Una nuova recente Ordinanza proveniente da un Tribunale Amministrativo Regionale – nella fattispecie quella prodotta il 28 novembre scorso dal TAR della Lombardia, Sezione di Brescia – ha riguardato la questione della contribuzione alle spese dei servizi sociali e sociosanitari da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, un tema cui già da tempo il nostro sito dedica particolare attenzione, come si può ben vedere dall’elenco di testi che qui in calce riportiamo.
In questo caso, dunque, il TAR di Brescia ha sostanzialmente sospeso il Regolamento del Comune di Vestone, che prevedeva una compartecipazione alle spese basata sul reddito dell’intero nucleo familiare e non del solo utente, in caso di ricovero in una RSD (Residenza Sociosanitaria per Disabili).
Affidiamo il commento a tale provvedimento a Francesco Trebeschi, avvocato esperto in diritto e disabilità, consulente dell’ANFFAS di Brescia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). (S.B.)
La Sezione di Brescia del TAR della Lombardia ha fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 8 della Legge Regionale 3/2008, riconoscendo la competenza esclusiva dello Stato, nella definizione dei rapporti di diritto privato e quindi dei soggetti civilmente obbligati, censurando altresì la prassi di far sottoscrivere ai familiari dell’assistito un impegno al pagamento dell’intera retta al momento dell’ammissione nella RSD [Residenza Sociosanitaria per Disabili, N.d.R.].
Il TAR, infatti, ha chiarito che: «8. Dalla posizione di familiare tenuto agli alimenti non deriva l’obbligo di provvedere al pagamento delle rette o un diritto di rivalsa a favore dei comuni che abbiano già pagato (punto h). L’art. 2 comma 6 del Dlgs. 109/1998 precisa che le disposizioni sull’ISEE [Indicatore Situazione Economica Equivalente, N.d.R.] non attribuiscono agli enti erogatori la facoltà ex art. 438 comma 1 c.c. nei confronti dei componenti il nucleo familiare dell’assistito. Le norme della legge 3 dicembre 1931 n. 1580 sulla rivalsa per le spese di spedalità o manicomiali dovevano quindi intendersi come non applicabili al caso in esame. La legge 1580/1931 risulta ora espressamente abrogata dall’art. 24 del DL 25 giugno 2008 n. 112. Appare dubbia anche la prassi di far sottoscrivere ai familiari dell’assistito un impegno al pagamento dell’intera retta al momento dell’ammissione nella RSD (v. TAR Brescia 22 settembre 2008 n. 1102). Sulla disciplina della rivalsa non sembra aver inciso l’art. 8 comma 1 della LR 12 marzo 2008 n. 3, che contiene un generico riferimento ai soggetti civilmente obbligati secondo le normative vigenti. Questa appare del resto l’unica interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto diversamente la legge regionale avrebbe invaso la potestà legislativa statale sui rapporti di diritto privato [grassetti e corsivi di chi scrive, N.d.R.]».
L’Ordinanza, inoltre, chiarisce la natura dei livelli essenziali di assistenza dei servizi con conseguente riconoscimento dell’obbligatorietà dell’erogazione:
«9. Non sembra sostenibile la tesi che l’integrazione comunale sia dovuta negli ordinari limiti delle disponibilità di bilancio (punto i). È vero che nell’art. 13 comma 1 lett. c) della LR 3/2008 è contenuto un riferimento alle risorse disponibili, ma l’art. 8 comma 1 della medesima legge regionale fa salva la disciplina dei livelli essenziali di assistenza rafforzando in questo modo l’obbligo di integrazione dei comuni per quanto riguarda la disabilità grave [grassetti e corsivi di chi scrive, N.d.R.].
Interessante, infine, anche la tesi sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) – nonostante la Sentenza 1102/2008 citata nell’Ordinanza confonda i servizi per disabili psichici con quelli psichiatrici… – soprattutto in un’ottica che guardi alle CSS [Comunità Alloggio Socio Sanitarie, N.d.R.]:
«6. L’esigenza di considerare la situazione economica del solo assistito è coerente con le direttive in materia di prestazioni socio-sanitarie (DPCM 14 febbraio 2001 – tabella allegata) e di livelli essenziali di assistenza (DPCM 29 novembre 2001 – allegato 1C area integrazione socio-sanitaria). Entrambe le direttive stabiliscono che i costi relativi ai disabili gravi siano ripartiti nella misura del 70% a carico del servizio sanitario e del 30% a carico dei comuni, fatta salva la compartecipazione da parte dell’assistito prevista dalla disciplina regionale e comunale. La ripartizione ammette delle oscillazioni ma i comuni sono tenuti, anche nell’interesse degli assistiti, a verificare nei rapporti con le autorità regionali che la loro quota non si discosti eccessivamente da questa proporzione (nel caso in esame, come si è visto sopra al punto 2, la proporzione è sostanzialmente rispettata). Perché la compartecipazione non si trasformi in una mera traslazione degli oneri mettendo a rischio la possibilità per i soggetti gravemente disabili di ottenere prestazioni classificate come livelli essenziali di assistenza occorre concentrare la base di calcolo sulla situazione economica del singolo assistito [grassetti e corsivi di chi scrive, N.d.R.]».
Francesco Trebeschi
Sulle questioni riguardanti la contribuzione al costo dei servizi sociali e sociosanitari, suggeriamo la lettura – sempre all’interno del nostro sito – dei seguenti testi:
– Servizi socio-assistenziali e costi per gli utenti, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese: una sentenza che fa scuola, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese e tutela dei diritti, disponibile cliccando qui
– Anche in Toscana conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
– Anche per il TAR delle Marche conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
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