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Rischio clinico e cittadini*

Due medici sullo sfondo, in primo piano la mano di un pazienteOrmai giornalmente i media propongono inchieste e interviste sui problemi che affliggono la Sanità italiana. Spesso gli intervistati sono politici o rappresentanti di istituzioni sanitarie e l’accento è immancabilmente posto sugli aspetti giuridici ed economici.
A nostro giudizio, la visione dei problemi che risulta da tali inchieste è molto parziale. Raramente, infatti, vengono affrontati quelli che a nostro avviso sono gli aspetti chiave della questione, ossia comprendere perché l’incidente si è verificato e come poteva essere evitato.
Da anni, inoltre, viene alimentata una guerra assurda tra medici e utenti – talvolta addirittura favorita anche da istituzioni sanitarie e associazioni di consumatori – che continuano a contrapporsi nelle aule dei tribunali o nei cosiddetti “tavoli di conciliazione”.
Si tratta di un problema senz’altro grave e complesso, ma affrontarlo esclusivamente da un punto di vista legale o risarcitorio non permette né di recuperare la fiducia dei utenti, né di garantire la buona professione medica.
Sulla base di una lunga esperienza e di quanto percepito nei rapporti con la Sanità regionale e nazionale, possiamo infatti affermare che gli eventi che arrecano danno alle persone sono quasi sempre ascrivibili a problemi organizzativi – anche se talvolta vi sono gravi negligenze da parte del personale – e a una normativa che scoraggia gli organi preposti ad intervenire con la necessaria efficacia.
Pertanto, se l’obiettivo primario è la tutela della salute delle persone e l’immagine del sistema sanitario e della categoria medica, la questione dev’essere affrontata e risolta assieme: medici e cittadini-utenti.
Occorre quindi ricercare e applicare strumenti che non si limitino a rilevare le responsabilità personali (come accade nei contenziosi), ma che rivolgano l’attenzione alle condizioni e all’ambiente di lavoro, permettendo di promuovere azioni atte a prevenire gli incidenti.
Richiamando la Carta della sicurezza nell’esercizio della pratica medica ed assistenziale, redatta dal Tribunale per i Diritti del Malato, da ANAAO-ASSOMED (Associazione Medici Dirigenti) e dalla FIMMG (Federazione Italiana Medici di Famiglia), auspichiamo pertanto un’alleanza tra cittadini-utenti e operatori sanitari per migliorare la sicurezza nell’esercizio attraverso un percorso di collaborazione culturale e operativa basato sui seguenti princìpi:
– Perché non accada ad altri: spostando cioè il concetto di riparazione del danno da una logica di tipo risarcitorio a una logica di assunzione di responsabilità, intesa non come colpa, ma come il fondamento stesso – psicologico ed etico – della professione, come obbligo a modificare contesto e azioni operative, al fine di incidere efficacemente sulle cause degli errori.
– No alla medicina difensiva, ossia senza alcuna rinuncia all’esercizio della pratica medica, coerentemente con quanto previsto dalle norme deontologiche.
– Imparare dagli errori, attraverso un profondo cambiamento culturale, che permetta di passare dalla “cospirazione del silenzio” e dal principio di autoreferenzialità, a princìpi come la disponibilità a mettersi in discussione, la collaborazione reciproca, la trasparenza, il dialogo costruttivo con il cittadino, la valorizzazione del personale sanitario, la ricerca dell’eccellenza nell’attività medica.

Fattori di rischio
Recentemente sono stati diffusi i seguenti dati:
– estrapolando all’Italia studi svolti negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia, risultano circa 300.000 all’anno le vittime di errori medici; di queste, circa 30-35.000 muoiono (circa 90 al giorno, ossia sei volte le vittime per incidenti stradali e più delle morti causate da molti tumori);
– 12.000 sono le cause pendenti nei tribunali contro i medici;
– 22.000 sono i sinistri assicurativi legati al rischio clinico;
– 10 miliardi di euro all’anno (ossia l’equivalente di una piccola manovra finanziaria del Governo) sono le spese sostenute per risarcimenti e cure sanitarie, a cui si devono aggiungere gli incalcolabili dolori e sofferenze delle persone colpite e delle loro famiglie.
Dall’analisi della letteratura scientifica e dalla nostra esperienza diretta risulta che possono essere individuate almeno quattro diverse tipologie di fattori di rischio clinico:
– Economico
– Organizzativo
– Normativo
– Culturale: etico e professionale
Qui di seguito verrà analizzata e discussa ciascuna di queste tipologie.

Fattori economici
La carenza di organico e di attrezzature adeguate è senz’altro una causa di rischio. Non desideriamo però soffermarci su questo aspetto, già ampiamente discusso sugli organi di informazione.
Desideriamo invece osservare che – come riportato in letteratura – la qualità delle prestazioni sanitarie non è di per sé garantita dal grado di sofisticazione tecnologica o dall’abbondanza delle risorse investite, quanto piuttosto dalle capacità organizzative e dai comportamenti professionali.
In altri termini, l’incidente può verificarsi per un problema di risorse, ma l’attenzione non dev’essere rivolta solo alla quantità di risorse, quanto piuttosto alla qualità e alla gestione delle stesse.
Occorre inoltre evidenziare come l’attivazione di un efficace sistema di gestione del rischio (risk management), ossia di un sistema razionale di azioni mirate alla riduzione degli errori, oltre ad un aumento della sicurezza, può produrre un considerevole risparmio economico.

Fattori organizzativi
La letteratura scientifica è concorde nell’evidenziare l’elevata ripetitività degli errori: si stima in tal senso che circa il 50% degli incidenti potrebbe essere prevenuto con adeguati sistemi di gestione dei rischi (si veda ad esempio il documento prodotto dalla “Commissione Tecnica sul Rischio Clinico” del Ministero della Salute).
È noto inoltre che l’errore del singolo operatore è fortemente condizionato dal contesto di lavoro e in particolare da aspetti di tipo procedurale e organizzativo.
Quando l’obiettivo è quello di garantire la sicurezza delle persone, è quindi necessario applicare strumenti che non si limitino a rilevare le responsabilità dell’operatore (ciò che – come già accennato – accade nei contenziosi), ma permettano invece l’identificazione e la comprensione di tutte le cause, così da poter successivamente sviluppare adeguate strategie di prevenzione.
Occorre ovviamente rilevare e contrastare con efficacia tutti i comportamenti negligenti, imprudenti o superficiali del personale, soprattutto quelli in cui è difficilmente ravvisabile la “buona fede” dell’operatore.
L’obiettivo da perseguire non dev’essere però la ricerca del colpevole – o il risarcimento del danno – quanto piuttosto la capacità di indirizzare correttamente i comportamenti professionali degli operatori.
Dobbiamo purtroppo constatare che non di rado l’organizzazione sanitaria è centrata più sulle esigenze della struttura che su quelle degli utenti.Due mani di operatore medico preaparano un'iniezione

Fattori normativi
In nessuno dei numerosi contenziosi a nostra conoscenza in cui sia stata accertata la responsabilità per i danni subiti dalle persone, le strutture sanitarie hanno intrapreso efficaci provvedimenti o azioni disciplinari. Continuano così a ripetersi situazioni del tutto analoghe a quelle che molti di noi hanno tragicamente vissuto.
Occorre perciò garantire l’assunzione di precise responsabilità: non si può permettere agli organi responsabili di evitare di accertare l’effettivo svolgimento degli eventi e di intraprendere tutte le doverose azioni organizzative e/o disciplinari atte a ridurre il rischio che un evento dannoso si ripeta.
Né tali organi possono nascondersi dietro l’eventuale mancanza di azione penale – come spesso accade – dato che quest’ultima è su un diverso livello e ha scopi differenti da quelli di garantire la qualità delle prestazioni e dei comportamenti professionali.
L’attuale situazione non garantisce neppure i professionisti, che si trovano ad operare nel costante timore che sia loro addossata l’intera responsabilità dell’incidente o di vedere la propria immagine professionale vilipesa con processi sommari condotti sugli organi di informazione.
Questo accade anche perché le attuali modalità di gestione degli eventi dannosi non distinguono tra incidenti causati dall’inerente fallibilità della natura umana e quelli – più rari ma presenti – dovuti a comportamenti gravemente e ripetutamente negligenti, imprudenti e poco onesti dell’operatore.

Fattori culturali: etica e professionalità
L’efficacia di un sistema di gestione del rischio clinico è strettamente legata alla capacità di far emergere tutte le situazioni che hanno causato (o potevano causare) danni alle persone; a questo fine risulta essenziale la segnalazione spontanea degli eventi avversi da parte degli operatori (incident reporting), un risultato, questo, che può essere ottenuto solo attraverso un radicale cambiamento culturale.
Occorre fare riferimento a una cultura in cui:
– L’etica della convinzione, basata su princìpi personali, venga sostituita dall’etica della responsabilità, che si basa sulla disponibilità a mettersi in discussione e valuta in modo preciso e attento le conseguenze delle proprie azioni.
– Gli incidenti diventino occasione di riflessione e di apprendimento: considerare gli eventi avversi in relazione alle cause che li hanno prodotti è una grande opportunità per affinare le capacità cliniche del personale e per migliorare i servizi, i supporti e gli ambienti di lavoro.
– L’approccio all’errore sia basato sui princìpi del miglioramento continuo dell’intera organizzazione, piuttosto che sull’identificazione e punizione del colpevole, anche se occorre far emergere e sanzionare comportamenti inutilmente rischiosi o poco onesti.

Anziché favorire questa impostazione, le attuali modalità di gestione degli eventi dannosi e dei contenziosi con gli utenti, oltre a pregiudicare i rapporti tra cittadini e istituzioni, promuovono la diffusione nelle istituzioni e tra il personale sanitario di:
– “cultura penalistica”: ogni comportamento non penalmente perseguibile è corretto;
– “cultura della de-responsabilizzazione”: le conseguenze degli “errori” sono risolti dall’assicurazione.
Un approccio alla cura che non distingue il piano penale da quello professionale e che arriva all’assurdo di dichiarare corretto ogni comportamento non penalmente perseguibile – come purtroppo non di rado succede – è estremamente pericoloso.

Conclusioni
Siamo fermamente convinti che per gestire in modo efficace la sicurezza nella pratica clinica si debba fare riferimento a un modello di sanità pubblica centrata sulle esigenze dei cittadini-utenti, attenta alle necessità degli operatori, della Struttura e dell’intero Sistema Sanitario e capace di attuare azioni di prevenzione e controllo efficaci, trasparenti e verificabili.
Occorre insomma superare le logiche “paternalistiche” e “autoreferenziali” ancora troppo diffuse negli ambienti medici e poco compatibili con un’etica basata su responsabilità a ogni livello del sistema.
Bisogna in particolare identificare, definire e applicare azioni, norme e modelli atti a:
– garantire l’assunzione di precisi impegni e responsabilità da parte di tutti gli attori del sistema: Stato, Regioni, Strutture e Operatori;
– prevenire, correggere ed evitare il ripetersi di disfunzioni organizzative e di comportamenti negligenti, imprudenti e poco onesti;
– favorire il cambiamento della cultura organizzativa e professionale, anche premiando l’applicazione di validi modelli per la gestione della sicurezza nella pratica clinica;
– promuovere una gestione dei contenziosi basata sulla ricerca di tutte le cause che hanno prodotto l’incidente;
– valorizzare infine la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, anche attraverso politiche di collaborazione, comunicazione e trasparenza.

*Relazione presentata con il titolo Criticità nella gestione dei fattori di rischio clinico: un’analisi basata sull’esperienza dei cittadini-utenti, al Convegno di Venezia del 24 novembre, La segnalazione volontaria degli eventi avversi, organizzato dall’Agenzia Regionale Socio Sanitaria del Veneto.

**La FISH è la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, l’ABC è l’Associazione Bambini Cerebrolesi. Per la FISH firma tale documento il presidente Pietro V. Barbieri, per l’ABC Federazione Italiana il presidente Dario Petri.

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– Joint Commission
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www.jcaho.org

– Agency
for Healthcare Research and Quality, Medical Errors and Patient Safety, http://www.ahrq.gov/qual/errorsix.htm

– FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)
Via Capponi, 178, 00179 Roma, tel. 06 78851262
fax 06 78140308,
presidenza@fishonlus.it
– ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) – Federazione Italiana
Via degli Orti, 22, 40137 Bologna, tel. e fax 051 442104
presidenza@associazioneabc.itwww.associazioneabc.it
– ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) Triveneto
Via Fratelli Rosselli, 3, 37138 Verona, tel. e fax 045 578270
info@abctriveneto.itwww.abctriveneto.it
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