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Marche: cambiate quella delibera!

Mano in primo pianoCon la Delibera Regionale n. 1168 del 16 ottobre 2006 (Criteri di compartecipazione alla spesa, tra gli enti e soggetti interessati, per la gestione di Comunità socio-educative-riabilitative residenziali per disabili gravi ad integrazione precedente deliberazione n. 406 del 10.4.2006 ed integrazione della medesima deliberazione n. 406/06), la Regione Marche, integrando la Delibera di Giunta Regionale 406/2006, ha individuato, per l’anno 2006, le Comunità socio-educative-riabilitative (CoSER) destinatarie del cofinanziamento regionale (50% Regione, 25% Zona Sanitaria, 25% Comune di residenza, dedotta la compartecipazione dell’utente).
La medesima delibera ha confermato anche il tetto massimo di 175.000 euro sul quale viene calcolato il contributo regionale del 50% sul costo retta (identificando quindi un costo retta giornaliero di circa 120 euro).

Fino all’emanazione di questa delibera ricevevano il finanziamento regionale del 50% solo le comunità (diventate ora CoSER, ai sensi della Legge Regionale 20/2002 e del Regolamento 1/2004) istituite ai sensi delle Leggi Nazionali 162/1998 e 388/2000. Le altre comunità presenti, o in via di attivazione, non potevano usufruire, quindi, del contributo regionale.
Considerato inoltre che la Regione non aveva definito i criteri di compartecipazione economica per la gestione delle CoSER – tra Comuni e Zone Sanitarie – ci si trovava in una situazione di difficoltà e impasse.
La definizione della compartecipazione alla spesa tra gli enti poteva derivare solo da un accordo tra le parti.

Come sopra indicato, quanto stabilito – seppure approvato a poco più di due mesi dalla fine dell’anno – vale per il 2006.
La delibera stabilisce inoltre che:
– le CoSER che potranno usufruire del cofinanziamento sono solo quelle indicate nella Delibera 406/2006 e nella presente. Altre strutture che dovessero istituirsi non potranno beneficiare del contributo regionale;
– si avvierà, entro l’anno 2008, un monitoraggio delle CoSER esistenti e la valutazione delle necessità del territorio regionale, per individuare l’effettiva esigenza di cofinanziare ulteriori nuove strutture.
Viene infine fornito il seguente dato: «Circa la mappatura effettuata dal Servizio, allo stato attuale, risulta che nell’intero territorio regionale sono attualmente funzionanti o in via di attivazione entro il 2006 n. 24 COSER di cui: 5 istituite ai sensi dell’art. 10 e 41 ter della legge n. 104/92, modificata con legge n. 162/98, n. 7 ai sensi dell’art. 81 della legge n. 388/2000 e n. 9, realizzate successivamente o comunque non in riferimento a specifica normativa. Considerato che l’attuale normativa regionale prevede che ciascuna COSER possa ospitare un massimo di 8/10 utenti ne deriva che complessivamente le 24 COSER una volta andate a regime saranno in grado di fornire risposta di residenzialità e di sollievo a circa 250 disabili gravi».

Niente interventi di sistema
La nuova delibera trova dunque la propria motivazione nella necessità di sanare un’evidente discriminazione tra identiche strutture funzionanti nel territorio regionale. Ma ancora una volta viene rimandata la definizione di aspetti essenziali per il sistema dei servizi – in questo caso residenziali – per persone con disabilità. A delibera approvata, infatti, restano ancora irrisolti i seguenti aspetti:

Persona con disabilità insieme ad assistentea) l’individuazione del fabbisogno di queste strutture: per altro varie comunità indicate tra quelle destinatarie del finanziamento non sono ancora attivate e difficilmente lo saranno entro il 2006.
Inoltre, non essendo stato indicato l’elenco completo delle CoSER finanziate, non è possibile sapere dove, in quale territorio esse siano collocate e dunque se in diversi ambiti sociali siano ancora assenti comunità residenziali, che comunque se realizzate, fino al 2008 non potranno ricevere contributi regionali.
Va segnalato ancora che la somma delle CoSER attivate o in via di attivazione secondo il dato regionale è di 21 (5+7+9) e non di 24, come recita il medesimo testo. A questo va aggiunto che le Linee Guida per la predisposizione dei Piani di Zona indicavano, per il triennio 2005-2007, la realizzazione di una CoSER ogni 40-50.000 abitanti per circa 350 posti in tutta la regione. Nel caso in cui, ora, un Ambito sprovvisto di comunità volesse adempiere a tale indicazione, con certezza, fino al 2008, esso non fruirebbe del contributo regionale.

b) la definizione del costo retta delle CoSER (così come della Comunità protetta) e delle quote di partecipazione di Comuni e Zone sanitarie. Infatti, è con la determinazione di questi provvedimenti di programmazione che si offrono ai territorio chiare indicazioni e riferimenti certi per la realizzazione del sistema di interventi e servizi locali. Continuare nel rinvio produce il solo effetto di rincorrere ciò che nel territorio si realizza.

Da un lato, dunque, si tratta ancora una volta di un’occasione perduta, dall’altro – nel tentativo di affrontare e risolvere diversi problemi con un provvedimento settoriale – si rischia di produrre ulteriore confusione.
Inoltre, aggiungendo tra le strutture destinatarie del finanziamento (CoSER) un istituto – ciò su cui ci soffermeremo in seguito – non solo si mina alla radice il modello comunitario della residenzialità per disabili avviato dalla regione alla fine degli anni Novanta e sostanzialmente confermato dal Regolamento 1/2004 e dalle modifiche della recente Deliberazione 31/2006, ma lo si scardina letteralmente.
Il concetto di “capacità recettiva” a salvaguardia del modello comunitario, per il quale in tanti ci siamo battuti nella predisposizione dei Regolamenti, in questo modo non esiste più.
Forse ora apparirà più chiaro, dunque, perché il CAT (Comitato Associazioni Tutela delle Marche) con insistenza abbia richiesto – nella predisposizione del Regolamento 1/2004 e nelle successive modifiche – che fosse inserita tra i requisiti la norma che vietava gli accorpamenti. In tal modo si cercava infatti di evitare – come ratificato da questa delibera – che un istituto diventasse una comunità.

Persona con disabilità al computerL’atto si segnala però per un altro aspetto negativo, riguardante l’interconnessione tra la richiesta di autorizzazione e l’effettivo funzionamento come CoSER. Appare evidente, infatti, che per essere in presenza di una CoSER (e ricevere il finanziamento) non basta certo che l’ente gestore faccia domanda di autorizzazione. Né basta il rispetto dei requisiti strutturali (peraltro i più impegnativi sono triennali o quinquennali); è bensì necessario che la tipologia di utenza sia quella della CoSER e che il percorso di ingresso avvenga secondo le indicazioni del Regolamento Regionale.
Dunque le comunità che la delibera indica come in via di attivazione, o anche quelle date per già attivate, hanno l’obbligo del rispetto di queste indicazioni. In tal senso la situazione più eclatante è quella dell’Istituto Divina Provvidenza di Loreto. Ma può non essere la sola.

Il caso di Loreto
Entrando nel dettaglio del caso riguardante l’assimilazione dell’Istituto Divina Provvidenza di Loreto tra le CoSER, con acquisizione quindi del contributo regionale, vale la pena di spiegare ancora una volta [anche il nostro sito ha dato spazio specifico a questa vicenda, N.d.R.] perché questo sia un grave errore, per varie ragioni.
Innanzitutto non siamo in presenza di una CoSER (e non sembrerebbe esserlo, nemmeno per la stessa Delibera 1168, che conteggia le 24 CoSER – o 21? – non inserendo le 5 – si fa fatica anche a scriverlo – della Divina Provvidenza; la stessa cosa avviene anche nel conteggio, a regime, degli utenti delle CoSER). E un errore ancora più grande sarebbe autorizzare la struttura di Loreto come CoSER (sarebbero in realtà 5). Infatti, essa non è tale perché:
1) è una struttura di 52 persone;
2) non ha nulla in comune con il modello di comunità disegnato dal Regolamento 1/2004;
3) ospita utenti diversi da quelli di una CoSER;
4) gli operatori sono per la maggioranza suore dell’Istituto (ciò determina il così basso costo retta);
5) ha una gestione del tutto privata nel rapporto con gli enti. Per qualcuno paga l’ASUR [Azienda Sanitaria Unica Regionale, N.d.R.], per qualcuno paga il Comune, per qualcuno pagano entrambi, per qualcuno, infine, solo l’utente.
Infine, rispetto al finanziamento delle altre CoSER, il contributo regionale (21 euro per utente) in questo caso non va a ridurre le rette degli enti (come nelle altre), ma è aggiuntivo alla retta praticata.

Cosa va cambiato
Come prima cosa appare dunque necessario stralciare la situazione dell’Istituto Divina Provvidenza. Esso infatti, come più volte ribadito, non è e non può essere inserito tra le CoSER.
Bisogna poi verificare se – sia per la Divina provvidenza che per le altre CoSER – ci sia rispondenza riguardo all’utenza ospitata e al rispetto del percorso di ingresso: a questo proposito segnaliamo anche che l’articolo 5 della Deliberazione 31/2006, di modifica del Regolamento 1/2004, stabilisce che le CoSER, le Comunità protette, i Centri socio educativi riabilitativi che «accolgono utenza diversa o in numero superiore a quanto previsto dall’allegato A possono essere autorizzate ad esercitare l’attività anche in deroga alla tipologia di utenza e alla capacità recettiva prevista in tali strutture ed alla articolazione in nuclei». Si specifica inoltre che l’autorizzazione è subordinata alla prescrizione che le strutture presentino programma di adeguamento concordato con i servizi sociali territoriali e redatto secondo gli indirizzi e i termini stabiliti dalla Giunta.
Bisognerà ora vedere come la Regione intenderà utilizzare questo strumento. Se nella direzione di un accompagnamento verso il passaggio alle indicazioni contenute nel Regolamento 1/2004 o nel mantenimento di situazioni “atipiche”.
Inoltre il rinvio all’emanazione di indirizzi regionali – senza fissare una scadenza – non può che preoccupare.

In secondo luogo, sembra del tutto urgente che si definiscano gli atti sopra indicati (definizione del costo retta e della compartecipazione tra gli enti; definizione del fabbisogno di comunità) senza ulteriori rinvii. Ciò per altro deve valere anche per le residenze protette e per i Centri socio educativi riabilitativi (CSER).
In particolare va ricordato che questi ultimi, normati dal Regolamento 1/2004, sono finanziati con un contributo ai Comuni attraverso la Legge Regionale 18/1996 [Promozione e coordinamento delle politiche di intervento in favore delle persone handicappata, N.d.R.]. E come è risaputo, molti di essi operano non in conformità con le indicazioni regionali, riguardo alle figure professionali, all’utenza accolta, alla capacità recettiva, ai periodi di apertura del Servizio.
Una volta definito costo retta e quote a carico degli enti, saranno gli stessi, come per altri interventi e servizi, a ricevere la quota regionale di finanziamento, mettendo così fine alla fase sperimentale, con la Regione direttamente impegnata nella contribuzione, iniziata con l’avvio delle prime comunità.

In conclusione, augurandoci una rapida modifica della Delibera 1168, secondo le indicazioni fornite, auspichiamo vivamente che si vogliano adottare provvedimenti che regolamentino il sistema in maniera complessiva.
Continuare infatti con norme come quella di cui ci siamo occupati, a nostro parere crea molti più problemi di quelli che si intende risolvere.

*Gruppo Solidarietà, componente del CAT (Comitato Associazioni Tutela) delle Marche.

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