel nostro Paese ogni dibattito politico e culturale sulle varie questioni etiche, dalla bioetica alle biotecnologie, per citarne solo due, sembra essere una sorta di “sindrome di Peter Pan”, che improvvisamente colpisce la stragrande maggioranza degli italiani. Un complesso che ci vuole tutti ancora bambini, con poca voglia di guardare al futuro e con scarsa consapevolezza che su molti temi è giunto il momento di dibattere e di trovare dei compromessi, soprattutto per le generazioni future»

Ma quando sento parlare di “disabilicidio”…

Grazia Famiglietti, "Riflessione", olio su tela

«Non credo nel “disabilicidio” – scrive Antonio Giuseppe Malafarina – come meccanismo di risposta di un genitore alla soluzione dei problemi del figlio. Il termine mi ripugna. Cioè non penso che l’uccisione di un figlio si possa spiegare solo attraverso la sfiducia nella società. Ma la società non può permettersi di prestare il fianco alla creazione di un pensiero simile. Non può la società rendersi compartecipe morale di un reato. Non può indurre un cittadino a pensare di poter compiere l’illecito. Se lo fa vada sul banco degli imputati. Senza sollevare alcuna scusante»

Ambasciatori aziendali della disabilità

«Spesso – scrive Simone Fanti – è il non sapersi rapportare e la paura di sbagliare a rendere difficile il dialogo tra le persone. Aprendo quindi uno spiraglio in questo senso – ciò di cui si è parlato durante un recente corso formativo a Firenze, con la partecipazione di veri e propri “ambasciatori della disabilità in azienda” -, si possono abbattere le barriere e iniziare un dialogo aperto e schietto. Penso infatti che per avviare un vero processo di inclusione nel lavoro, il cambiamento debba avvenire dal basso, direttamente dai colleghi del lavoratore con disabilità»

Tutta la comunità scolastica è responsabile dell’inclusione

«La responsabilità dell’integrazione dell’alunno in situazione di handicap e dell’azione educativa svolta nei suoi confronti – scrive Giuseppe Felaco, ribadendo concetti spesso presenti su queste pagine – è, al medesimo titolo, dell’insegnante di sostegno, degli altri docenti di classe e della comunità scolastica nel suo insieme». «Nello specifico dei ragazzi con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo – aggiunge poi – il principale obiettivo dev’essere quello di introdurli in un contesto di coetanei con i quali non possono fare a meno di avere scambi socio-comunicativi»

La prima Cattedra italiana di Tiflologia

«La cecità – scrive Marco Condidorio – non ha nazionalità, religione o altri tipi di confine e dunque la speranza è che il nostro Paese, grazie all’innovativa e importante decisione attuata dall’Università del Molise, di avviare una Cattedra di Tiflologia Teorica e Applicata, di cui auspico la diffusione in tutti gli altri Atenei italiani, possa vantare il primato di avere dato alla Tiflologia il ruolo dignitoso di Pedagogia dell’Educazione e della Didattica, per un’istruzione e formazione dai contenuti utili a rendere competente, autonomo nel pensiero e nell’azione ogni futuro cittadino»

L’insegnamento di Gabriella Bertini

«Non conoscevo la storia di Gabriella Bertini – scrive Claudio Conforti -, ricordata recentemente da “Superando.it”, ma mi sento vicino a questa figura ormai “storica” delle lotte iniziate negli Anni Sessanta per il riconoscimento dei diritti e della dignità delle persone con disabilità ed è certamente opportuno, se non doveroso, ricordare chi si impegnò allora e continuò a farlo sino alla fine»

Delega sull’inclusione e ruolo delle Associazioni

«Ma come si può addivenire a una formazione aggiornata costante e sul campo (e a costo zero, tanto per lanciare una frecciatina a questi ragionieri della cultura, che aborrono ulteriori oneri finanziari da sostenere, come se tutto fosse gratis e di buona qualità!) per dirigenti, docenti, personale ATA e quanti sono a scuola, se si sottovalutano e trascurano le Associazioni?»: se lo chiede Alessandra Corradi, riflettendo sulla ben scarsa parte del recente Schema di Decreto sull’inclusione scolastica, dedicata appunto al ruolo delle Associazioni

Soste selvagge e rigore svizzero (ma non per tutti)

«Oggi – scrive Mario Caldora -, che sono stato multato dai vigili per avere fermato per qualche minuto l’auto sulle strisce pedonali (con contrassegno e frecce di stazionamento per far scendere mia figlia disabile al 100%), non potendo contestare la giustezza della contravvenzione – anche se applicata con rigore svizzero in una realtà normalmente anarchica e dove le regole stradali sono del tutto ignote – mi chiedo: ma se i vigili a Bagnoli esistono, perché non multano anche le auto che impediscono la libera circolazione delle persone con disabilità sostando davanti agli scivoli?»

Alcune proposte per migliorare quello Schema di Decreto

Alcune proposte migliorative di Gianluca Rapisarda al neonato “Schema di Decreto Legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”, riguardanti nello specifico le “prestazioni essenziali” («lacunose») e i criteri di valutazione della qualità («carenti»). «Le metto a disposizione – scrive Rapisarda – delle Federazioni di Associazioni di Persone con Disabilità FAND e FISH, che potrebbero sottoporle alle competenti Commissioni Parlamentari, prima che, nel giro di sessanta giorni, si arrivi alla pubblicazione definitiva del Decreto»

Autismo: gli interventi emotivi e quelli seri e pianificati

«Dire che in àmbito di autismo nulla, nella nostra Regione, sta andando nella direzione giusta, è un’affermazione che non corrisponde ai fatti. I problemi delle nostre famiglie non sono risolti, ma per la prima volta ci si sta avviando su un percorso condiviso con le Istituzioni, che potrà dare dei frutti a medio-lungo termine»: così la Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone Disabili e delle Loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia contesta la presa di posizione di alcune Associazioni, apparsa nei giorni scorsi in un articolo di quotidiano

Carriere separate per il sostegno? No, blindate!

«La continuità degli insegnanti di sostegno è importante – scrive Flavio Fogarolo, mettendo in discussione un recente Schema di Decreto Governativo sulla formazione iniziale degli insegnanti di scuola secondaria – ma ancora di più lo è il coinvolgimento educativo, convinto e responsabile, di tutta la scuola. Ed è assurdo – anche nell’interesse degli stessi alunni con disabilità – pensare di risolvere il problema della scarsa continuità degli insegnanti di sostegno, bloccandoli forzatamente su un posto, limitando i trasferimenti o impedendo di fatto ogni carriera diversa»

Riflessioni sulla “violenza involontaria”

La disabilità scompagina il consueto modo di pensare alla violenza, ma per riflettere sui casi di “violenza involontaria” – ossia quella agita da alcune persone con autismo, non con l’intenzione di nuocere a qualcuno, ma come manifestazione di un malessere – il cambiamento di prospettiva diventa, se possibile, ancora più imprescindibile e non è solo chi si occupa di violenza a doverlo operare, ma anche le stesse “famiglie con disabilità”»

Scuola: vogliamo tornare agli anni dell’“inserimento selvaggio”?

«Se il nuovo Decreto sull’inclusione scolastica verrà definitivamente approvato così com’è – scrive Flavio Fogarolo – la scuola rimarrà da sola a gestire l’inclusione degli alunni con disabilità, con il rischio di tornare agli Anni Ottanta, al tempo del cosiddetto “inserimento selvaggio”. Succederà questo? Speriamo di no, ma di sicuro non basta cambiare i nomi e parlare oggi di inclusione, anziché di inserimento o integrazione, per cambiare la sostanza»

L’UICI e l’inclusione scolastica

«Di fronte allo Schema di Decreto Legislativo sull’inclusione degli studenti con disabilità, approvato dal Governo e sottoposto ora al Parere Parlamentare, propongo alcuni dei punti essenziali su cui l’UICI intende strutturare la propria strategia politica associativa, salvo ulteriori contributi che potranno emergere durante i lavori della nostra Commissione Nazionale Istruzione e Formazione»: a scriverlo è Marco Condidorio, coordinatore della Commissione Nazionale per l’Istruzione e la Formazione dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti)

Necessaria la continuità, ma senza il “contesto” non c’è inclusione di qualità

Sul piano della continuità didattica da garantire agli alunni con disabilità, è certamente deludente, secondo Gianluca Rapisarda, il recente Schema di Decreto sull’inclusione prodotto dal Governo, e tuttavia, scrive, «al di là della stessa continuità, soltanto in un contesto scolastico veramente inclusivo e accogliente, si potranno realisticamente garantire per tutti e per ciascuno quelle condizioni di pari opportunità nel raggiungimento del massimo possibile dei traguardi d’istruzione, tanto decantate da tutta la più recente legislazione italiana sull’autonomia scolastica»

Disabilità intellettiva, pari opportunità di apprendimento e finalità comuni

«Per rendere effettivamente inclusivo il processo educativo del giovane con disabilità intellettiva – scrive tra l’altro Luciano Paschetta, replicando a propria volta a Donata Vivanti, che aveva discusso un suo precedente intervento – e in particolare nella scuola secondaria di secondo grado, occorre un vero progetto educativo che abbia, così come avviene per i compagni “normodotati”, il focus riferito a quello che sarà l’avvenire del ragazzo al termine del corso di studi. Per riuscirci, è necessario coinvolgere altre risorse del territorio, lavorando in modo coordinato e su obiettivi comuni»

Insegnare l’umanità

«Quante volte – scrive Maria Pia Amico – ci imbattiamo in medici frettolosi, distanti, con poca voglia di dialogare coi pazienti o di spiegare la diagnosi, dando per scontato che tutti sappiano di medicina e profilassi? Un comportamento, per altro, che vale per ogni altra categoria di lavoratori. Ci vuole una certa elasticità mentale e grande intelligenza, per instaurare rapporti – di lavoro o personali – che non siano solo fredda cortesia e pura formalità, ma troppo spesso ci si dimentica che siamo esseri umani con le nostre paure e bisogni»