Sono dell’International Disability Caucus (IDC) – che ha rappresentato all’ONU 600 milioni di persone con disabilità nel mondo – le prime parole che abbiamo potuto leggere sull’adozione ufficiale della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, avvenuta lo scorso 13 dicembre al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite nel corso dell’Assemblea Generale.
«Si tratta di un documento che rappresenta un punto di svolta – hanno dichiarato i rappresentanti del Caucus – in quanto è il primo strumento legale internazionale dedicato ai diritti delle persone con disabilità. Esso riempirà un vuoto nella legislazione sui diritti umani e, una volta entrato in vigore, farà in modo che diventi illegale discriminare e relegare ai margini della società le persone con disabilità». Garantendo, tra le altre cose, il loro diritto alla vita, alla protezione legale, al controllo dei propri interessi finanziari e alla privacy.
«Il segno di demarcazione determinato dall’adozione della Convenzione – continua il commento dell’IDC – permetterà di passare a una visione delle persone con disabilità che le vuole reali detentrici di diritti umani, e che vuole la disabilità parte della diversità umana. Inoltre, ciò che abbiamo dimostrato nel corso di questi anni di lavoro è che il contributo alla Convezione dato dalla società civile è stato determinante e che, in ultima analisi, solo con la cooperazione tra questa e i governi si possono ottenere dei cambiamenti profondi, in grado di migliorare concretamente la qualità della vita delle persone».
Le molte dichiarazioni e i comunicati diffusi dopo l’evento di New York trasmettono da un lato la profonda convinzione che si stia scrivendo un momento di storia dei diritti umani, dall’altro la consapevolezza – unita al desiderio e all’urgenza – che d’ora in poi le cose per le persone con disabilità non potranno non cambiare. «L’adozione del testo è stata seguita da un lungo applauso – hanno dichiarato alcuni rappresentanti di DPI (Disabled Peoples’ International) da New York – e da un grande apprezzamento per quanto realizzato e per il lavoro svolto da Don MacKay e Luis Gallegos, i due ambasciatori che si sono succeduti alla guida del Comitato Ad Hoc nel corso dei cinque anni di lavoro. D’altro canto, come è stato sottolineato anche da altre delegazioni presenti all’Assemblea Generale, il lavoro più importante inizia proprio adesso».
«Sarebbe una farsa, ora, se le persone con disabilità si trovassero ancora alla fine della coda per ricevere l’attenzione dei propri governi», ha dichiarato dal canto suo lo stesso MacKay, mentre il vicesegretario generale dell’ONU, Marc Malloch Brown, consegnando ai presenti il 13 dicembre un messaggio di Kofi Annan, oggi ex segretario generale, ha accolto la Convenzione come «un documento lungimirante, che segna l’alba di una nuova era in cui le persone con disabilità non dovranno più sopportare nei loro confronti le pratiche e gli atteggiamenti discriminatori che si è lasciato prevalessero troppo a lungo».
Oltre alle reazioni di associazioni, organizzazioni e addetti ai lavori, anche la copertura mediatica dell’evento è stata eccezionale.
Quasi ovunque nel mondo, infatti, quotidiani, agenzie, televisioni e radio hanno dato il benvenuto con entusiasmo al primo trattato sui diritti umani del ventunesimo secolo, riconoscendo allo stesso e ai suoi artefici la giusta considerazione. Solo per citarne alcuni, il «Los Angeles Times», l’«Associated Press», la «CBS», «Fox News», «The Guardian», «El Mundo», il «Washington Post», «Le Temps» e l’agenzia di informazione «Prensa Latina» non hanno mancato di segnalare la notizia attraverso i loro canali.
Quasi ovunque, ma non nel nostro Paese, del quale non abbiamo citato reti televisive o testate, non certo per scarsa considerazione, ma perché non è stato possibile rilevarne alcuna che abbia ritenuto importante – né subito né nei giorni seguenti – dare risalto all’evento.
E così com’era successo il 25 agosto, quando era stato approvato alle Nazioni Unite il testo della Convenzione, allo stesso modo nemmeno l’ultimo atto di questo importante percorso è riuscito ad avere – agli occhi dell’informazione italiana – il valore e la dignità di tante notizie che leggiamo sui giornali o sentiamo ai telegiornali, ma che difficilmente possono ambire a rientrare in una categoria superiore a quella del gossip…
Alla luce quindi di tanta risonanza a livello internazionale, suona ancor più stonata, ma quanto meno fuori dal coro, la voce arrivata nei giorni scorsi dalla Santa Sede, la quale «non ha firmato la Convenzione – di cui condivide, ovviamente, l’obiettivo di assicurare la completa integrazione alle persone disabili nella società – a causa dell’articolo 25, quello sulla salute, e in particolare per il riferimento in esso contenuto alla salute sessuale e riproduttiva, che impedisce al Vaticano di sottoscrivere la Convenzione». Con queste parole, infatti, Celestino Migliore, arcivescovo e osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, ha spiegato tale posizione, aggiungendo che «la Santa Sede si oppone all’inclusione di questa espressione perché in molti Paesi i servizi per la salute riproduttiva comprendono l’aborto, negando dunque il diritto alla vita di ogni essere umano. Perciò, nonostante gli utili articoli che la Convenzione contiene, la Santa Sede non sarà in grado di firmarla».
L’invito più pressante che giunge oggi dall’International Disability Caucus, appoggiato anche da moltissimi rappresentanti politici del nostro Paese e da tutti coloro che nel corso di questi cinque anni hanno lavorato per la Convenzione, è rivolto ai governi, perché provvedano rapidamente alla sua ratifica, per garantire «che passo dopo passo le persone con disabilità arrivino ad essere trattate in modo equo, con pari opportunità, in tutti gli ambiti della società».
«L’auspicio di tutti noi – hanno aggiunto i rappresentati di DPI – è che le persone con disabilità nel mondo incoraggino i propri Paesi a partecipare alla cerimonia per la sottoscrizione che si terrà all’ONU il 30 marzo del 2007 e che i governi di quei Paesi implementino rapidamente la convenzione in stretta collaborazione con le persone con disabilità».
Dal canto suo il Caucus, dando ulteriore testimonianza del proprio infaticabile impegno, ha voluto anche ricordare all’ONU che «è altrettanto importante, in questa fase, che le Nazioni Unite estendano il mandato al Fondo che sostiene le persone con disabilità e le loro organizzazioni nei Paesi in via di sviluppo, e che gli Stati Membri rafforzino la cooperazione internazionale come modalità di scambio di buone pratiche a supporto di una completa inclusione sociale».