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I diritti virtuali

Persona con disabilitàAncora pochi giorni e saremo chiamati, come cittadini, a compiere quello che da tutti viene definito come il principale atto della vita di una democrazia. Eleggere i propri rappresentanti al Parlamento. Certo, assistendo allo spettacolo che ci viene mostrato dai vari media quotidianamente, il momento perde molta, se non tutta, la sua solennità. Così è normale che fra i vari schiamazzi, insulti, sondaggi, minacce e smentite, sia passata quasi sotto silenzio un’importante novità. Importante almeno per qualcuno.

Ci riferiamo al fatto che, grazie ad un apposito provvedimento legislativo (la  Legge 22/2006), per la prima volta, dalle prossime consultazioni, sarà possibile esprimere il voto senza spostarsi dalla propria abitazione, anche per tutte quelle persone che per gravi motivi di salute non possono recarsi al seggio elettorale.
Va subito chiarito che il provvedimento si riferisce non alle persone con disabilità in genere, nemmeno a quelle allettate, ma a quelle che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali. Un provvedimento sacrosanto, niente da obiettare.

Sinceramente, però, devo confessare di essere rimasto stupito quando ho appreso la notizia. Stupito per il semplice fatto che ero convinto che una cosa del genere, in una democrazia moderna, come dovrebbe essere la nostra, fosse già stata presa in considerazione. Invece in tutti questi anni si è discusso del voto agli italiani all’estero, agli immigrati, si è concesso di votare alle persone ricoverate in ospedale attraverso appositi servizi, ma incredibilmente, a quanto pare, nessuno si era mai posto il problema di quelle persone che per vivere devono utilizzare una qualche sorta di apparecchio e che pertanto non possono uscire dalla propria abitazione.

Leggendo poi fra le righe del provvedimento, si capisce che la cosa non è così semplice come sembra. Occorre presentare al sindaco del Comune una dichiarazione dove si esprime la volontà (e la necessità) di votare presso la propria abitazione, allegare una copia della tessera elettorale e un certificato medico attestante la propria condizione. Una volta fatto tutto questo, si verrà inseriti in appositi elenchi che dovranno essere comunicati al presidente di ciascuna sezione elettorale; sarà cura poi dell’amministrazione comunale provvedere a pianificare il supporto tecnico e operativo per la raccolta del voto domiciliare.

Attraverso il particolare tam-tam del mondo della disabilità, giungono poi notizie ancora più inquietanti. Come sempre succede in questi casi, le comunicazioni arrivano tardive e così gli uffici competenti cascano dalle nuvole, non sanno quello che devono fare.
Ancora ci si chiede, giustamente, che bisogno ci sia di un’ulteriore certificazione quando la ASL conosce benissimo i nominativi e gli indirizzi delle persone, sue assistite, che dipendono da apparecchiature elettromedicali.
Allora il sospetto è che si tratti dell’ennesimo diritto virtuale concesso alle persone con disabilità. Un diritto di fatto inesigibile, fatto più per far vedere agli “altri”, quelli che non hanno il problema, che qualcosa comunque è stato fatto. Ed è inevitabile che il sospetto si allarghi ad altri provvedimenti e ad altre categorie.

Sarebbe troppo semplice arrivare a scaricarsi la coscienza dando genericamente la colpa alla burocrazia. Crediamo piuttosto che sia un problema culturale e di solidarietà. Quanti di noi infatti si soffermeranno a riflettere su questa cosa, che tutto sommato riguarda un numero esiguo di persone? Quanti di noi hanno tirato diritto, magari infastiditi, davanti a un presidio di persone che cercavano di difendere il loro posto di lavoro? Chi si è interrogato sul perché di quelle file lunghissime di immigrati extracomunitari che richiedevano il rinnovo del permesso di soggiorno?
Fin quando il problema, qualunque esso sia, sarà di “qualcun altro” difficilmente potrà essere risolto. Ma non preoccupiamoci, fra pochi mesi inizieranno i mondiali di calcio…

*Direttore editoriale di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
Testo pubblicato per gentile concessione di «DM».

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