Si è attesa invano una smentita o per lo meno un chiarimento, da parte della nuova Compagnia Aerea Italiana (CAI), dopo le sconcertanti dichiarazioni dei suoi rappresentanti – nel corso di una riunione con le organizzazioni sindacali del 22 ottobre – rispetto alle modalità e ai criteri con cui saranno selezionati e riassunti i dipendenti del Gruppo Alitalia e Air One al netto delle espulsioni già dichiarate.
Vale certamente la pena ricordarle, ciò che avevamo già fatto nei giorni scorsi, con il testo intitolato Né i disabili né i loro familiari nella nuova Compagnia Aerea Italiana (disponibile cliccando qui): «Il personale sarà scelto con criteri di assoluta discrezionalità gestionale. Non saranno riassunti i part time. Non saranno riassunti genitori affidatari unici di minori. Non saranno riassunti lavoratori invalidi in possesso dei requisiti di Legge 104. Non saranno riassunti genitori con figli invalidi a carico (Legge 104). Non saranno riassunti lavoratori con familiari invalidi a carico (Legge 104). Saranno valutate discrezionalmente le percentuali di assenze per malattia dell’ultimo triennio. Sarà valutata l’anzianità aziendale».
Ebbene, né la smentita né il chiarimento sono arrivati. Arriva invece – doverosa – una lettera aperta sulla questione da parte di Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), indirizzata a Roberto Colaninno, presidente di CAI e che qui di seguito ben volentieri presentiamo ai lettori. (S.B.)
«Egregio Presidente, a seguito della riunione del 22 ottobre tra i rappresentanti della CAI e i delegati delle sigle sindacali del trasporto aereo, la FISH e le associazioni nazionali e locali ad essa aderenti hanno atteso una decisa smentita e un maggiore chiarimento da parte della Compagnia riguardo ai criteri di riassunzione del personale proposti nel corso del citato incontro.
Parametri, quelli fissati, che hanno creato diffuso sdegno in tutto il Paese.
La denuncia dei rappresentanti sindacali risultava invero di particolare gravità: la proposta della CAI appariva indirizzata infatti alla non riassunzione dei lavoratori con disabilità, dei genitori di figli con disabilità e dei lavoratori con familiari con disabilità. Categorie di dipendenti per le quali la Legge 104/92 stabilisce delle disposizioni ben precise.
È difficile elaborare un computo delle disposizioni nazionali e internazionali che questa proposta viene a disattendere. A partire dai princìpi fissati dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che una volta ratificata dall’Italia diverrà legge dello Stato. Dalla Legge 68/99 sul diritto al lavoro delle persone con disabilità, alla Direttiva 2000/78 del Consiglio Europeo (sulla parità di trattamento in materia di occupazione), sino alla Strategia di Lisbona.
E mi fermo qui, anche se l’elenco potrebbe proseguire a lungo.
Non è però la palese violazione delle normative l’aspetto più irricevibile di questi criteri che, è bene ribadirlo, sono fortemente discriminatori. Ma è quello che ormai può essere a ben ragione definito come “lo stigma della 104”, che interessa le persone con disabilità e i loro familiari.
Si tratta cioè dell’idea stessa – generalmente diffusa nel mondo imprenditoriale – di una supposta improduttività delle persone con disabilità, basata su un modello medico della disabilità ormai superato e che colpisce questi cittadini soprattutto nel momento in cui si vengono ad approcciare con il mondo del lavoro. Non solo nell’accesso, ma anche nell’opportunità di avanzamenti di carriera.
Uno stereotipo, quello dell’improduttività, difficile da sradicare e a cui anche la CAI sembra dare credito. È vero invece il contrario. Almeno quando “la persona giusta è inserita nel posto giusto”.
Una persona con disabilità, con esperienze di discriminazione, attraverso il mondo del lavoro avrà invece – ad esempio – l’opportunità di acquisire autostima e competenza, con positive ripercussioni anche sul rendimento nel posto di lavoro. Ma questo è solo un aspetto, su una questione riguardo la quale siamo disponibili ad un confronto per entrare maggiormente nel merito.
La rottura delle trattative tra CAI e sigle sindacali di questi giorni non sembra un buon segnale, anche riguardo alla disponibilità dell’azienda a ritirare senza ambiguità una proposta per le assunzioni del personale della Compagnia così marcatamente discriminatoria.
L’invito che Le estendo quindi, a nome di tutte le associazioni aderenti alla Federazione, è quello di fugare qualsiasi dubbio sulla reale intenzione dell’organismo da Lei presieduto di mantenere invariati criteri così inaccettabili.
Una decisione di rigidità in questo senso per il movimento per i diritti delle persone con disabilità italiano non passerebbe certamente inosservata.
Pietro Vittorio Barbieri
Presidente nazionale FISH ONLUS».