Avevamo intitolato Capovalori da zerbino il pezzo con cui avevamo segnalato la triste vicenda che ha visto i genitori di due persone con disabilità di Padova trovare letteralmente sulla porta di casa un foglietto di minacce e “inviti” per niente cortesi ad andarsene dal loro condominio, a causa del presunto “disturbo” arrecato alla quiete pubblica proprio da quelle due persone (il testo si può leggere cliccando qui).
Per l’occasione ci eravamo anche chiesti se non si trattasse “semplicemente” di ignoranza abissale, “da condominio”, espressa in un italiano non sempre solido, oppure anche di qualcos’altro, in un momento in cui sembra davvero che siano in troppi ad usare le parole «andate via», nei confronti di tanti loro concittadini.
Ora riceviamo e ben volentieri pubblichiamo una nota inviataci da Gabriella d’Acquisto, presidente dell’ANFFAS Sicilia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), che ci segnala di scrivere a nome di tutte le Sezioni ANFFAS d’Italia. (S.B.)
«Abbiamo appreso con sgomento e rabbia quanto accaduto a Padova nei giorni scorsi: i genitori di due fratelli affetti da disturbi autistici hanno ricevuto un’ignobile lettera anonima, densa di insulti e di minacce, culminanti nell’invito (coercitivo) ad “andarsene”! Cioè a lasciare la propria casa per un preteso “disturbo” che la presenza stessa dei due disabili avrebbe arrecato alla comunità condominiale.
L’anonimo, oltre a trasudare intolleranza e ignoranza, adombra – in sintesi – la pretesa che la tutela dei diritti minimi di vita sia un peso, un vulnus per chi ci circonda.
Certo fa specie che, viceversa, i rumori dei ragazzi ad una festa, il fracasso di chi mette per divertimento la musica troppo forte, un marciapiedi occupato da chi vi parcheggia sopra, i mille vizi di chi in poche parole antepone in mille cose e in mille fatti le proprie comodità ai sacrosanti diritti degli altri, in questo Paese di “furbetti” tante volte susciti un sorriso di scusa e di compiacimento.
I nostri ragazzi no, il loro rumore – ahimè non dovuto a divertimento – è suscettibile di provocare insofferenza, le loro esigenze motorie si possono classificare come un intralcio, il tempo che si perde a farli attraversare con cautela una strada suona come un’offesa all’automobilista già isterico alle otto del mattino, che “non può perdere tempo”.
Ci viene il dubbio che tanta intolleranza sia il sintomo di un “horror” della propria malattia, della propria disabilità, del proprio timore di non essere “normale”, in un mondo che ha spesso sostituito ogni risposta trascendente ai perché della vita con le motivazioni del “possedere” e dell’apparire, dell’essere sempre “patinati e perfetti”, come un prodotto di consumo.
La nostra Associazione si batte dal 1958 per i diritti di cittadinanza autentica delle persone con disabilità intellettiva e relazionale, ma anche per la loro reale inclusione nella società. E inclusione vera vi è solo dove essa è condivisa e accettata, vissuta da tutti come cosa giusta nel proprio intimo convincimento, al di fuori del quale rimane sterile accondiscendenza.
Per questo – nell’esprimere la più affettuosa solidarietà alla famiglia colpita dall’inqualificabile gesto – non possiamo sottacere quanto accaduto e vogliamo con forza non solo stigmatizzarlo, ma di più farne un’occasione per un rinnovato impegno a sollecitare le coscienze e la consapevolezza di tutti, contro l’intolleranza e la ghettizzazione non solo delle persone con disabilità, ma di tutti coloro che, vittime di una fragilità, vanno innanzitutto accettati e capiti».
*Presidente ANFFAS Sicilia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale).