Le parole sono pietre: così intitolava Carlo Levi un suo famoso libro, nel quale evidenziava come con le parole non si scherza perché esse hanno un loro forte peso semantico e di contenuto.
Non la pensava però così il Governo, quando, il 18 dicembre scorso, ha approvato lo schema di regolamento sugli organici e la formazione delle classi, in attuazione dell’articolo 64 del Decreto Legge 112/08, convertito dalla Legge 133/08. Infatti, all’articolo 7, comma 2 di tale schema si legge che «le classi frequentate da alunni con disabilità non possono avere, di norma, più di 20 alunni», mentre nel successivo comma 3 si dice: «Le classi e le sezioni delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado che accolgono alunni con disabilità possono essere costituite anche in deroga al limite previsto dal comma 2 [grassetto nostro, N.d.R.]».
Ora, anche a chi sia totalmente digiuno di nozioni giuridiche, balza subito agli occhi come la seconda espressione vanifichi la prima, data l’assoluta discrezionalità attribuita all’Amministrazione Scolastica nell’aumentare il numero di alunni anche in queste classi.
A questo punto vien da chiedersi come mai non sia stato scritto al comma 2 che le classi frequentate da alunni con disabilità possano avere solo ad esempio quattro alunni, dal momento che quello vero, con valore normativo cogente, è il comma successivo, che riduce il primo ad un’affermazione burlesca!
Ma perché si è scritto ciò? Si può supporre che si sia voluto dare un apparente contentino, sotto le feste, alle associazioni delle persone con disabilità e ai loro familiari, che da tempo insistono per una migliore qualità dell’integrazione scolastica. E un numero ridotto di alunni per classe è certo garanzia di maggiore qualità. Però, fatto il gesto retorico del dono natalizio, lo si è avvelenato con la previsione della discrezionale possibilità di aumento illimitato del numero di alunni per classe, accompagnata, nell’ultimo articolo del regolamento, dall’abrogazione del Decreto Ministeriale 141/99, che fissava a venti il numero massimo.
La formulazione lessicale delle due norme contraddittorie posso dunque immaginarla – scrivendo durante le festività – come un invito a cena, subordinato però al ghiribizzo del padrone di casa che potrebbe anche non farsi trovare per il giorno fissato!
Il Governo, quindi, continua a non rendersi conto che con operazioni paradossali di questa lega rischia di incrementare gli aggravi per l’erario invece di risparmiare. Infatti quanto peggiori diverranno le condizioni di qualità di scolarizzazione degli alunni con disabilità, a causa del sovraffollamento delle classi, tanto maggiore sarà la spinta delle famiglie a rivolgersi ai TAR per chiedere il massimo di ore di sostegno didattico, che da taluni Tribunali è stato fissato addirittura a tutto l’orario scolastico, cioè a quaranta ore settimanali.
Ovviamente, con classi numerose, gli insegnanti curricolari, che avrebbero l’obbligo della presa in carico del progetto di integrazione scolastica, delegheranno sempre più tale progetto ai soli insegnanti per il sostegno, realizzando così, oggettivamente, una convergenza con le crescenti richieste dei genitori.
Con queste due norme, il Governo ha creduto di fare una “furbata”, ma questa gli si ritorcerà contro. Chi ha ordinato infatti la scrittura di tali provvedimenti sembra abbia letto un libro di un avvocato del Seicento, tal Bartolomeo Cepolla, divenuto famoso per la sua pubblicazione Cautelae Cepollae, nella quale spiegava come eludere e aggirare le norme di legge.
Sono anche convinto che l’idea di questa “furbata” non sia del ministro Gelmini, ma sia stata suggerita o imposta da altri ministri, per due ordini di ragioni: la prima che Ella, essendo avvocato come me, sa bene che una seconda norma, contraddittoria con quella immediatamente precedente, rende superflua e priva di senso la prima. La seconda perché lo stesso ministro Gelmini, essendo una cattolica praticante come me, sa che Gesù nel Vangelo invita i suoi seguaci ad avere un linguaggio non intorcinato e ingannevole, ma limpido e chiaro: «Il vostro dire sia SI,SI, NO,NO» (Matteo V, 37).
La FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, ha inviato una lettera al Ministro, chiedendo di introdurre alcuni emendamenti al Regolamento che rendano meno discrezionali i poteri dell’Amministrazione, aumentando le garanzie di qualità per l’integrazione scolastica [se ne legga in questo sito al testo intitolato «Regalo di Natale» all’integrazione?, disponibile cliccando qui, N.d.R.].
Ci si augura perciò che dopo le feste la forza della ragione prevalga sulla retorica degli annunci apparentemente garantisti, smentiti contestualmente con eccessiva naturalezza e si avvii un dialogo fruttuoso tra Ministero e Associazioni, da troppo tempo richiesto, per un rilancio della qualità dell’inclusione scolastica nel più ampio quadro della qualità di tutto il sistema di istruzione, qualità ormai da perseguirsi obbligatoriamente, dopo l’avvio della ratifica della Convenzione ONU sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità, avviata dal Consiglio dei Ministri proprio lo stesso 18 dicembre scorso.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).