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Marcia Perugia-Assisi: l’appello della Tavola della Pace

Bandiera della Pace con la scritta in varie lingueMettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l’ONU. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

Dal 14 al 16 settembre 2005 i Capi di Stato di tutto il mondo si riuniranno a New York, per decidere, a cinque anni dalla Dichiarazione del Millennio, quali nuovi impegni assumersi per migliorare la vita nel pianeta, lottare contro la povertà, promuovere la pace e la sicurezza, difendere i diritti umani e l’ambiente, riformare l’ONU. Un’agenda troppo importante per essere lasciata nelle mani degli stessi governi che, in buona misura, sono responsabili delle drammatiche condizioni in cui versa l’umanità e della grave crisi delle Nazioni Unite.
Per questo invitiamo tutti, ragazze e ragazzi, donne e uomini, movimenti e organizzazioni della società civile, Comuni, Province e Regioni a partecipare alla Marcia Perugia-Assisi per la Giustizia e la Pace che si svolgerà domenica 11 settembre.
Ancora una volta hanno promesso e non hanno mantenuto gli impegni. Non restiamo in silenzio! Potevano salvare la vita di centinaia di milioni di persone. Costringiamoli a farlo ora!

Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell’impegno mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l’ONU. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

Il mondo è sempre più affamato, disperato, violento e violentato.
Crescono la miseria, le malattie, le disuguaglianze e l’ingiustizia che le alimenta.
Crescono lo sfruttamento e la spoliazione dei Paesi ricchi a danno di quelli più poveri.
Cresce il degrado ambientale e la competizione per le risorse naturali.
Insieme con la globalizzazione cresce la criminalità internazionale.
Crescono l’illegalità e l’impunità.
Crescono anche i traffici di droga, di rifiuti tossici, di esseri umani, di armi leggere e pesanti.
La guerra, l’uso della forza militare è tornata al centro delle relazioni internazionali. Sebbene in tutto il mondo si stia affermando l’idea della sicurezza umana, continuano ad imporsi dottrine militariste di sicurezza nazionale. Ricominciata è anche la corsa al riarmo e con essa sono in continuo rialzo le spese militari.
Si moltiplicano gli atti di terrorismo seminando angoscia e disperazione. Allo stesso tempo la cosiddetta “guerra al terrorismo” produce nuovi conflitti, orrori e violazioni dei diritti umani. I signori della guerra e del terrorismo hanno trasformato l’informazione in un campo di battaglia: per imporre la propria agenda e la propria volontà usano la menzogna, la deformazione della realtà, lo stravolgimento dei fatti e della verità. La lotta al terrorismo sta spostando l’attenzione e le risorse del mondo dalle principali cause d’instabilità come la povertà, le malattie infettive, il degrado dell’ambiente e la crisi delle risorse naturali.

Ci sarebbe bisogno dell’ONU, ma l’ONU è sotto attacco, sempre più indebolita, delegittimata e marginalizzata. I suoi poteri, le sue risorse e le sue funzioni sono stati drammaticamente ridotti. L’unilateralismo dei più forti e un’incontrollata globalizzazione stanno mettendo da parte la sola “casa comune” dell’umanità.
Allo stesso tempo importanti decisioni politiche ed economiche continuano ad essere assunte in sedi e istituzioni internazionali prive dei necessari princìpi, valori, legittimazione e controllo democratico.
Spesso i governi che controllano e gestiscono l’ONU non mantengono nemmeno gli impegni politici ed economici che hanno volontariamente sottoscritto (come sta avvenendo con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio); violano i diritti umani e gli stessi princìpi di legalità e di democrazia internazionale che proclamano nei loro discorsi e nelle loro risoluzioni; procedono nella gestione degli affari internazionali senza tener in alcun conto le proposte che la società civile mondiale continua ad avanzare. Alcuni, addirittura, stanno palesemente tentando di imporre all’ONU la dottrina della guerra preventiva.

Milioni di persone e migliaia di organizzazioni della società civile ed Enti Locali sono impegnati in tutto il mondo per denunciare, arrestare e invertire questi processi.
Nonostante la sordità e l’opposizione di molti governi e poteri economici, le loro lotte e il loro costante lavoro quotidiano stanno costruendo un argine al disordine internazionale, favorendo l’incontro di civiltà, gettando le basi di una nuova cittadinanza planetaria, promuovendo un’economia di giustizia e la democrazia, difendendo  i diritti umani, i beni comuni e l’ambiente.

Insieme a loro, domenica 11 settembre 2005, rinnoviamo il nostro impegno concreto per la giustizia e la pace, per costruire un nuovo mondo più giusto, pacifico e democratico per tutti. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

Mettiamo al bando la miseria
Non ci sono più scuse. La miseria non è un fenomeno naturale ma la più crudele delle ingiustizie. Essa cresce in un’economia organizzata per il profitto di pochi anziché per il benessere di tutti, che mette il mercato al di sopra delle persone e che privilegia la competizione selvaggia anziché la cooperazione, i profitti resi possibili dalle disparità anziché la riduzione di esse; le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la produzione; la crescita quantitativa dell’economia anziché la qualità e la distribuzione dei beni e dei servizi; lo sfruttamento della natura e dell’ambiente anziché la loro protezione.
I poveri sono la maggioranza sulla terra e la miseria li uccide ad ogni istante, anche quando le pistole sono silenziose.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce a tutti il diritto ad un tenore di vita dignitoso; il diritto al cibo, al vestiario, alla salute, alle cure mediche, all’abitazione, all’istruzione, al lavoro. La miseria è la più grande ed estesa violazione dei diritti umani. Per questo deve essere messa al bando.
Sradicare la miseria è possibile e deve essere il primo impegno di tutti i politici e di tutte le istituzioni. Le risorse e le conoscenze per farlo non mancano. Raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio non è un optional: è il minimo che si possa fare per cominciare a ripagare il nostro debito di giustizia con il mondo e per mettere un freno alla crescente instabilità internazionale. Nessun esercito, nessun muro, nessun fossato potranno garantire la nostra sicurezza se, intorno a noi, continueremo a lasciar crescere miseria e disperazione. Sempre più la nostra pace e la nostra sicurezza dipendono non dai nostri muscoli o dal nostro buon cuore, ma dal nostro impegno per la giustizia, per la rimozione delle cause e delle istituzioni dell’ingiustizia.

Mettiamo al bando la guerra
La guerra è proibita dalla Carta delle Nazioni Unite, dal diritto internazionale, dalla morale e, alla luce della storia drammatica degli ultimi anni, anche da un sano realismo.
La guerra non ha senso perché è ormai chiaro che anche una guerra vinta non chiude il conflitto che voleva risolvere: lo riapre in forme ogni volta più terribili.
Nessuna delle guerre intraprese dalla fine della guerra fredda, con le più diverse motivazioni, può dirsi conclusa. La puoi chiamare come vuoi, giusta, umanitaria, preventiva, inevitabile: il risultato non cambia. La guerra non risolve i problemi: li complica.
La difesa dei diritti umani, delle persone e dei popoli, che ci viene fatto obbligo di esercitare richiede ben altri strumenti, tempi e modalità. Nessuno può permettersi di usarla strumentalmente per i propri interessi. Se è vero che la libertà e la giustizia non si conquistano con il terrorismo, è altrettanto vero che il terrorismo non si vince con le bombe.
Per questo, insieme ai familiari delle  vittime dell’11 settembre, denunciamo l’assurda pretesa di chi afferma di voler fermare la violenza con altra violenza. La guerra è una risposta sbagliata, inefficace, illegale, pericolosa e va messa al bando.
Gridiamolo insieme: mai più guerra, mai più terrorismo, mai più violenza.

Riprendiamoci l’ONU
Il futuro dell’ONU ci riguarda tutti. Non ci sono diritti umani senza istituzioni internazionali, democratiche e indipendenti, capaci di farli rispettare. L’ONU è malandata ma se non ci fosse dovremmo inventarla. I responsabili della sua profonda crisi portano i nomi e i cognomi dei governi che la controllano.
L’ONU di cui abbiamo bisogno deve essere più forte e più democratica, trasparente e partecipata, aperta alla collaborazione permanente con la società civile mondiale, con gli Enti Locali e con i Parlamenti, capace di prevenire lo scoppio di nuovi conflitti armati e di promuovere il disarmo, impegnata a difendere il diritto internazionale dei diritti umani e a mettere al bando la guerra, decisa a riconquistare una centralità politica nel campo sociale, ambientale ed economico (i tre pilastri fondanti del concetto di sviluppo sostenibile), impegnata, insomma, a promuovere davvero “tutti i diritti umani per tutti”.
A sessant’anni dalla sua fondazione, dopo oltre quindici anni di dibattiti, gruppi di lavoro, comitati di saggi, rapporti e raccomandazioni, è necessario riconoscere che nessuna riforma positiva delle Nazioni Unite sarà possibile senza una forte pressione della società civile mondiale.
Il 2005 deve essere l’anno in cui prende avvio una grande mobilitazione per salvare, democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite e, più in generale, per costruire un nuovo ordine mondiale pacifico, giusto e democratico. La convocazione di una Convenzione Universale per la Democratizzazione e il Rafforzamento delle Nazioni Unite può essere il primo obiettivo concreto.
Riprendiamoci l’ONU; è nostra; è dei popoli; di tutti i popoli.

Ripartiamo dall’Italia
L’Italia occupa un posto importante nel mondo. In nome dei propri valori, della propria Costituzione, della vocazione europea che condivide, della cultura che custodisce, della società civile che la arricchisce, potrebbe fare cose importanti per sé e per tanta parte dell’umanità. E invece, da tempo, il nostro Paese è diventato un problema per il mondo. E la sua credibilità internazionale è al minimo storico.
Appare scandaloso che l’Italia, a causa dei continui tagli dei fondi alla cooperazione internazionale, sia scivolata all’ultimo posto nella classifica dei Paesi donatori in Europa e in Occidente. Altrettanto scandaloso è il modo in cui i pochi fondi disponibili vengono gestiti, la mancata cancellazione del debito dei Paesi impoveriti, l’adesione del governo italiano alla dottrina della guerra preventiva, la ripetuta violazione della Costituzione e del suo articolo 11, gli ostacoli frapposti alla costruzione di una politica europea di pace, il continuo aumento delle spese militari, il duro colpo inferto alla legge per il controllo del commercio delle armi, il grave atteggiamento assunto nei confronti dei rifugiati e degli immigrati.
Tutto ciò è ancora più insopportabile se si considera che la grande maggioranza degli italiani ha dato continua e chiara dimostrazione di avere tutt’altri principi e orientamenti sulla lotta alla miseria, sulla guerra, sulla cooperazione, la giustizia e la democrazia internazionale.

Un cambiamento radicale è necessario e urgente. Alcuni Paesi europei hanno già cambiato direzione. Perché non deve farlo l’Italia? Le conseguenze delle crescenti disuguaglianze e tensioni internazionali non risparmiano il nostro Paese. Quello che non investiamo oggi nella prevenzione e nella giustizia pagheremo cento volte in più domani per fronteggiare insicurezza e instabilità.

Per questo, domenica 11 settembre, alla vigilia del vertice delle Nazioni Unite, in occasione della Giornata Mondiale di Mobilitazione contro la Povertà, la Guerra e l’Unilateralismo lanciata dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, insieme a milioni di cittadini di tutto il mondo aderenti all’Appello Mondiale all’Azione contro la Povertà, noi marceremo da Perugia ad Assisi per chiedere, ancora una volta, al Governo, al Parlamento e a tutti i responsabili della politica italiana di:

– attuare, senza ulteriori scuse, gli impegni assunti per sradicare la povertà, costruire un’economia di giustizia e raggiungere, entro i tempi stabiliti, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, con politiche e misure sostenibili, coerenti, trasparenti e rispettose dei diritti umani che vedano il pieno coinvolgimento degli Enti Locali e della società civile;

– promuovere un commercio più equo, modificando radicalmente la politica europea dei sussidi per l’agricoltura, assicurando il diritto alla sovranità alimentare dei popoli, riconoscendo il legame tra produttori e territorio, assicurando ai produttori dei Paesi più poveri l’accesso ai nostri mercati, condividendo i frutti della conoscenza globale, promuovendo l’occupazione, i diritti fondamentali dei lavoratori, la difesa dell’ambiente e il trasferimento delle tecnologie sostenibili ai Paesi poveri;

– cancellare senza ulteriori inganni il debito estero dei Paesi impoveriti, applicando per intero la Legge 209 del 2000 e rivedere il sistema di concessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento;

– aumentare fino allo 0,7% del PIL le risorse destinate alla cooperazione internazionale, al netto delle operazioni di cancellazione del debito, fissando un piano pluriennale rapido, chiaro ed efficace, senza imporre ai Paesi beneficiari  di comprare il “made in Italy”;

– definire, insieme alla società civile e agli Enti Locali, una nuova legge per una seria politica italiana di cooperazione allo sviluppo efficace, partecipata e coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile democratico;

– ritirare le nostre Forze armate dall’Iraq e da tutte le missioni militari realizzate in violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione e della Carta dell’ONU, ridurre le spese militari e il commercio delle armi, promuovere il disarmo e la riconversione dell’industria bellica utilizzando le risorse economiche risparmiate nella lotta alla miseria e per il perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio;

– costruire un’Europa di pace, autonoma e indipendente, determinata a costruire un mondo più giusto, pacifico e democratico, decisa a combattere la povertà promuovendo un’economia di giustizia, a ripudiare la guerra e a contrastare ogni piano di “guerra infinita”, di “scontro di civiltà” o di terrorismo, per costruire nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Medio Oriente una comunità di pace, saldando il suo debito storico con l’Africa e i suoi popoli;

– salvare, democratizzare e rivitalizzare l’ONU, restituendogli la centralità che deve avere nel sistema multilaterale, promuovendo una Convenzione Universale sul futuro dell’ONU, aprendo le sue porte alla società civile organizzata, in tutte le sue diverse espressioni, agli Enti Locali e ai Parlamenti e assicurandogli i poteri e le risorse necessarie per: prevenire le guerre e risolvere pacificamente i conflitti aperti; difendere e promuovere tutti i diritti umani per tutti e dare efficacia alla giustizia penale internazionale; intervenire adeguatamente sui problemi dell’ambiente, dell’economia mondiale (beni pubblici globali, finanza, commercio, debito ecc.) e promuovere regole e istituzioni internazionali più giuste, democratiche e trasparenti; promuovere il disarmo generalizzato e la messa al bando di tutte le armi di distruzione di massa;

– promuovere il cambiamento radicale del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e delle altre istituzioni associate e il loro inserimento nel sistema delle Nazioni Unite, in modo da assicurare il rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale, dei principi e degli obiettivi dell’ONU;

– promuovere una più corretta e ampia informazione pubblica sui grandi problemi del nostro tempo e sulle possibili soluzioni, sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, per sviluppare l’educazione permanente alla pace e ai diritti umani, attivando in particolare le risorse, gli spazi e le competenze del servizio pubblico radiotelevisivo.

La Marcia Perugia-Assisi dell’11 settembre vuole ricordare ai governi e ai potenti della terra che la stagione delle promesse è finita. Questo è il tempo delle azioni. Non attuarle è da irresponsabili.
La Sesta Assemblea dell’ONU dei Popoli e la Seconda Assemblea dell’ONU dei Giovani, convocate rispettivamente a Perugia e a Terni dall’8 al 10 settembre prima della Marcia, contribuiranno a rafforzare l’impegno diretto della società civile e degli Enti Locali.
Non possiamo restare alla finestra.
Non possiamo evitare le nostre responsabilità.
Non ci possiamo permettere un altro fallimento.

Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell’impegno mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l’ONU. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

Perugia, 2 luglio 2005

Per adesioni e informazioni:
Tavola della Pace, Via della Viola, 1, 06100 Perugia
tel. 075 5736890, fax 075 5739337
11settembre@perlapace.it – www.tavoladellapace.it

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