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Quando una carrozzina costa all’ASL anche quattro volte tanto

Una carrozzina construita con il LegoUn cuscino ortopedico acquistato a Udine, stesso codice, stesso prodotto, costa il triplo che a Biella. Un materasso antidecubito acquistato dalla ASL di Milano può costare anche il 30% in più di quanto lo ha pagato la ASL di Varese che pure è “capofila” e mette insieme qualcosa come 4 milioni di utenti. E una carrozzina pieghevole ad autospinta stabilizzante per adulti (codice 12.21.06.039, Decreto Ministeriale 332/99), pagata cash 136 euro a Roma, può essere fatturata alla ASL 473,38 euro + Iva (4%).
È la “sprecopoli” delle ASL. Problema che riguarda tutti e in particolare 3 milioni di anziani non autosufficienti, più disabili e invalidi. Tutti alle prese con il federalismo sanitario, macrocosmo dove ognuno “munge la sua mucca” e tutti mungono qualcosa. Che vuol dire, però, affari milionari per qualcuno e chiusura “causa fallimento” per altri.

Ecco quello che un piccolo imprenditore romano costretto a chiudere il suo negozio di articoli sanitari ha raccontato alla rubrica Dillo al Messaggero: «Se avessi avuto soldi da investire oggi sarei ricco, mi sarei convenzionato con le ASL, avrei comprato a 100 per ricavare 500. Perché gli affari li fa chi può rimanere anche 2 o 3 anni senza incassare un euro per poi realizzare grandi utili. Soldi sicuri, perché le Regioni pagano tardi. Ma pagano e con gli interessi. E se alla fine ti fai i conti è meglio che giocare in Borsa».
Ma per uno che ha tentato onestamente di giocarsi le sue carte, altri dieci si “allargano”. «Il sistema dell’assistenza protesica è fuori controllo, non ci sono più regole. Le ASL non sanno cosa comprano. Non controllano la qualità. Chi fa gli acquisti spesso non è competente e il Servizio Sanitario Nazionale non sa quanto spende», ammette, senza troppi giri di parole, Maria Teresa Agati, presidente della Commissione Studio e Ricerca degli ausili tecnici per le persone con disabilità di Confindustria.

Il Nomenclatore Tariffario degli Ausili [da tempo la FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap si sta battendo per la sua nuova definizione. Se ne legga ad esempio, recentemente, l’articolo intitolato Riuscirà questo nuovo Tavolo a risolvere qualche problema?, disponibile cliccando qui, N.d.R.] è un sistema di norme datato 1999, con elenchi che risalgono al 1995. Esso fissa le tariffe di riferimento per le singole tipologie. La Corte dei Conti lo revisionò e Rosy Bindi, all’epoca in cui era ministro della Salute, pose come limite di validità il 31 dicembre del 2000, rilevando «disfunzioni nel corretto funzionamento del mercato».
L’Antitrust, poi, tirò una riga. Distinse tra prodotti personalizzati da erogare a tariffa, e prodotti standard da acquistare con procedure pubbliche di gara.
«Ma oggi siamo all’assurdo – denuncia ancora Agati, che da almeno dieci anni studia il settore – che uno stesso articolo può essere pagato il doppio o il triplo da due ASL confinanti. E allora chi ha sbagliato? Chi ha pagato un letto 70 euro in cambio di un prodotto scadente o chi ne ha sborsati 200 scegliendo il migliore? Senza dire che molte gare sono fatte mettendo insieme decine di tipologie diverse e poche unità di un “prodotto civetta”».

Sanità “low cost”
Il Nomenclatore elenca le tipologie, ma non definisce i requisiti essenziali del prodotto, come invece succede in Francia e in Germania o anche nei Paesi Scandinavi, che pongono da sempre un’attenzione al riutilizzo, indicando marchi, modelli, caratteristiche e prezzi.
Da noi ci sono molte aziende serie che rispettano i parametri, curano i particolari, realizzano materiale riciclabile, ma magari non hanno accesso al credito. E altre più spregiudicate che costruiscono prodotti fatti su misura per il Nomenclatore che non sono efficaci.
L'assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri«È un sistema che doveva finire otto anni, fa ma che è già sopravvissuto agli ultimi tre governi», punta il dito Agati. Carrozzine e materassi low cost: da dove arrivano? «Basterebbe guardare le nostre importazioni doganali – continua la rappresentante di Confindustria – e il dato diventa ineludibile. Ad una sala espositiva di una ASL del Centro Italia tre quarti dei prodotti erano cinesi».

Gomorra
La scena è la stessa che Roberto Saviano racconta nell’incipit del suo noto best-seller. Carrozzine, materassi antidecubito, letti ortopedici, busti, che sbarcano nei porti di Napoli, Taranto o Palermo. I camion scaricano i container con all’interno presidi made in China. Sono destinati a malati gravi, disabili, pazienti affetti da patologie invalidanti. Ma sono pensati per rientrare nei requisiti minimi, conformi alle nostre direttive, fatti per costare poco ai fornitori, molto alle nostre ASl.
Un esempio su tutti: un cuscino a disco elastico antidecubito, pagato 78 euro da Milano1, è costato 36 a Biella, ma è fatto con gli scarti dei tappi per le orecchie…

Interessi boom
Il Nomenclatore elenca vecchie tipologie che non tengono conto delle innovazioni intervenute negli ultimi dieci anni in un settore dove la tecnologia gioca un ruolo determinante. Tutto va al rallentatore, anche i pagamenti.
«Abbiamo trovato fatture non pagate che risalivano al 2002 – fa sapere Luigi Nieri, assessore al Bilancio della Regione Lazio, la più indebitata d’Italia, quella che toccò il picco dei 10 miliardi di “buco” – e abbiamo pagato interessi superiori al capitale».
Per un credito di 6.000 euro, dunque, la quota di interessi moratori era arrivata a 20.000, che sono diventati 10 mila dopo la transazione.
Il settore delle ortopedie è costituito da centinaia di piccoli fornitori, per la stragrande maggioranza onesti. Alcuni, però, non ce l’hanno fatta, i ritardi li hanno mandati gambe all’aria. Altri hanno ceduto il loro credito a società gestionali.
La Regione Lazio si è vista così aggredita da centinaia di decreti ingiuntivi.
In questa guerra senza esclusioni di colpi c’è stato anche chi da fornitore si è trasformato in finanziaria. E chi dinanzi a una Regione disposta a trovare un accordo per pagare i debiti accumulati dalla ASL ha preferito tirare per le lunghe e continuare a incassare il ricco 10% annuo.
Altre cifre. All’inizio del 2008 il ritardo medio della Pìsana [la sede della Regione Lazio, N.d.R.] oscillava intorno ai 440 giorni. «Ora siamo scesi a 280, ma – rivendica Nieri – il nostro impegno già in questi primi sei mesi del 2009 è di attestarci intorno ai 180 giorni, come prevede la Delibera adottata dalla Giunta Regionale».
Dal canto loro i fornitori si sono impegnati a rinunciare al contenzioso e nel contempo spingono per aggiornare le tariffe. La Protesica, insieme ai Reagenti, rappresenta una delle categoria da monitorare. In tal senso alla Regione si sta mettendo in piedi una centrale unica per gli acquisti. L’alternativa è continuare a pagare un articolo il triplo del costo reale di mercato. Per scoprire magari un giorno che veniva dalla Cina.

*Testo già apparso il 25 gennaio nella rubrica Dillo al Messaggero del quotidiano «Il Messaggero», con il titolo Sprecopoli delle Asl. La carrozzina? Ci costa il quadruplo, e qui ripreso per gentile concessione.

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