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Non più accettabili le discriminazioni sull’epilessia

Tullio Cicalese, «Ignoranza virtuale», 1999Le dichiarazioni di Isabella De Martini, docente di psicologia clinica alla Facoltà di Medicina dell’Università di Genova e specialista in neurologia in Italia e negli Stati Uniti, riportate dalla stampa e riguardanti il noto caso di Cogne, ripropongono ancora una volta il devastante assioma tra epilessia e capacità criminogena.
Coniugare infatti la capacità omicida alla generalità di una condizione patologica, pur definita rara, ma afferente ad una vasta parte della popolazione, oltre che essere un fatto avverso alla cultura giuridica del nostro Paese, rappresenta una conseguente inaccettabile fonte di discriminazione che ricade oggettivamente e si riverbera in maniera appunto devastante sul quel fenomeno di “patologia sociale” che è l’epilessia (così come definita dal Decreto Ministeriale 249/65), il quale interessa oltre 350.000 persone e le relative famiglie.

«Quella donna può soffrire di una forma rara di epilessia temporale e, nei momenti di crisi, si possono compiere anche azioni violente che poi non si ricordano assolutamente»: questa dichiarazione della dottoressa De Martini, riportata dagli organi di informazione del 31 marzo, contrasta con la quotidianità vissuta dalle famiglie che afferiscono all’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) e con le dichiarazioni della comunità scientifica.
Infatti, la ricerca di singole responsabilità penali non può criminalizzare un quadro patologico. Invitiamo dunque la dottoressa De Martini a chiarirci, anche in relazione alle relative conseguenze giuridiche, quale sia la specifica sindrome epilettica criminogena e al tempo stesso invitiamo tutti alla massima attenzione e tutela della dignità delle persone affette da epilessia e dei loro familiari che ancor oggi subiscono gravi danni da certi persistenti preconcetti.

*Presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia).

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