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Anche l’ABC parla delle Linee Guida sull’autismo

Disegno di bambina che scrive su una lavagnaVogliamo qui proporre alcune osservazioni – frutto per altro di una lettura attenta, ma non ancora analitica del documento – sulle Linee Guida per l’autismo: raccomandazioni tecniche-operative per i servizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva, recentemente pubblicate dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza).

Bisogna innanzitutto far riferimento alla struttura stessa del testo, divisa in quattro parti sostanziali:
– Premessa
– Linee Guida per la diagnosi e la valutazione
– Linee Guida per lo screening
– Linee Guida per il trattamento

Ebbene, come ABC esprimiamo vivo apprezzamento per il documento che nel complesso appare ben strutturato, equilibrato e presenta una buona copertura delle diverse problematiche associate al disturbo.
Riteniamo quindi di essere di fronte ad un notevole passo avanti nella definizione dei requisiti fondamentali dell’approccio riabilitativo in età evolutiva.
Particolarmente importante appare l’importanza data all’approccio olistico ed ecologico nella valutazione, nello screening e nel trattamento, con la grande  attenzione riservata alla  famiglia e all’ambiente di vita del bambino.
Di seguito alcuni interessanti stralci in proposito:

«Il processo diagnostico […] deve essere esteso alla coppia genitoriale e all’intero sistema famiglia. Ciò permette infatti di valutare la conoscenza che i genitori hanno del disturbo, il loro livello di consapevolezza sulla condizione del bambino e le risorse sia in termini emozionali che logistiche» (p. 24).

«Successivamente (alla comunicazione della diagnosi) vengono individuati con i genitori i punti critici su cui deve articolarsi il progetto terapeutico, le sue finalità e la programmazione  dei periodici incontri di controllo» (p. 37).

«Le preoccupazione dei genitori non vanno mai sottovalutate» (p. 39).

«La continuità e la qualità del percorso terapeutico sono garantite attraverso:
– il coinvolgimento dei genitori in tutto il percorso;
– la scelta in itinere degli obiettivi intermedi da raggiungere e quindi degli interventi da attivare (prospettiva diacronica);
– il coordinamento […] dei vari interventi individuati per il raggiungimento degli obiettivi (prospettiva sincronica);
– la verifica delle strategie messe in atto all’interno di ciascun intervento» (pp. 46 e 52).

«L’intervento deve essere intensivo. Il termine intensivo si riferisce alla necessità di attivare una nuova dimensione di vita, per il bambino e per la famiglia […]. L’indicazione che deriva dall’esperienza internazionale fa riferimento a un tempo non inferiore alle 18 ore settimanali (NRC, 2001 [National Research Council, N.d.R.]). Per quel che riguarda la famiglia, bisogna ugualmente organizzare situazioni strutturate, nell’ambito delle quali è necessario lavorare sul disorientamento dei genitori per attivare le loro naturali risorse e coinvolgerli nel progetto terapeutico […]. In questa prospettiva la “terapia” non è solo quella che si svolge nel servizio di riabilitazione, ma è piuttosto un progetto, che deve essere elaborato dall’equipe del Servizio di NPI [Neuropsichiatria Infantile, N.d.R.]. Tale progetto prevede obiettivi specifici realizzabili mediante programmi con caratteristiche conformi ai contesti in cui essi devono essere implementati (Famiglia-Servizio di riabilitazione-Scuola)» (pp. 54 -55).

«La famiglia si pone, in una prima fase, come destinatario dell’intervento (=di orientamento dei genitori) e in una seconda fase come protagonista attivo nella realizzazione del progetto» (p. 61).

Principali punti di debolezza del documento
1.
La multidisciplinarietà del gruppo di lavoro è necessaria per garantire un “sano equilibrio” nell’interpretazione delle evidenze e nella formulazione delle raccomandazioni.
Nel gruppo di lavoro multidisciplinare dovrebbero essere rappresentate tutte le specialità cliniche coinvolte nella gestione del problema assistenziale e rappresentanti dei pazienti.
Si confronti ad esempio Roberto Grilli e coll., Le linee guida per la pratica clinica sviluppate dalle società scientifiche: l’esigenza di un approccio critico («The Lancet», 2000, vol. 355, pp. 103-106): «Proprio la multidisciplinarietà, peraltro, è stata ripetutamente richiamata come l’unico rimedio capace di evitare, o almeno di minimizzare, una visione più o meno autoreferenziale nella formulazione di raccomandazioni. Altra ragione di preoccupazione è il numero assai scarso di linee guida nella cui fase di produzione sono stati coinvolti pazienti e rappresentanti degli utenti. Ciò conferma la legittima preoccupazione che il valore del punto di vista dell’utente-paziente non sia tuttora riconosciuto».

2.
I genitori hanno ancora una posizione subordinata rispetto ai medici e ai terapisti; non sembra sufficientemente stimolata la costruzione di relazioni di tipo paritetico, pur nel riconoscimento delle specifiche capacità, competenze e responsabilità di ciascuno.

3.
Non sono ben definite le caratteristiche degli operatori direttamente impegnati nel programma. Si afferma solo: «la figura del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, in accordo ai più recenti profili professionali, risulta la più idonea […] deve avere maturato una formazione che gli permetta di uniformarsi alle indicazioni che derivano dalla comunità scientifica internazionale».
Noi riteniamo in realtà che, oltre a specifiche capacità tecniche, ai professionisti debbano essere richieste anche capacità relazionali, capacità organizzative, maturità personale e valori.

4.
Crediamo che molti dei principi fondanti del documento dovrebbero costituire la base per ogni proposta riabilitativa rivolta a bambini affetti da disabilità complesse.
Altre linee guida – come ad esempio le Linee Guida per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile (anche in «Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa», 2002, vol. 16, n. 1, pp. 27-42) – pur affrontando casi con un quadro complesso, in cui ai disturbi motori sono spesso associati disturbi sensoriali e cognitivi, sembrano ispirate da principi diversi: alcune importanti raccomandazioni fornite dalle due linee guida appaiono infatti in antitesi.
Ad esempio, anziché adottare un approccio olistico-ecologico basato su forti sinergie tra i tre moduli «Famiglia-Servizio di riabilitazione-Scuola», le Linee Guida per le paralisi cerebrali infantili, dopo aver frammentato la riabilitazione in «rieducazione-educazione-assistenza», si occupano solo di rieducazione, ignorando completamente l’effetto delle altre componenti. Inoltre, alla famiglia è per lo più riservato un ruolo passivo e molto marginale e il trattamento domiciliare è ritenuto eccezionale.
Per evitare quindi la proliferazione di linee guida sulla riabilitazione pediatrica tra loro discordanti, si auspica la costituzione di un gruppo di lavoro multidisciplinare e la formulazione di Linee Guida per la riabilitazione dei bambini con disabilità dello sviluppo, nelle quali siano identificati e definiti i principi guida alla base di ogni approccio riabilitativo di qualità, con particolare riferimento alla riabilitazione di bambini con disabilità complesse.

5.
Non è prevista la valutazione della qualità con cui le Linee Guida sono attuate ad ogni singola équipe riabilitativa. Tale valutazione – non eseguita in modo fiscale, ma finalizzata al continuo miglioramento – dovrebbe costituire la base per un sistema di accreditamento dei team riabilitativi.
Dovrebbe inoltre essere valutata anche la percezione della qualità delle prestazioni da parte delle famiglie.

6.
Ad ogni singola affermazione di rilievo (suggerimento, raccomandazione ecc.) contenuta nelle Linee Guida dovrebbe essere associato il relativo livello di evidenza scientifica (grading delle evidenze).

*L’ABC è l’Associazione Bambini Cerebrolesi – Federazione Italiana.

 

 

 

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