Interviene la Corte di Cassazione (Terza Sezione Civile) – con un pronunciamento destinato a far discutere – nell’attuale «vivace dibattito sul tema drammatico della morte», stabilendo che anche quando il paziente rifiuti le cure, «il medico può andare avanti, se il quadro clinico è talmente cambiato da rappresentare “un imminente pericolo di vita” per il paziente stesso».
Nella fattispecie, i supremi giudici si sono espressi in questi termini affrontando il caso di T.S., testimone di Geova di Trento, che nel 1990, dopo aver subito un grave incidente stradale in seguito al quale aveva riportato traumi multipli e conseguente grave emorragia, era stato ricoverato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Chiara e trasferito nel reparto di rianimazione.
Nel corso di un successivo intervento chirurgico, si legge nelle motivazioni della Sentenza n. 4211, il paziente «veniva sottoposto a trasfusione sanguigna, nonostante avesse dichiarato che, in ossequio al proprio credo religioso, non voleva gli venisse praticato tale trattamento». Da qui la richiesta, per altro rifiutata anche dalla Cassazione oltre che dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Trento, di risarcimento dei danni morali patiti per essere stato costretto a subire la trasfusione rifiutata.
Per l’occasione, la Corte ha voluto evidenziare che anche «nei vari disegni di legge sul “testamento biologico” contenente le direttive anticipate di una persona sana sulle terapie consentite in caso si trovi in stato di incoscienza, spesso è previsto che tali prescrizioni non siano vincolanti per il medico, il quale può decidere di non rispettarle motivando le sue ragioni nella cartella clinica».
Una sentenza, come dicevamo, destinata sicuramente a far discutere. Tanto ad esempio da far dire all’ADUC (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) che essa «rappresenta uno dei più efficaci attacchi alla libertà terapeutica e alla libertà individuale, principi protetti dalla Costituzione (articoli 13 e 32)».
«La Cassazione, del resto – conclude la nota dell’ADUC – non è nuova a sentenze che affermano il principio paternalistico e autoritario secondo cui lo Stato ha la capacità di interpretare la volontà dei suoi cittadini meglio dei cittadini stessi».
(S.B.)