Fra i molteplici problemi che devono affrontare le persone con disabilità, vi è il loro inserimento nel mondo del lavoro. Esso rappresenta un aspetto fondamentale dell’integrazione sociale e anche della probabilità per la stessa persona disabile di raggiungere una possibile autonomia personale e di sentirsi attivo protagonista della propria esistenza e della comunità in cui vive.
Questi assunti devono essere compresi appieno per potere elaborare un sistema di inserimento, in armonia con le cosiddette “quote”, per attuare nel migliore modo possibile la legislazione vigente sulla materia.
Fin dal 1968 la legislazione ha “imposto” il cosiddetto collocamento obbligatorio, con un’apposita legge che per larga parte non è stata applicata o lo è stata in maniera discutibile perché, nella maggioranza dei casi, non è stato assicurato il collocamento obbligatorio ai veri invalidi civili: talvolta le stesse aziende che dovevano assumere preferivano infatti persone con invalidità minimale.
Tutto ciò è dovuto anche a ritardi culturali e alla scarsa consapevolezza della natura e delle potenzialità che ha invece la persona con disabilità.
Da queste esperienze, nel 1999 è nata la Legge 68/99 che prevede un collocamento obbligatorio più mirato e che fissa anche delle pene pecuniarie per chi non assume disabili.
L’inserimento lavorativo “imposto” da una normativa è già un’anomalia in una Repubblica come la nostra, fondata sul lavoro, e che si definisce civile, tanto più che essa accentua la diversità e le disabilità, quando invece lo stesso inserimento lavorativo dovrebbe essere per tutti un processo e uno sbocco naturale per realizzarsi.
E in ogni caso la normativa non ha avuto ancora quell’applicazione sul territorio che ci si poteva aspettare, nonostante essa preveda agevolazioni previdenziali ed economiche per i datori di lavoro che assumono persone con disabilità: ciò, in buona parte, avviene perché si considerano la disabilità e la diversità come elementi che “pesano” sulla società e quindi sulla produttività e non, invece, come risorse potenziali da valorizzare.
Se si individua infatti il lavoro adeguato, la persona con disabilità può rendere, persino, più di un “cosiddetto normodotato”.
In genere, dunque, l’inserimento lavorativo non è ancora una pratica diffusa e molte aziende preferiscono pagare le multe giornaliere piuttosto che assumere, mettendosi in regola rispetto ai dettami della Legge 68/99.
Nella Regione Siciliana questa materia è stata recepita nel 2000, prima con un atto legislativo e successivamente con decreti e circolari dell’Assessorato Regionale al Lavoro che ne hanno determinato le modalità di applicazione nell’isola. E tuttavia, non sono state molte le assunzioni anche nelle Aziende con più di quindici dipendenti. Le stesse persone che dovrebbero applicare la normativa avvertono una situazione di scarsa conoscenza, di mancata circolazione di notizie, informazione ed esperienza.
È necessario dunque che su questo fronte si possa sviluppare un lavoro di rete tra tutti i soggetti istituzionali e non, impegnati e interessati a questo aspetto specifico.
Non bisogna dimenticare nemmeno che le stesse Amministrazioni Pubbliche, secondo le attuali normative, sono obbligate ad assumere la quota a loro spettante di persone con disabilità, ma che proprio esse, sotto questo aspetto, sono le più inadempienti, rispetto ai datori di lavoro e alle aziende private. Forse questo è dovuto anche al fatto che il settore pubblico non ha la stessa flessibilità ed elasticità del privato e rispetto a quest’ultimo ha minori controlli; infatti, per fare un esempio, l’Assessorato al Lavoro della Regione Siciliana invia ispettori su tutto il territorio a controllare il rispetto della Legge 68/99 da parte dei privati, ma quasi mai invia gli stessi ispettori a controllare le Amministrazioni Pubbliche.
È necessario invece che ciascun soggetto svolga con responsabilità il proprio ruolo, in ambito di inserimento lavorativo, che anche in questo momento di crisi può essere un volano che determina il grado di civiltà della nostra società, oltre ad essere un misuratore della capacità che la stessa società si dia ritmi di vita meno frenetici e più a misura d’uomo.
Il processo dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità non è facile e presenta ancora numerosi ostacoli e resistenze, se è vero che alcune associazioni di datori di lavoro – come quelle bancarie – avrebbero chiesto delle deroghe all’obbligo di assunzione delle persone con disabilità.
In tutte le Regioni d’Italia – e per la Sicilia presso l’Assessorato Regionale al Lavoro – sono sorti i Comitati di Gestione per il Collocamento Obbligatorio che valutano e accolgono le domande e i progetti per un inserimento lavorativo “mirato” – in grado, quindi, di dare risposte più positive – ma gestiscono anche i fondi derivanti dalle multe elevate alle aziende per le inadempienze ai dettami della Legge 68, che sono destinati quasi totalmente agli stessi progetti.
Restando alla Sicilia – ma ciò vale anche per le altre Regioni – questo Comitato di Gestione è riprodotto “in piccolo” nei nove Uffici Provinciali del Lavoro, con il coinvolgimento di Aziende USL, forze sindacali e sociali e associazioni di tutela.
Tale impostazione avrebbe dovuto portare a risultati ben più soddisfacenti di quelli attuali e invece, rispetto alle aspettative, essi non sono molto lusinghieri, anche perché, per far funzionare il Comitato di Gestione Regionale, ogni anno la Regione ha difficoltà a reperire i fondi necessari a far funzionare i nove Comitati Provinciali, per i cui componenti sono previsti gettoni di presenza.
Dal canto loro, poi, le Aziende USL – deputate al rilascio della certificazione necessaria al collocamento obbligatorio – dovrebbero uniformare a criteri omogenei e univoci le modalità delle varie Commissioni Mediche, nella consapevolezza che lo stesso certificato serva ad un inserimento lavorativo proficuo e di qualità.
Come più volte accennato e scritto, anche in questo settore è fondamentale il lavoro di rete con le realtà associative, radicate sul territorio, che hanno una maggiore e diretta conoscenza delle effettive necessità. Per questo è determinante la costruzione di una reale collaborazione tra le scuole superiori, gli enti di formazione professionale e di alta formazione – come ad esempio le università e gli stessi consulenti del lavoro, vale a dire le figure professionali più vicine agli stessi datori di lavoro – le aziende e le loro organizzazioni, gli Uffici Provinciali del Lavoro e le associazioni di tutela delle persone con disabilità.
Costruendo questa rete, si potrà eliminare progressivamente gran parte delle difficoltà che si incontrano per l’inserimento lavorativo, far circolare una corretta e giusta informazione ed evitare che una persona con disabilità, anche in questo settore, sia inviata da un ufficio all’altro, senza potere avere risposte chiare e soddisfacenti.
Nel settore mancano anche statistiche ufficiali: è importante, perciò, impostare una ricerca in questo senso, non perché essa sia uno strumento decisivo per l’inserimento lavorativo, ma perché leggendola e ricavandone i dati, si possa evitare di ripetere gli errori, eliminare le incongruenze, sciogliere i nodi più difficili, riscontrando al tempo stesso anche i segnali e le esperienze positive, che sono state fatte o che sono in corso.
Partendo da tutti questi presupposti, il Coordinamento H per i Diritti delle Persone con Disabilità nella Regione Siciliana ONLUS, l’Università di Palermo (con il suo Centro Universitario per la Disabilità), lo IAL-CISL Regione Sicilia di Palermo e la Vedior Randstad – azienda che si occupa dell’inserimento lavorativo anche delle persone con disabilità – con il patrocinio della Confindustria di Palermo e di Confcommercio, hanno organizzato il 3 dicembre scorso, presso il Rettorato dell’ateneo palermitano, il convegno intitolato Palermo, una rete per l’integrazione lavorativa – Lavoro e Disabilità.
L’incontro – che ha registrato una presenza numerosa e qualificata, non si è svolto a caso nella Giornata Internazionale ed Europea delle Persone con Disabilità: infatti, in occasione di tale evento è necessario parlare e dibattere per ricercare soluzioni ai molti problemi delle persone con disabilità ed è giusto, quindi, affrontare specificatamente uno dei problemi più emergenti, come quello dell’inserimento lavorativo che, se avviato a soluzione, può comportare una piena e reale integrazione sociale delle persone con disabilità stesse.
Nel corso del convegno di Palermo è stata anche illustrata e avviata una ricerca statistica, che sarà curata in primo luogo dall’Università di Palermo, insieme agli altri enti organizzatori della giornata e che tra i suoi criteri terrà conto della nuova classificazione del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), voluta dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
*Responsabile del Coordinamento H per i Diritti delle Persone con Disabilità nella Regione Siciliana ONLUS.