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La stretta via che porta all’adozione

Adulto solleva un bimbo. Sullo sfondo il soleImpossibile? No. Molto difficile? Sì, senza dubbio. Ci sono rari casi di coppie, nelle quali uno dei due partner è affetto da sclerosi multipla**, che nonostante questo sono riuscite ad adottare un bambino e coronare il legittimo sogno di diventare genitori. Perché, diciamolo subito, la malattia non può essere ostacolo o motivo di discriminazione: né riguardo alle adozioni nazionali, né riguardo a quelle internazionali.
Nulla del genere è previsto infatti dalle principali normative italiane in materia: la Legge 149/01, che regola le adozioni di minori italiani e la 476/98, che ratifica la Convenzione Internazionale dell’Aja sulle adozioni di bambini stranieri. Detto questo, però, il cammino è arduo e il sentiero molto stretto. Per tutti, non solo per le persone con sclerosi multipla, esistono diverse barriere «di fatto» sulla strada dell’adozione.
E anche giustamente, a volte, considerando il punto di vista della massima tutela del minore. Lo abbiamo constatato nel corso di questa inchiesta, che nasce da alcune richieste di approfondimento sul tema arrivate al Numero Verde dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla). Interpellando i diversi «attori» in gioco, soprattutto nel caso di un’adozione internazionale (Tribunali per i Minorenni, servizi territoriali degli Enti Locali, enti «mediatori» nei confronti dei Paesi stranieri, autorizzati dalla CAI – Commissione Adozioni Internazionali della Presidenza del Consiglio), emergono con chiarezza alcuni punti chiave:

1.
L’adozione non sancisce il diritto di una coppia ad avere un figlio, ma innanzitutto il diritto di ogni bambino in difficoltà a trovare una famiglia che lo accolga. Tanto che non si presenta, tecnicamente, una «domanda di adozione», ma si può solo esprimere una «disponibilità ad adottare».
2. I Paesi stranieri in generale, anche quelli del cosiddetto «Sud del mondo», stanno diventando via via molto più esigenti e restrittivi nei requisiti richiesti agli aspiranti genitori. Gli enti autorizzati lo confermano: meglio non illudersi che esistano «isole felici» e Paesi più «tolleranti», dove è più facile adottare legalmente un bambino. Ogni caso fa storia a sé.
3. Per una coppia nella quale uno dei coniugi abbia la sclerosi multipla, ottenere l’idoneità all’adozione è possibile. Il giudizio di idoneità emesso dal Tribunale dei Minori – necessario se si vuole adottare un bambino all’estero – tiene conto di molteplici fattori: lo stato di salute della coppia viene certo tenuto in considerazione (così come l’età, le condizioni economiche e altri criteri), ma la presenza della malattia non preclude di per sé l’adozione. Anche perché oggi, grazie ai progressi della ricerca scientifica e delle terapie, accade più spesso che una malattia come la sclerosi multipla sia «sotto controllo» e non comporti una situazione di disabilità tale da rendere una persona inadeguata in pratica ad essere genitore.
Bimba con la madre in carrozzina «In genere – fa notare Antonella Borgese, assistente sociale del Numero Verde AISM – viene richiesto ad entrambi i coniugi un certificato di sana e robusta costituzione, che purtroppo non può essere rilasciato a persone con sclerosi multipla. Al suo posto, però, si può provare a presentare al giudice un certificato del neurologo curante che attesti un esito benigno della malattia, tale da far supporre un buono stato di salute e una buona qualità di vita per il futuro prossimo».
4. Anche una volta ottenuta l’idoneità, però, la meta resta ancora lontana. In Italia sono molto pochi, rispetto al gran numero di richieste, i bambini che possono essere adottati. La proporzione, è stato calcolato, è di un minore «disponibile» ogni 15 domande di coppie. Se si va all’estero, poi, si procede attraverso la mediazione di uno dei 72 enti e associazioni autorizzati dalla Commissione Adozioni Internazionali, che operano in 84 Paesi di tutto il mondo: bisogna confrontarsi con una gran varietà di legislazioni, di requisiti e certificati richiesti ai futuri genitori, a tutela di minori che spesso hanno già molto sofferto, nella loro breve vita, e hanno bisogno di padri e madri adottive che dimostrino di potersi fare carico del loro benessere e del loro inserimento in un nuovo contesto del tutto diverso da quello di provenienza.

«Si parte dall’interesse del minore – riassume Maurizio Millo, magistrato di lunga esperienza, oggi presidente del Tribunale dei Minorenni dell’Emilia Romagna – e nelle nostre valutazioni le esigenze del bambino sono sempre in primo piano. Non esiste, non dimentichiamolo, un “diritto” ad adottare un figlio. Se nella coppia lui o lei sono affetti da sclerosi multipla? La malattia non è di per sé criterio di esclusione dall’idoneità. Ma certo, noi tendiamo a pensare che sia interesse del minore avere genitori adottivi mediamente in buona salute. Anche se, ovviamente, non si può ipotecare il futuro. Ma il vero problema è un altro: la grande massa di persone che chiedono di poter adottare. Solo in Emilia Romagna, in questo momento, abbiamo 2.500 coppie disponibili e già dichiarate idonee. Ultimamente le domande sono circa 700 all’anno, e restano valide per tre anni. In questa situazione, di fatto, diventa assai improbabile per una coppia con sclerosi multipla portare a compimento con successo un’adozione».
Di fronte ad un’ampia opportunità di scelta, insomma, si tendono a privilegiare le coppie che presentano il minor numero di problemi possibile.

«Se le domande fossero poche – suggerisce il giudice – sarebbe in teoria più facile per il Tribunale appellarsi ad altre risorse oltre alla salute: risorse che comunque valgono in assoluto, quali le capacità educative e intellettuali dei genitori, la solidità dell’ambiente familiare e così via».
Questo in Italia: e all’estero? «I Paesi stranieri – sottolinea Millo – tendono nella maggioranza dei casi ad essere molto più rigidi di noi». Un’impressione, questa, confermata dalle associazioni accreditate che operano sul campo.
Le adozioni internazionali da parte di coppie italiane sono in forte aumento: da 346 nel 2000, sono passate alla cifra record di 3.420 bambini stranieri che hanno trovato casa in Italia nel 2007. Ma questo non significa che adottare all’estero sia diventato «facile». Né che alcune nazioni abbiano la “manica più larga”, per così dire, in materia di concessione di adozioni.

Bambini provenienti da vari Paesi del mondoDall’Ai.Bi. (Amici dei Bambini), organizzazione che opera in più di venti Paesi dal Centro al Sud America, dal Nordafrica all’Asia all’est Europa, ci fanno sapere che «quasi tutti richiedono certificati di idoneità fisica all’adozione, e negli ultimi anni sono diventati più esigenti nella tutela dei minori».
Un ostacolo pratico, poi, è che a un certo punto del percorso gli aspiranti genitori devono trascorrere un periodo all’estero – in media 45 giorni, dicono all’Ai.Bi. – per incontrare il bambino da adottare: ma per entrare in molti Paesi sono obbligatorie vaccinazioni che, nel caso di persone con sclerosi multipla, potrebbero essere incompatibili con le terapie farmacologiche in corso.
Per saperne di più, su questo aspetto, si può consultare – oltre al proprio medico – anche il sito www.viaggiaresicuri.it, un servizio on line fornito dal Ministero degli Esteri che illustra la situazione sanitaria, le vaccinazioni consigliate e quelle d’obbligo in ogni Paese del mondo.

Un altro problema sottolineato dall’Ai.Bi. è la differenza di cultura medica, di approccio alla disabilità e di «percezione dello stato di salute» che si registra in molti Paesi del Sud del mondo.
In Paesi dove le terapie sono meno avanzate, e dove non c’è l’opera capillare di sensibilizzazione di associazioni come l’AISM in Italia, è più facile pensare alla sclerosi multipla come ad una malattia invalidante e degenerativa «senza scampo», e su questo presupposto negare l’adozione di un figlio.
Oggi sappiamo che non è così: in molti casi, infatti, grazie a diagnosi tempestive e ai passi avanti della ricerca scientifica, si può vivere con la sclerosi multipla e mantenere buone prospettive e qualità di vita. Ma occorre fare un importante lavoro «culturale» per trasmettere questa consapevolezza in Africa, nel Sudest asiatico, in molti dei Paesi di provenienza dei bambini da adottare.

Su quest’ultimo tema l’AISM ha ottenuto un primo risultato, interpellando la Commissione Adozioni Internazionali, che si è presa un impegno: far sapere ai Paesi stranieri che la sclerosi multipla non significa necessariamente impossibilità di farsi carico di un minore.
A scrivere all’associazione è stata Daniela Bacchetta, vicepresidente della CAI: «Salvo il legittimo diritto di quegli ordinamenti di imporre requisiti più rigorosi, ritengo importante sensibilizzare le autorità straniere sull’argomento che l’AISM ha esposto, e mi impegno ad illustrarlo in occasione degli incontri che avranno luogo».
I «precedenti», del resto, non mancano. La stessa Ai.Bi. segnala il recente caso di un’adozione realizzata con successo in Cambogia da parte di una coppia italiana dove un coniuge è affetto da sclerosi multipla: questo anche se le adozioni internazionali concesse dal governo cambogiano sono calate, nel 2007, del 15% rispetto all’anno precedente.
 Madre in carrozzina pulisce il figlio neonatoE un altro ente autorizzato, il CIFA, ci racconta un ulteriore caso andato a buon fine: una coppia in cui il marito ha la sclerosi multipla ha potuto comunque adottare un bambino in Etiopia, presentando alle autorità locali una certificazione medica specialistica.
È stato necessario, nella fattispecie, attestare che la malattia, grazie alle terapie in atto, è in uno stadio stabile e che l’aspettativa di vita dell’uomo è da ritenersi simile a quella di una persona non colpita da sclerosi multipla. Ma c’è di più: con l’assenso della Commissione Adozioni Internazionali, in questo caso il padre adottivo ha potuto evitare la trasferta in loco. Infatti, in Etiopia, per il periodo necessario ad incontrare il bambino, è andata solo la moglie, evitando così al partner le possibili complicazioni di salute legate alle vaccinazioni.
«In linea generale – dice Michela Bacci, operatrice del CIFA – l’importante è poter certificare che la sclerosi multipla non ha comportato una situazione di disabilità tale da rendere la persona inadeguata al ruolo di genitore».
In Brasile, segnala ancora il CIFA, è stata portata a termine con successo l’adozione di un bambino da parte di una coppia italiana in cui uno dei partner era paraplegico. Come dicevamo all’inizio: la disabilità, di per sé, non può essere motivo di discriminazione.
Niente illusioni, in conclusione: adottare un figlio, per una persona con sclerosi multipla, resta un'”avventura” molto difficile. Ma non impossibile.
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Adottare all’estero: un percorso in sette tappe

1. LA DICHIARAZIONE DI DISPONIBILITÀ
Tempi
: entro 15 giorni dalla presentazione della dichiarazione il Tribunale per i Minorenni deve trasmettere la domanda ai servizi socio-territoriali competenti (vedi seconda tappa).
Soggetti: coppia, Tribunale per i Minorenni.
Luogo: Tribunale della propria Regione di residenza; Italia.
La prima tappa, per chi desideri adottare un bambino straniero, è il Tribunale per i Minorenni competente per il territorio di residenza (si vedano l’elenco e gli indirizzi cliccando qui). Una volta individuato il Tribunale, occorrerà rivolgersi all’ufficio di cancelleria civile per presentare la «dichiarazione di disponibilità» all’adozione internazionale, alla quale andranno allegati diversi documenti, che possono variare da un Tribunale all’altro: è consigliabile informarsi preventivamente presso la sede giudiziaria interessata. Per i requisiti minimi necessari all’adozione – ad esempio essere uniti in matrimonio da almeno tre anni  – si veda cliccando qui. Se non ci sono rilievi sui requisiti base, il giudice minorile trasmette la documentazione relativa alla coppia aspirante ai servizi degli Enti Locali.

2. L’INDAGINE DEI SERVIZI TERRITORIALI
Tempi
: entro 4 mesi dall’invio della documentazione da parte del Tribunale per i Minorenni.
Soggetti: servizi degli Enti Locali, coppia.
Luogo: servizio territoriale della propria città; Italia.
I servizi degli Enti Locali hanno il ruolo importante di conoscere la coppia e di valutarne le potenzialità genitoriali, raccogliendo informazioni sulla storia personale, familiare e sociale. Il lavoro dei servizi è volto alla stesura di una relazione da inviare al Tribunale, che fornirà al giudice gli elementi di valutazione sulla richiesta della coppia. È un momento “delicato”, nel quale gli aspiranti genitori adottivi possono sentirsi come sottoposti ad un esame. I servizi però devono cercare di sondare la loro capacità di prendersi cura di un minore, l’apertura di entrambi all’adozione, la loro situazione socio-economica, in maniera discreta, ponendosi a fianco e non di fronte agli aspiranti genitori.

3. IL DECRETO DI IDONEITÀ
Tempi
: entro 2 mesi dalla ricezione della relazione dei servizi territoriali.
Soggetti: Tribunale per i Minorenni; coppia.
Luogo: Tribunale della propria Regione di residenza; Italia.
Una volta ricevuta la relazione, il Tribunale convoca i coniugi e può disporre ulteriori approfondimenti. A questo punto il giudice decide se rilasciare un decreto di idoneità o se emettere invece un decreto di insussistenza dei requisiti per l’adozione. Se c’è l’idoneità, il decreto viene inviato alla Commissione Adozioni Internazionali (CAI) e all’ente «intermediario» autorizzato, se questo è già stato scelto dai coniugi.

4. INIZIA LA RICERCA
Tempi
: la coppia deve iniziare la procedura rivolgendosi ad un ente autorizzato entro un anno dal rilascio del decreto di idoneità.
Soggetti: ente autorizzato; coppia.
Luogo: una delle sedi dell’ente autorizzato scelto dai coniugi; Italia.
La coppia dichiarata idonea si rivolge a un ente autorizzato dalla CAI: è un passo obbligato per realizzare una valida adozione internazionale. L’ente segue i coniugi e svolge le pratiche necessarie per tutta la procedura.
Quasi tutti gli enti organizzano incontri per informare le coppie sulle procedure dei Paesi in cui operano e sulle realtà dei minori “in loco”, e per preparare le persone, con l’aiuto di psicologi ed altri esperti, al loro futuro ruolo di genitori adottivi.
L’albo e l’elenco completo degli enti autorizzati, con le loro sedi su tutto il territorio nazionale, i recapiti e l’indirizzario web, si può consultare cliccando qui.

5. L’INCONTRO ALL’ESTERO
Tempi
: non predeterminabili.
Soggetti: ente autorizzato; autorità del Paese straniero; Commissione Adozioni Internazionali italiana; coppia; bambino da adottare.
Luogo: il Paese indicato dalla coppia; estero.
È la fase più delicata e importante dell’intera procedura di adozione. L’ente autorizzato, una volta ricevuta dall’autorità straniera la proposta di incontro con un bambino da adottare, ne informa gli aspiranti genitori adottivi e, con il loro consenso, li assiste, svolgendo tutte le pratiche necessarie.
Se gli incontri della coppia con il bambino si concludono con un parere positivo anche da parte delle autorità del Paese straniero, l’ente trasmette gli atti e le relazioni sull’abbinamento “adottando-adottanti” alla CAI in Italia, attestando la sussistenza dei requisiti previsti dalla Convenzione dell’Aja. Se invece gli incontri non si concludono positivamente, l’ente ne prende atto e ne informa la CAI, spiegando anche i motivi in base ai quali l’abbinamento non si è compiuto: notizia, questa, indispensabile per eventuali, possibili abbinamenti successivi.

6. IL RIENTRO IN ITALIA
Tempi
: non quantificabili.
Soggetti: Commissione Adozioni Internazionali; ente autorizzato; coppia; bambino.
Luogo: Italia.
Una volta ricevuta dall’ente autorizzato la documentazione, la Commissione Adozioni Internazionali autorizza l’ingresso e la permanenza del minore adottato in Italia, dopo avere certificato che l’adozione sia conforme alle disposizioni della Convenzione dell’Aja.

7. LA CONCLUSIONE
Tempi
: non quantificabili.
Soggetti: Tribunale per i Minorenni della propria Regione di residenza; coppia.
Luogo: Italia.
Dopo che il bambino è entrato in Italia, e dopo un eventuale periodo di affidamento pre-adottivo, la procedura si conclude con l’ordine, da parte del Tribunale per i Minorenni, di trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello Stato Civile. Così il minore diventa definitivamente un cittadino italiano e un membro a tutti gli effetti della nuova famiglia appena nata.

*Testo pubblicato nel n. 3/2008 di «SM Italia», periodico bimestrale dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e qui riprodotto per gentile concessione.

**La sclerosi multipla
La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia grave del sistema nervoso centrale, cronica e spesso progressivamente invalidante.
Nonostante i molti passi avanti della ricerca, la causa e la terapia definitiva di questa malattia sono ancora sconosciute. L’ipotesi oggi dominante è che esista una predisposizione genetica a svilupparla, predisposizione con la quale interagiscono fattori esterni, forse virali, che scatenano l’esordio della malattia stessa.
In Italia 57.000 persone sono colpite da SM, uno ogni 1.050 abitanti e ogni anno si manifestano 1.800 nuovi casi. Il costo sociale annuo è di circa un miliardo e 600 milioni di euro.
L’età d’esordio è tra i 15 e i 50 anni, anche se la malattia si manifesta soprattutto tra i giovani adulti, tra i 20 e i 30 anni, e tra le donne, in un rapporto di due a uno rispetto agli uomini.
Oggi è possibile formulare una diagnosi rapida e intervenire con farmaci in grado di agire sul decorso della malattia, ritardandone la progressione.
Sono anche disponibili numerosi farmaci efficaci nell’alleviare i sintomi e strutture sparse sul territorio con un approccio nuovo che garantisce l’assistenza sociale e sanitaria ai pazienti.

(Fonte: sito dell’AISM, Associazione Italiana Sclerosi Multipla).

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