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Qual è il nesso tra l’informatica e un’antica parola africana?

Il logo di «Bright Ubuntu»Verrà festeggiata sabato 25 ottobre alla Sala delle Conferenze del Museo Tattile Statale Omero di Ancona (ore 17.30), nel corso di una giornata di promozione e formazione, la conclusione del progetto denominato Bright Ubuntu, un sistema operativo open-source senza barriere.
L’iniziativa, avviata nel maggio scorso, ha portato appunto alla realizzazione di un sistema operativo gratuito e facile da utilizzare per utenti non vedenti e per altre categorie di persone con disabilità.
L’appuntamento del 25 ottobre è rivolto dunque a questi cittadini e ai responsabili dei musei, agli operatori museali, a docenti, ingegneri, tecnici e a tutti coloro che desiderano conoscere come integrare tecnologia, cultura e servizi alla persona, presso la sede di lavoro o per uso privato.

Innanzitutto vale certamente la pena spendere qualche parola sul nome dell’iniziativa, ovvero Ubuntu, antica parola africana che significa “Umanità agli altri”, oppure “Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”.
L’idea è di Mirko Montecchiani, responsabile Giovani dell’UIC Marche (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con il sostegno di Maurizio Mazzieri, volontario di tale associazione e del Rotary Club di Ancona.
Appassionato di viaggi, di arte e sensibile alle problematiche dell’integrazione dei non vedenti nella società, Montecchiani è riuscito a coinvolgere lo staff del Dipartimento di Ingegneria Informatica, Gestionale e dell’Automazione (DIIGA) dell’Università Politecnica delle Marche, guidato da Luca Spalazzi, e il presidente del Museo Tattile Statale Omero di Ancona Roberto Farroni.

Il sistema operativo Bright Ubuntu sarà dunque realizzato dallo staff del DIIGA, personalizzando il sistema open source (a disposizione di tutti) Ubuntu – già esistente – al fine di renderlo Bright, ovvero luminoso e funzionale per i non vedenti e gli ipovedenti, dotandolo di tutti i software necessari ed eliminando l’inutile.
Il logo, che è quello ufficiale di Ubuntu personalizzato da Emeline Moreau, vuole riassumere l’idea del progetto nella sua ottica di superamento del digital divide (“divario digitale”): rappresenta infatti tre bambini che si abbracciano, uno dei quali con il bastone in mano e ciascuno con un diverso colore degli occhi, blu, marrone e verde.

Proprio per questo suo fondamentale obiettivo, il progetto è rientrato appieno nei requisiti richiesti da Cohabitat – Asse Human bit (programma strategico delle politiche culturali della Provincia di Ancona per il biennio 2008-2009), ricevendo così un sostanziale contributo della Provincia stessa per la sua realizzazione.
Il sistema Bright Ubuntu potrà essere scaricato gratuitamente da un sito internet realizzato ad hoc (vi si accede cliccando qui), dotato di un forum in cui confrontarsi e di un supporto on-line (tipo enciclopedia wiki) che spiegherà come installare e utilizzare il sistema.
Al termine del lavoro dell’Università, lo staff del Museo Omero – insieme ad un gruppo dell’UIC – ne valuterà e ne testerà le funzionalità.

Da segnalare infine che proprio al Museo Omero – sede della presentazione del 25 ottobre – verrà predisposta una postazione multimediale all’ingresso, con Bright Ubuntu installato, affinché i visitatori non vedenti della struttura possano raccogliere tutte le informazioni in modo semplice, diretto e autonomo.
Dallo stesso sito internet di Omero www.museoomero.it sarà possibile scaricare il sistema operativo e avere tutti i link e riferimenti utili. (M.B.)

Per ulteriori informazioni:
Monica Bernacchia, tel. 071 2811935
monica.bernacchia@museoomero.it.
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