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Thalidomide: un emendamento accolto con soddisfazione

Boccetta di pastiglie da cui ne vengono versate alcuneLa Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato nei giorni scorsi un emendamento al cosiddetto “Decreto Milleproroghe”, riguardante gli indennizzi ai soggetti affetti da thalidomide (o talidomide).
Il testo approvato è esattamente il seguente: «Art. 31-bis. 1. L’indennizzo di cui all’articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si intende riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome di talidomide nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia nati negli anni dal 1959 al 1965. 2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali saranno individuate le modalità di corresponsione dell’indennizzo di cui al comma 1».
In sostanza, la richiesta di tale emendato era stata motivata dalla necessità di precisare appunto gli anni in cui veniva venduto ufficialmente il talidomide, per facilitare le procedure d’identificazione dei soggetti colpiti dalla ben nota patologia connotale, ma senza più prove cartacee o documentazione comprovante l’assunzione di tale farmaco da parte dei genitori durante la gravidanza della madre.

Il problema dei thalidomidici, pur essendo conosciuto in tutto il mondo, è stato finora sin troppo “esonerato” dall’attenzione pubblica nel nostro Paese  e far crescere la comunicazione e la sensibilizzazione su di esso è sempre stato il principale obiettivo della TAI (Associazione Thalidomidici Italiani), nata nel 2004 in seguito a un fenomeno iniziato quasi cinquant’anni prima, nel 1956.
Fu infatti allora, con l’immissione sul mercato di uno psicofarmaco sedativo contenente il principio attivo chiamato appunto thalidomide, che nacquero circa 20.000 bambini malformati a causa dell’assunzione di esso in gravidanza da parte delle madri (solo 10.000 bambini riuscirono a sopravvivere). Nel 1962, poi, furono vietate le vendite in Italia di tali prodotti, con notevole ritardo rispetto ad altri Paesi europei.
Va anche detto che da qualche tempo il farmaco è stato reimmesso nel mercato per la sua utilità nella cura di malattie come la lebbra, il mieloma multiplo o altre ancora e alla luce della sua storia così socialmente nefasta, urge sempre un’efficace informazione ai cittadini italiani.
Ad oggi si stima che nel nostro Paese i soggetti thalidomidici siano circa duecento, molti dei quali noti e iscritti alla TAI, la quale ultima si occupa anche di altre malformazioni (amelìe, dismelìe) che hanno origini e cause diverse dalla thalidomide.
«Si trattò – spiega Nadia Malavasi, presidente di TAI ONLUS – di un’orrenda catastrofe, compiutasi e celatasi nel pianto di migliaia di madri, ciascuna convinta di una propria singolare sventura, se alcuni medici e legali non l’avessero portata ad evidenza, dimostrandone le cause e denunciandone le responsabilità. A loro e alla parte migliore della stampa si deve se la tragedia del thalidomide ha avuto fine, insegnando, forse, ad evitarne di analoghe».

Oggi la stessa Malavasi accoglie con grande soddisfazione l’emendamento approvato nei giorni scorsi. «Siamo grati – ha dichiarato la presidente della TAI – soprattutto a quei senatori che ci hanno ascoltato e hanno combattuto questa battaglia al nostro fianco e mi riferisco in particolare alla Commissione Igiene e Sanità e ai Parlamentari che hanno sollecitato i regolamenti applicativi della Legge 244/07. Per noi, che lavoriamo per salvaguardare la dignità della vita dei Thalidomidici italiani, dimenticati per mezzo secolo, è certamente un altro bel traguardo». (S.B.)

Per ulteriori informazioni:
TAI ONLUS, tel. 339 6494520, info@thalidomidicionlus.it.
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