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Convenzione: Italia e Germania hanno ratificato negli stessi giorni

Nella mappa proposta dall'ONU i Paesi indicati in arancione sono quelli che hanno già ratificato la Convenzione e il Protocollo Opzionale. Anche Italia e Germania (qui indicate in celeste) vanno ora compresi tra essiProprio nello stesso giorno in cui il Parlamento Italiano ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (se ne legga in questo sito, cliccando qui), anche la Germania è apparsa nella lista ufficiale pubblicata dalle Nazioni Unite, comprendente i Paesi che hanno proceduto a questo passo.
Sembra proprio, dunque, che l’Europa si stia muovendo, pur con maggiore lentezza e un po’ di “pigrizia” in più rispetto al resto del mondo. A tal proposito si veda in calce a questo testo la lista completa dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione e il Protocollo Opzionale di essa.

Rapida cronistoria
A questo punto è certamente il caso di riprendere alcuni concetti generali, nel tentativo di fornire ai Lettori la migliore informazione possibile.
Chi frequenta da tempo queste colonne – il nostro sito segue da anni, passo dopo passo, il percorso della Convenzione sulla Disabilità – conosce ormai bene le varie fasi che hanno portato sino ad oggi. Riassumiamole rapidamente.
Il 25 agosto 2006, dopo cinque anni di lavoro contro i dieci solitamente previsti, e otto sessioni del cosiddetto “Comitato Ad Hoc” (Ad Hoc Committee), la Convenzione è stata definita, con un importante contributo anche delle organizzazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie (se ne legga cliccando qui). Successivamente, il 13 dicembre 2006, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ufficialmente adottato il Trattato in via definitiva (se ne legga cliccando qui).
Altro importante passaggio si è avuto il 30 marzo 2007, con la cerimonia di apertura alle firme dei vari Paesi, che ha visto ben 82 Stati sottoscrivere subito il documento (tra i quali anche l’Italia), vale a dire quattro volte tanto il numero di firme conseguito ordinariamente da una Convenzione delle Nazioni Unite (se ne legga cliccando qui).
E ancora, il 3 maggio 2008, si è avuta l’entrata in vigore ufficiale, in corrispondenza della ratifica da parte del ventesimo Stato (se ne legga cliccando qui), ciò che ha consentito anche di fissare per il 3 novembre 2008 (sei mesi dopo), la costituzione e l’avvio del lavoro per il Comitato di esperti che dovrà monitorare, su scala internazionale, l’attuazione dei princìpi contenuti nel testo della Convenzione e quindi la sua corretta e adeguata implementazione, come previsto dall’articolo 34 del Trattato (se ne legga cliccando qui).
Arriviamo dunque ai giorni nostri, con più di cinquanta Stati che hanno già proceduto alla ratifica, mentre sono trenta quelli che hanno attuato la medesima operazione per il Protocollo Opzionale.

Che cos’è una Convenzione
Ma che cos’è in sostanza una Convenzione dell’ONU sui Diritti Umani? Ci soccorre per questo una scheda molto chiara elaborata dall’AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), che lo spiega assai bene: «Una Convenzione sui Diritti Umani è un accordo internazionale legalmente vincolante tra Stati o Paesi, che definisce alcuni princìpi relativi a un insieme di diritti umani, e stabilisce i parametri di condotta ai quali i Governi si devono attenere per rispettarli. Le Convenzioni vengono chiamate anche Trattati o Patti. Ratificando o approvando una Convenzione, uno Stato si impegna a garantire ad ogni persona che si trova nel proprio territorio l’esercizio dei diritti umani da essa definiti».
30 marzo 2007: l'allora ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero sottoscrive la Convenzione. Assieme a lui Giampiero Griffo, componente del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples' International)«Nel 1948 – si spiega ancora – la neonata ONU proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR Universal Declaration of Human Rights), che descrive con eloquenza i diritti inalienabili ed inviolabili di tutti i membri della famiglia umana. Tuttavia, poiché la Dichiarazione non aveva valore giuridico, è stato necessario tradurne i princìpi in Trattati legalmente vincolanti per i Paesi che li ratificano. Da questo processo sono emerse due Convenzioni (chiamate Patti) che distinguono i diversi tipi di diritti umani: i diritti civili e politici, che i paesi stabilirono di proteggere immediatamente (Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici), e i diritti economici, sociali e culturali, che i Paesi promisero di garantire nel corso del tempo (Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali). Queste due Convenzioni, insieme all’originale UDHR, compongono quella che viene definita la Carta Internazionale dei Diritti Umani».

La Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, dunque – la prima del nuovo millennio – rientra tra quelle successive le quali, annota ancora la scheda dell’AIDOS, «sono un’elaborazione della Carta Internazionale dei Diritti Umani, in quanto si concentrano più approfonditamente su aree specifiche. Ad esempio, mentre la Carta Internazionale dei Diritti Umani tratta il tema della tortura, è però la Convenzione contro la Tortura a definire tutele più specifiche in materia. Inoltre, alcune Convenzioni sui Diritti Umani hanno protocolli facoltativi o ulteriori accordi, in aggiunta al testo principale [è il caso di quella sulla Disabilità, con il suo Protocollo Opzionale, N.d.R.]. Questi protocolli possono allargare la tutela dei diritti umani prevista dalla convenzione, o istituire ulteriori meccanismi per garantire l’applicazione del trattato nel suo insieme, in particolare tramite la presentazione di denunce in caso di violazioni. I protocolli facoltativi dei trattati in materia di diritti umani sono essi stessi dei Trattati Internazionali, soggetti alla firma, ratifica o adesione da parte degli Stati che hanno sottoscritto il Trattato in questione».

I contenuti della Convenzione
Detto che quest’ultima è la prima del nuovo millennio, va anche aggiunto, naturalmente, che essa è il primo strumento giuridico internazionale vincolante – per i Paesi che la stanno sottoscrivendo e ratificando – riguardante i diritti umani delle persone con disabilità. Non è quindi eccessivo parlare di “traguardo storico” per il movimento mondiale delle donne e uomini coinvolti in questi problemi.
Per un’analisi dei contenuti preferiamo a questo punto cedere la parola a Carla Castagna di DPI Italia (Disabled Peoples’ International), oltre che componente del Gruppo Donne della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), del Consiglio Direttivo della FAIP (Federazione Associazioni Italiane Para-Tetraplegici) e di quello della FISH Piemonte. Infatti, la sua lucida analisi – già da noi proposta qualche tempo fa – ci sembra ancora uno dei migliori documenti finora prodotti.
Nei prossimi giorni – oltre a continuare con la pubblicazione dei vari articoli della Convenzione – cercheremo di approfondirne altri aspetti, parlando ad esempio delle Riserve o delle Dichiarazioni che alcuni Paesi hanno proposto all’atto della ratifica.
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Una nuova base culturale
di Carla Castagna

La Convenzione definisce persone con disabilità coloro che hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che, in interazione con varie barriere, possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di uguaglianza con gli altri.
Essa ha lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali delle persone con disabilità.
Il presidente della FISH Pietro Barbieri a New York, durante gli incontri del 2006 che hanno portato alla definizione della ConvenzioneSi tratta certamente di un trattato straordinariamente importante, soprattutto per due ragioni: da un lato, infatti, prevede una nuova base culturale, oltre a precisi impegni politici, economici e organizzativi, dall’altro, mette in evidenza la doppia discriminazione delle donne con disabilità e propone strategie adeguate per superarla.

La cura e la protezione sociale
In sostanza la Convenzione prevede il superamento del vecchio modello medico e assistenziale, che considera la disabilità come malattia e identifica la patologia con la persona, concentrando invece il proprio intervento sulla cura e la protezione sociale, a favore di un approccio basato sui diritti umani, che valorizza tutte le diversità umane (di razza, genere, cultura, lingua, orientamento sessuale e condizione psicofisica) e sottolinea che la condizione di disabilità non deriva dalle qualità soggettive della persona, ma dal modo con cui la società risponde ad essa, discriminandola in tutti gli ambiti della vita (istruzione, lavoro, servizi ecc.) e violando i suoi diritti umani.
Il trattamento dev’essere basato sull’inclusione sociale, le competenze pertengono a tutti i settori della società e le politiche generali devono includere le persone con disabilità in un approccio basato sul cosiddetto mainstreaming [inserimento della disabilità in tutti i progetti generali, N.d.R.].
Le risorse, poi, sono quelle riguardanti tutti i cittadini e ricavate non soltanto dai bilanci della sanità e dell’assistenza, i cui interventi devono comunque basarsi su obiettivi di autodeterminazione, autonomia e indipendenza.

Le donne con disabilità
Per quanto riguarda le donne con disabilità, viene evidenziata – come già sottolineato – la loro doppia discriminazione, determinata dal genere e dalla disabilità, oltre che la loro invisibilità come donne e come persone con disabilità, la loro povertà di diritti e non solo.
L’adozione della prospettiva di genere nella disabilità ha comportato il riconoscimento del doppio svantaggio delle donne con disabilità e la necessità di favorirne l’emancipazione attraverso politiche di empowerment (“rafforzamento”) e un’equa rappresentanza nel movimento della disabilità.
E del resto le donne con disabilità hanno fornito un apporto importante e significativo alla stesura della Convenzione, facendo sì che per la prima volta, in un trattato di tale importanza, fosse evidenziata la disabilità di genere in un articolo specifico (6: Donne con disabilità) e negli altri più significativi: dal Preambolo (punti p, q, s) ai Princìpi generali (articolo 3), dall’Accrescimento della consapevolezza (8) al Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti (16), dalla Salute (25) agli Adeguati livelli di vita e protezione sociale (28), fino al Comitato sui Diritti delle Persone con Disabilità (34).

Princìpi generali
La Convenzione prevede come princìpi generali:
– la dignità, l’autonomia individuale, la libertà di scelta, l’indipendenza;
– la non discriminazione;
– la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società;
– il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità;
– la parità di opportunità;
– l’accessibilità;
– la parità tra uomini e donne;
– il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto a preservare la loro identità.

Obblighi generali
Come obblighi generali, invece, la Convenzione prevede:
– il coinvolgimento attivo delle organizzazioni di persone con disabilità nell’applicazione della legislazione e delle politiche riguardanti la Convenzione, secondo il nuovo approccio culturale alla disabilità, mirabilmente riassunto nello slogan Nulla su di Noi Senza di Noi;
– l’accessibilità, sulla base dell’uguaglianza con gli altri, intesa in senso ampio, come accessibilità ai diritti, e quindi non solo all’ambiente fisico e ai trasporti, ma anche all’ambito sociale, economico, culturale, alla salute, all’istruzione, all’informazione, alla comunicazione;
– la mobilità personale. Qui basterà ricordare che in Italia, ad esempio, l’accesso ordinario ai treni è del 100%, ma per le persone con disabilità è garantito soltanto al 25%;
– la libertà da sfruttamento, violenza e abuso: oggi il rischio di subire violenza da parte delle donne con disabilità è doppio rispetto a quello delle altre donne. Risulta poi che nei Paesi industrializzati dal 39% al 68% di ragazze e dal 16% al 30% di ragazzi con ritardo intellettivo siano abusati prima dei diciotto anni di età;
– la vita indipendente, l’inclusione nella società e l’avvio di un percorso di deistituzionalizzazione: oggi, nell’Unione Europea, ben 500.000 persone con disabilità (mezzo milione!) sono recluse in 2.500 megaistituti;
– l’istruzione: in Italia le persone senza disabilità prive di titolo di studio sono il 4,1%, quelle con disabilità il 33,1% e di queste il 33,6% sono donne e il 26,3% uomini;
Donna con disabilità insieme a un'assistente– la salute, con servizi e programmi sanitari di qualità, compresi quelli riguardanti l’area sessuale e di salute riproduttiva. Qui è necessario ricordare che lo Stato del Vaticano, in qualità di Paese Osservatore, non ha simbolicamente firmato la Convenzione, in riferimento alla salute riproduttiva [su tale questione si leggano in questo stesso sito i testi disponibili cliccando qui, qui, qui e qui, N.d.R.].
– l’adattamento e la riabilitazione, intese come abilitazione e inclusione sociale e non soltanto come riabilitazione sanitaria;
il lavoro: il tasso di disoccupazione ordinario è del 6,8%, mentre per le persone con disabilità è del 76%. Inoltre, tra quelle avviate al lavoro, di queste soltanto un terzo sono donne con disabilità;
– adeguati livelli di vita e protezione sociale, assicurando l’accesso ai programmi di protezione sociale in particolare a donne, ragazze e persone anziane.
– la partecipazione alla vita politica e pubblica, culturale e ricreativa;
– statistiche e raccolta dati: oggi l’Istat usa campionamenti sulla condizione di salute e non sui diritti. Ci sono inoltre statistiche della Pubblica Amministrazione sul lavoro, basate su leggi e non su princìpi;
– sistema di monitoraggio internazionale: in Italia non vi è una politica organica di monitoraggio e dovranno essere coinvolte le organizzazioni delle donne e degli uomini con disabilità.

Obiettivi
La Convenzione individua inoltre i seguenti obiettivi:
mainstreaming nelle politiche, includendo cioè, nelle politiche ordinarie (trasporti, istruzione, lavoro ecc.) i temi della disabilità e nei provvedimenti che riguardano le donne anche quelle con disabilità;
universal design nelle progettazioni. In altre parole, la progettazione e la realizzazione di prodotti, ambienti e servizi devono essere utilizzabili da tutte le persone, senza bisogno di adattamenti o soluzioni specializzate;
– superamento di qualsiasi politica di segregazione e istituzionalizzazione. Occorre dunque favorire politiche sulla domiciliarità, ricordando che in Italia la legislazione sull’istituzionalizzazione risale agli anni Trenta.

Il percorso della Convenzione
La Convenzione, quindi, ha messo in evidenza l’esistenza di un gruppo sinora invisibile – nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, le persone con disabilità non erano citate – ed è il primo trattato sui diritti umani del XXI secolo, oltre che una delle otto Convenzioni sui Diritti Umani.
Essa è composta da 50 articoli e un Protocollo Opzionale e avendo raggiunto il 3 aprile 2008 il ventesimo atto di ratifica, è entrata in vigore il 3 maggio 2008.
Il 3 novembre 2008 ha avuto luogo la Conferenza degli Stati Parte che ha eletto il Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità, composto da esperti in diritti umani, con rappresentanza bilanciata per genere e con diversi compiti, tra cui quello di esaminare i rapporti che gli Stati dovranno presentare su come abbiano attuato la Convenzione, due anni dopo la sua entrata in vigore [3 maggio 2010, N.d.R.] e successivamente ogni quattro anni.
Nel caso in cui il singolo Stato abbia aderito al Protocollo Opzionale, allegato alla Convenzione, il Comitato riceverà anche i ricorsi individuali (di singoli oppure di gruppi di individui) e potrà avviare una procedura d’inchiesta.
Il Comitato, infine, potrà proporre Raccomandazioni, dal forte valore persuasivo, seppure senza il valore giuridico della sentenza di un tribunale internazionale.

Continuiamo a rileggere la Convenzione

Articolo 5 – Uguaglianza e non discriminazione

1. Gli Stati Parti riconoscono che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge ed hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale beneficio dalla legge.

2.
Gli Stati Parti devono vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantire alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento.

3. Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli.

4. Le misure specifiche che sono necessarie ad accelerare o conseguire de facto l’uguaglianza delle persone con disabilità non costituiscono una discriminazione ai sensi della presente Convenzione.


Articolo 6
– Donne con disabilità

1. Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità.

2. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione.


Articolo 7
– Minori con disabilità

1. Gli Stati Parti adottano ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.

2. In tutte le azioni concernenti i minori con disabilità, il superiore interesse del minore costituisce la considerazione preminente.

3. Gli Stati Parti garantiscono ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano e le loro opinioni sono debitamente prese in considerazione, tenendo conto della loro età e grado di maturità, assicurando che sia fornita adeguata assistenza in relazione alla disabilità e all’età, allo scopo di realizzare tale diritto.


Articolo 8
– Accrescimento della consapevolezza

1. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di:
(a) sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità;
(b) combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti;
(c) promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle persone con disabilità.

2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati Parti:

(a) avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del pubblico al fine di:
(i) favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con disabilità;
(ii) promuovere una percezione positiva ed una maggiore consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
(iii) promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;

(b) promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;

(c) incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente Convenzione;

(d) promuovono programmi di formazione per accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle persone con disabilità.

La Convenzione sulla Disabilità nel mondo:
chi ha ratificato e chi non lo ha fatto

Ad oggi, 26 febbraio 2009, sono esattamente 50 i Paesi che appaiono nell’elenco ufficiale prodotto dall’ONU, come ratificatori della Convenzione. In tale elenco non appare ancora l’Italia, che invece – come noto – ha attuato questo passaggio il 24 febbraio scorso.

Questo è comunque l’elenco attuale (in ordine cronologico di ratifica):
– Giamaica (30 marzo 2007) – Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Cuba (6 settembre 2007) – Gabon (1° ottobre 2007) – India (1° ottobre 2007) – Bangladesh (30 novembre 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – Nicaragua (7 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Giordania (31 marzo 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Egitto (14 aprile 2008) – Honduras (14 aprile 2008) – Filippine (15 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Qatar (13 maggio 2008) – Kenya (19 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Australia (17 luglio 2008) – Thailandia (29 luglio 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Cina (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Turkmenistan (4 settembre 2008) – Nuova Zelanda (25 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Vanuatu (23 ottobre 2008) – Lesotho (2 dicembre 2008) – Corea del Sud (11 dicembre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Oman (6 gennaio 2009) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Uruguay (11 febbraio 2009) – Germania (24 febbraio 2009).

Per quanto riguarda invece il Protocollo Opzionale alla Convenzione (testo che consentirà al Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità di ricevere anche ricorsi individuali – di singoli o di gruppi di individui – e di avviare eventuali procedure d’inchiesta), a ratficarlo sono stati finora i seguenti 29 Paesi (anche qui, ovviamente, si dovrà aggiungere l’Italia):
– Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Bangladesh (12 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) –  Svezia (15 dicembre 2008) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Germania (24 febbraio 2009).

Per ogni ulteriore approfondimento rimandiamo al portale delle Nazioni Unite ed esattamente allo spazio di esso dedicato alla disabilità, raggiungibile cliccando qui.

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