Qualche settimana fa la rivista «L’espresso» (n. 3, anno 2008) ha dedicato un ampio servizio alle frodi sociali, intitolato I furbetti della porta accanto, firmato da Paolo Biondani e recante l’illuminante sottotitolo Falsi invalidi, malati immaginari, morti con la pensione… [il testo integrale dell’articolo è disponibile cliccando qui, N.d.R.]
È utile che un settimanale del calibro e della diffusione dell’«Espresso» si soffermi su questi temi, anche se – forse – sarebbe utile anche illuminare i Lettori su altri “contraltari”: le complicazioni burocratiche per ottenere il riconoscimento di invalido civile, i 240 euro di pensione all’invalido totale… o i contributi per l’eliminazione delle barriere non più previsti dall’ultima Finanziaria… o ancora l’irrisorio Fondo per le Non Autosufficienze…
Ma c’è un passaggio che lascia quanto mai perplessi. Leggiamolo assieme: «Ci sono anche abusi commessi sulla base di reali invalidità. Una legge di fine anni ’90 garantisce l’abbattimento dell’IVA (dal 20 al 4 per cento) per l’acquisto di auto adattate ai disabili. Una modifica successiva ha esteso il beneficio ai mezzi di trasporto (senza modifiche) per gli invalidi psichici. Risultato: centinaia di disabili sono diventati d’incanto titolari di interi garage familiari. E in qualche caso la famiglia è molto allargata: a Bologna è stato scoperto un invalido con dieci targhe. Utilitarie, berline, fuoristrada e moto, tutte intestate al parente in carrozzella. Secondo l’Agenzia delle Entrate, solo questo trucchetto dell’IVA scontata ci costa più di 200 milioni di euro l’anno».
Soprassediamo sulla semplificazione “storica” dell’articolista rispetto all’evoluzione normativa. Probabilmente solo per motivi di spazio non ha precisato che quei benefìci fiscali spettano anche ai non vedenti e ai sordomuti. Verosimilmente per la stessa ragione non ha precisato che l’IVA agevolata spetta solo una volta ogni quattro anni, come pure la detrazione del 19% della spesa e che per ottenere quei benefìci è necessario presentare una sfilza di certificati e dichiarazioni.
Lo spazio e il tempo sono tiranni, ma i dati citati meritavano un approfondimento – vista la cifra – anche se fosse davvero l’Agenzia delle Entrate a sostenerli. Dunque, 200 milioni di euro di evasione «solo con questo trucchetto dell’IVA» significa che quella cifra è stata raggiunta perché un certo numero di persone ha pagato l’IVA al 4% anziché al 20%.
Noi due conti li abbiamo fatti. Calcolando un costo medio per auto di 18.000 euro (IVA al 20% inclusa), per raggiungere i 200 milioni di euro di evasione significa che 70.000 veicoli l’anno sono stati venduti senza che ci fosse diritto alle agevolazioni.
Ma anche se si conteggiasse oltre all’IVA anche l’elusione IRPEF, i veicoli necessari per raggiungere l’evasione indicata dall’Agenzia delle Entrate sarebbero pur sempre 40.000.
I dati non tornano, però! Nel 2006, infatti, la rivista «Mobilità» ha condotto un’approfondita indagine sulle agevolazioni riconosciute da tutte le case automobilistiche presenti in Italia. La somma totale dei veicoli venduti con IVA agevolata raggiunge a malapena i 25.000 l’anno.
Anche se, per assurdo, quei veicoli avessero goduto tutti impropriamente dei benefici fiscali, i conti dunque non tornano.
A questo punto ci sono solo punti interrogativi. Quei dati se li è inventati l’articolista (di solito molto attento) oppure li ha davvero diffusi l’Agenzia delle Entrate? Perché diffondere dati privi di fondamento? A chi conviene? Se davvero il fenomeno è così grave perché l’Agenzia non interviene contestualmente alla Guardia di Finanza?
Abbiamo denunciato e segnalato in più occasioni come, nell’ambito delle agevolazioni sui veicoli e non solo, ci siano degli abusi, pur non delle dimensioni esposte nell’articolo dell’«Espresso», ma altrettanto odiosi e deleteri per le persone con disabilità.
È un fenomeno che si argina con altri strumenti, primo fra tutti la semplificazione di una normativa frutto di successive incrostazioni nei cui interstizi alligna la furberia.
Furberia di pochi “disabili”, o “figli e nipoti di disabili”, ma anche furberia di pochi concessionari che pur di vendere un’auto applicano la norma nel modo più scorretto alla faccia dell’erario e dei propri colleghi più corretti e scrupolosi.
Ma la furberia si nutre anche di certificati di invalidità e di handicap imprecisi, incomprensibili, non adeguati a far comprendere se la persona abbia diritto o meno alle agevolazioni fiscali.
Regioni e Ministero della Salute non hanno ancora saputo proporre un modello di certificazione di handicap e invalidità omogeneo su tutto il territorio nazionale e soprattutto corrispondente a ciò che lo stesso Legislatore richiede. Alla faccia della semplificazione, ma con buona pace del federalismo.
E così, mentre il concessionario scrupoloso si danna per comprendere se il cliente è in possesso dei requisiti per ottenere l’agevolazione, quello furbo passa oltre e applica l’IVA agevolata.
A chi conviene tutto ciò? Senz’altro non ai disabili veri.