Ignoranza abissale, di quella da “condominio” (è tra le peggiori), espressa in un italiano non sempre solido («Per notte intere [sic] tremavano i muri») oppure anche qualcos’altro, in un clima che si riscalda e in un momento in cui sono davvero troppi ad usare le parole «Andate via»?
Ai lettori – che potranno leggere il testo integrale dell’anonimo “capolavoro da zerbino” cliccando qui – lasciamo il giudizio, dando spazio per il momento al messaggio inviato alle istituzioni padovane e a vari organi d’informazione locali e nazionali, da parte di chi sta vivendo questa storia e che ha deciso di denunciare la vicenda alla Procura della Repubblica. (S.B.)
«Scriviamo per denunciare un fatto molto grave che si è verificato sabato 27 settembre 2008 nel nostro condominio di Padova. Abbiamo trovato, alle 8 del mattino, sullo zerbino del nostro appartamento, un foglietto anonimo il cui contenuto ha profondamente ferito e offeso noi e i nostri figli.
Non pensavamo che, nel terzo millennio, nella Padova città universitaria, ricca di tradizioni culturali, di solidarietà e volontariato, dopo quasi trent’anni di vita in questo condominio, trascorsi mantenendo rapporti educati e civili con tutti, ci sarebbe capitato di leggere parole così violente, così offensive nei nostri confronti e, soprattutto, nei confronti dei nostri due figli di 31 anni, Michelangelo e Giordano, disabili con autismo privi di linguaggio.
L’intolleranza, il livore, la discriminazione di cui è intriso quello scritto ci fanno venire i brividi e devono davvero fare riflettere.
Noi genitori, impegnati per molti anni nella scuola come docenti, abbiamo trascorso la nostra vita ad insegnare ad intere generazioni il significato di tolleranza e di rispetto delle diversità.
In particolare la sottoscritta Lilia Manganaro da anni, in qualità di consigliere nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), si è battuta e continua a battersi per l’inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità.
Pur nella consapevolezza che una sola voce non fa coro e nella certezza che molti dei nostri coinquilini non si sentono rappresentati dalle parole incivili dello scritto pervenutoci, non vogliamo far cadere nel silenzio un episodio così grave, e parliamo anche a nome di tutti quei genitori che subiscono senza fiatare, anzi sentendosi in qualche modo colpevoli.
Vogliamo ricordare a tutti che ci sono leggi italiane e internazionali, conquistate in questi sessant’anni, grazie alle battaglie di associazioni come l’ANFFAS, di forze politiche e sindacali, di uomini e donne intelligenti e sensibili, che assicurano il diritto di cittadinanza anche alle persone con disabilità.
Vogliamo ricordare – se ce ne fosse bisogno – che:
1. La Costituzione Italiana, all’articolo 3, recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
2. La Legge 104/92, rafforzata dalla legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni) tutela i diritti dei disabili in ogni ambito della vita (scolastico, sociale, sanitario, lavorativo).
3. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, approvata il 13 dicembre 2006 a New York e firmata dall’Italia il 30 marzo 2007, all’articolo 1 recita: “Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto della loro intrinseca dignità”.
Per quanto sopra scritto, per noi che ci sentiamo feriti, per i nostri figli che non possono difendersi da soli, per il rispetto delle norme nazionali e internazionali che sanciscono e difendono i diritti delle persone con disabilità, per tutti coloro che si trovano nelle nostre stesse condizioni o che potrebbero trovarcisi in futuro, non potevamo far cadere nel nulla un episodio così grave di inciviltà e disimpegno: ci siamo infatti già recati dai Carabinieri e abbiamo inviato una denuncia alla Procura della Repubblica.
A questo punto vogliamo chiedere: dobbiamo sentirci colpevoli noi come genitori, se desideriamo che i nostri figli possano tornare a casa di sera, dopo aver passato la giornata al Centro Giovani Psicotici dell’ULSS 16, per poter mangiare con loro a tavola, farli dormire nei loro letti, fare qualche risata con loro e assisterli e consolarli se piangono, e se a volte non dormono, cercare di rassicurarli? O si deve invece sentire colpevole la persona autrice di quell’ignobile foglietto, che non ha avuto il coraggio di esprimere civilmente i suoi disagi, guardandoci negli occhi?
Lilia Manganaro Di Marco – Consigliere Nazionale ANFFAS
Giorgio Di Marco – Dirigente scolastico».