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L’organizzazione sanitaria e il divario tra le regioni italiane

Secondo una serie di dati presentati durante la dodicesima Conferenza Annuale dell’AIES (Associazione Italiana di Economia Sanitaria), è la Toscana la regione italiana con la migliore organizzazione sanitaria, a capo di un gruppo del quale fanno parte anche la Lombardia, l’Umbria, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia. Tra le “peggiori”, invece, Puglia, Campania, Sardegna, Calabria e Sicilia.

Immagine che simboleggia la sanitàIn generale è un divario profondo, quello registrato tra le Regioni del Centro-Nord e quelle del Sud (tra queste, compreso il Lazio), nonostante tutte (tranne Puglia, Basilicata e Calabria) abbiano una spesa uguale o superiore a quella della media nazionale.
Dallo studio dell’AIES emerge anche che la Lombardia viene collocata al primo posto per l’economicità della gestione aziendale, la Provincia Autonoma di Bolzano per l’efficienza ospedaliera, l’Umbria per la qualità dei servizi e il Veneto per i risultati di salute.
Altre invece risultano tra le peggiori in graduatoria e in più di un’area, come la Sardegna (economicità ed efficienza), la Calabria (qualità e appropriatezza) e la Sicilia (equità ed esiti di salute).
La ricerca ha evidenziato infine come la Toscana, il Veneto e l’Emilia Romagna siano passate «da una gestione basata sull’imposizione di direttive dall’alto, alla condivisione degli obiettivi tra gli attori del sistema», mentre al Sud «prevale ancora il modello burocratico tradizionale».

In Italia la spesa sanitaria – che ha un valore complessivo pari a 133,2 miliardi di euro – genera oltre 3 milioni di posti di lavoro, il 12,4% del totale dei lavoratori: per ogni milione di euro di spesa complessiva (comprendendo Pubblica Amministrazione, famiglie e investimenti del settore sanità), si creano dunque 23 posti di lavoro. Tali dati sono stati confrontati dall’AIES con l’attivazione occupazionale della spesa in altri settori, come il tessile e l’abbigliamento (18 posti di lavoro per milione di spesa), i mezzi di trasporto (7 posti) e la meccanica (14 posti).
E ancora, la spesa sanitaria è formata – come già accennato – da uscite della Pubblica Amministrazione, delle famiglie e da investimenti. Di queste tre, la maggior incidenza è quella della spesa pubblica sanitaria, con un valore di quasi 100 miliardi di euro (su 133,2), che rappresenta circa un terzo di tutta la spesa pubblica italiana.
Il PIL (Prodotto Interno Lordo) [il valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un Paese, N.d.R.] attivato in Italia per la spesa sanitaria è di 172,7 miliardi di euro (11,7% del totale). In media questa attivazione ha un’incidenza sullo stesso PIL maggiore nelle regioni meridionali che in quelle settentrionali, per il più ampio peso che il settore sanità ha nelle prime rispetto alle altre.
Infine le importazioni complessivamente attivate dalla spesa sanitaria sono 36,6 miliardi di euro (il 9% delle importazioni italiane).

Un altro dato interessante – sempre guardando alle forti diversità registrate tra le Regioni – è quello della tariffa riconosciuta agli ospedali pubblici e privati accreditati per le medesime prestazioni, risultante dall’analisi di alcuni indicatori i quali evidenziano appunto un utilizzo del sistema tariffario molto differenziato, da parte dei vari Servizi Sanitari Regionali.

Da segnalare infine gli strumenti in base ai quali l’AIES è arrivata alla graduatoria presentata all’inizio, ovvero una concisa valutazione delle varie dimensioni di risultato: la gestione economica, gli indicatori di processo (qualità, efficacia e appropriatezza) e il risultato finale (salute ed equità).
Tramite ciò e attraverso la media degli indicatori regionali, si ottiene un indice globale di performance, che è appunto 0,78 per la Toscana, in testa alla graduatoria, 0,33 per la Sicilia, in fondo ad essa.
(F.D.)

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