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Nemmeno l’Europa è una terra felice

Rita Barbuto, responsabile dell'Ufficio di DPI in Europa Il Millennium Development Goals (MDGs) è un’iniziativa globale dell’ONU che vuole ridurre la povertà nel mondo. Ma che rapporto ha la disabilità con la povertà in Europa?
Il problema povertà non appartiene soltanto ai Paesi che vengono classificati in via di sviluppo, ma è una questione che riguarda tutto il mondo.
Le persone con disabilità sono i più poveri tra i poveri anche in Europa, dove vivono condizioni di forte discriminazione, il più delle volte multiple, e grandi violazioni dei loro diritti umani.
Si può dire, senza paura di essere smentiti, che nel nostro continente molte persone con disabilità vivano in condizione di esclusione e di disagio che le “impantana” in una sorta di povertà cronica. Il più delle volte il loro unico reddito, che proviene dalle istituzioni pubbliche, non è sufficiente a permettere loro di vivere dignitosamente. Il bisogno di aiuto per poter svolgere le attività della vita quotidiana è grande e quindi, anche quando lavorano, devono impiegare quasi tutte le entrate per pagare assistenti  personali, trasporto accessibile, prestazioni sanitarie e riabilitative e ogni altro servizio di cui hanno bisogno. Infatti, la comunità, la società e le istituzioni non predispongono servizi adeguati per poter soddisfare i loro bisogni particolari. Paradossalmente, in alcuni casi dove i servizi ci sono, si deve restare poveri per goderne!
La disabilità, inoltre, limita l’accesso all’istruzione e al lavoro, producendo così esclusione economica e sociale e le persone con disabilità povere – anche quelle che vivono in Europa – sono intrappolate in un circolo vizioso di povertà e disabilità, ognuna delle quali è causa e conseguenza dell’altra.   

Che rapporto c’è per le persone con disabilità e per le loro famiglie tra diritti umani e povertà?
La disabilità è una questione molto complessa e controversa. Infatti, sebbene essa sia la conseguenza di un danno fisico o intellettuale, comporta pure gravi implicazioni sociali. Inquadrandola poi all’interno del contesto dei diritti umani, spesso viene associata ad una condizione di esclusione sociale, aumentando in modo esponenziale la vulnerabilità e la povertà delle persone che la vivono.
La disabilità è la conseguenza della complessa interazione tra le limitazioni funzionali fisiche, psichiche e mentali e l’ambiente fisico e sociale. Abbraccia più dimensioni della persona ed è molto più di un problema di salute individuale o medico. Essa non riguarda il singolo individuo, ma la società nel suo complesso.
Secoli di segregazione e invisibilità, società e culture che non si sono assunte la responsabilità rispetto alle persone con disabilità hanno prodotto in queste ultime un impoverimento, inteso non solo come svantaggio economico, ma anche come limitazione dell’opportunità di partecipare alla vita della comunità alla pari con gli altri. I loro diritti sono stati negati, non essendo mai riconosciute prima come persone, né poi, di conseguenza, come cittadini.
Detto questo, bisogna soffermarsi sull’iniqua distribuzione delle risorse la quale significa calpestare la dignità e la libertà delle persone.
Particolare di foto con persona disabile in carrozzinaNel caso delle persone con disabilità (e delle loro famiglie), la situazione è ancora più grave perché venendo esse considerate pregiudizialmente come individui incapaci, non vengono messe in atto azioni e politiche, né vengono forniti loro gli strumenti necessari per affrancarsi dalla povertà e dall’isolamento che ne è la conseguenza.
Ogni giorno della vita di una persona con disabilità è segnato da gravi violazioni dei suoi diritti umani: non poter salire un mezzo pubblico di trasporto, non poter frequentare la scuola di tutti, non poter lavorare, non poter esprimere il proprio pensiero, ricevere informazioni inadeguate, non poter soddisfare bisogni e desideri, non poter essere curati adeguatamente e non poter accedere ai servizi di riabilitazione a causa delle propria disabilità…
Tutto ciò significa essere violentati e violati nella propria umanità, significa non attribuire valore e dignità alla persona, significa non riconoscerne i diritti umani.
Il risultato del ciclo povertà e disabilità è che le persone con disabilità sono discriminate e in alcuni casi, come ad esempio per le donne con disabilità,  queste discriminazioni sono multiple, determinate cioè sia dal genere che dalla disabilità.

Come si può combattere, quindi, la condizione di impoverimento sociale e individuale?
Il costo dell’esclusione delle persone con disabilità da una vita attiva all’interno della comunità è molto alto: sia per la persona che non  riconosce o perde fiducia e speranza nelle sue capacità e potenzialità di influenzare il corso della propria vita, sia per la società che perde la ricchezza come risultato della diversità.
Se partiamo da questo assunto, combattere l’impoverimento – inteso in senso lato e non solo economico – vuol dire non solo individuare strategie, politiche e azioni che migliorino le condizioni economiche delle comunità e dei singoli individui, ma significa anche attuare i giusti passi che consentano di avviare processi di emancipazione e di crescita individuale, sociale e culturale, liberando tutti noi da visioni negative che sono il risultato di pregiudizi.
Bisogna fare uno sforzo per liberarsi dal pensiero negativo che ha confuso “natura e cultura”. In altre parole, per spiegarmi meglio, la disabilità  o altre forme di diversità, quali la razza, il sesso e il genere sono storicamente oggetto di discriminazione a volte positiva il più delle volte negativa. Ogni volta che qualcuno non risponde ai canoni stabiliti viene escluso, perseguitato e si cerca di eliminarlo.
Questo però è un fatto culturale, non naturale, perché in natura tutto è diversità. E poiché la cultura è un prodotto dell’uomo, proprio l’uomo la può cambiare.
Combattere l’impoverimento vuol dire quindi sostenere l’individuo affinché si realizzi integralmente come persona. Disabled  Peoples’ International sostiene che non sono le persone con disabilità che devono adattarsi alla società, ma dev’essere quest’ultima a far loro spazio e a riconoscere i loro diritti.

Cosa fa esattamente DPI-Europa per ridurre la povertà delle persone con disabilità?
L’obiettivo di DPI Europa, organizzazione presente in 28 Paesi del nostro continente, è la tutela dei diritti umani delle persone con disabilità, la promozione del loro protagonismo, delle pari opportunità,  dell’inclusione e della loro partecipazione.
Come dicevo già prima, DPI Europa è un’organizzazione che ha al proprio interno non solo i Paesi appartenenti all’Unione Europea sostanzialmente ricchi, ma anche alcuni di quelli che vengono definiti in via di sviluppo.
Essere presente su un territorio cosi vasto e differente consente di avere una visione più ampia delle condizioni in cui vivono le persone con disabilità in Europa: tra i ricchi sono i meno ricchi, tra i poveri sono i più poveri e ovunque sono discriminati, esclusi, violati nei loro diritti umani.
La strategia di intervento adottata da DPI Europa è di lavorare per l’empowerment sia delle persone con disabilità che delle organizzazioni, poiché per arrivare all’affrancamento dalla condizione di povertà, bisogna offrire gli strumenti necessari per “acquisire potere”, non il potere inteso come dominio sull’altro, ma quello che consente ad ogni individuo di riconoscersi ed essere riconosciuto come persona con dignità, diritti e doveri.

Cosa si aspetta DPI dalla sua campagna di sensibilizzazione in occasione del Millennium Development Goals?
Questa campagna è indubbiamente una sorta di “finestra sul mondo”. DPI si aspetta che la voce delle persone con disabilità sia ascoltata e che si prenda consapevolezza che disabilità e povertà sono legate da un vincolo non inscindibile. 

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