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Tutti a casa quei duemila lavoratori?

Operatrice del Servizio RECUP«L’adozione del Decreto n. 11 del 2/2/2009 del presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, in quanto commissario  ad acta, prevede l’internalizzazione del servizio RECUP [Servizio Unico di Prenotazione Telefonica, N.d.R.] mediante l’occupazione di risorse regionali e/o di società regionali, con solo residuale e parziale utilizzo dei lavoratori disabili attualmente in forza alla Cooperativa Capodarco, ideatrice e attuale gestore del servizio, in cui oggi sono impegnati invece oltre novecento lavoratori disabili e normodotati».
Così ci aveva scritto nei giorni scorsi Maurizio Marotta, presidente del Consorzio Sociale CO.IN. (Cooperative Integrate), del cui messaggio avevamo informato i nostri lettori (se ne legga cliccando qui).

Oggi a scriverci è Maurizio Giovannetti, presidente della Cooperativa Capodarco, per presentare una petizione lanciata in questi giorni, «per la sopravvivenza della Cooperativa stessa e del Servizio Regionale di prenotazioni sanitarie del RECUP». Una petizione sotto forma di lettera aperta al presidente Marrazzo che, secondo Giovannetti, «deve servire a salvare quasi 2.000 soci lavoratori, di cui un terzo gravemente disabili e svantaggiati e a tutelare le clausole sociali nelle gare di appalto».

Nato nel 1999 ad opera della Cooperativa Sociale e Integrata Capodarco, il Servizio RECUP è servito in questi anni ad effettuare quasi venti milioni di prenotazioni sanitarie  telefoniche di visite specialistiche e di esami diagnostici, razionalizzando e facilitando l’accesso ai servizi di sanità pubblica regionale con una riduzione drastica delle file agli sportelli e delle liste di attesa.
Dal canto suo Capodarco è nata nel 1975, per finalizzare l’inserimento lavorativo di persone con disabilità e svantaggiate e rappresenta una delle prime e più conosciute esperienze di integrazione sociale e lavorativa a livello nazionale ed europeo.
«L’appello rivolto al presidente Marrazzo – spiega Giovannetti – è perché si riveda la decisione di internalizzare il servizio a partire dal prossimo 1° giugno e che prevede la sostituzione del personale di Capodarco con operatori pubblici regionali. La decisione è tanto più grave in quanto avviene dopo che per ben due volte si è provveduto a revocare in questi ultimi due anni e mezzo le gare per il rinnovo del servizio e a mettere in discussione l’uso di clausole sociali sulla base della normativa europea, nazionale e regionale».

Qui di seguito diamo quindi spazio quasi integralmente alla lettera-appello – approvata all’unanimità dai lavoratori soci della Capodarco – ricordando che per aderire ad essa è sufficiente accedere al sito www.capodarco.coop. (S.B.)

Lettera aperta al presidente della Regione Lazio e commissario ad acta Piero Marrazzo

Signor Presidente della Regione e Commissario governativo ad acta per la Sanità Regionale Piero Marrazzo, questa lettera aperta è dei soci lavoratori della Cooperativa Sociale e Integrata Capodarco, riuniti in assemblea il giorno 22 febbraio 2009.
Vogliamo confrontarci con Lei, e con tutti i cittadini della nostra Regione, su tre problemi che riteniamo della massima urgenza:
1. Che fine farà il Servizio RECUP?
2. Che fine farà la Cooperativa Capodarco?
3. Che fine faranno gli oltre 2.000 lavoratori della Cooperativa?
I tre problemi non sono messi in ordine di importanza, ma di causa ed effetto: se si sbaglia la risposta al primo, ne possono derivare conseguenze tali da pregiudicare la soluzione degli altri due.

Tutti conoscono il servizio regionale di prenotazione delle prestazioni sanitarie ambulatoriali RECUP ed è convinzione unanime che si tratti di un servizio di rilevante importanza per tutti i cittadini della Regione: lo scorso anno il numero di telefonate in entrata e uscita che abbiamo servito è stato di circa 5 milioni.
Gestiamo questo servizio non per la compiacenza di ignoti, ma per esserci legittimamente aggiudicati la gara europea indetta congiuntamente dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio, per mezzo della Farmacap, nel dicembre del 1999.
È dal 2005 che, sulla base di ripetute Delibere Regionali, del precedente e dell’attuale Governo della Regione, operiamo in proroga di contratto, in attesa di chi si aggiudicherà la prossima gara. La LAIT spa ne ha già indette due e le ha revocate entrambe.

Ora Lei prevede, con il Decreto n. 11 proposto il 2 febbraio di quest’anno, di internalizzare il servizio per potenziarlo e ridurne i costi.
Siamo nel pieno di una spaventosa crisi economica mondiale, di cui tutti i cittadini sono consapevoli; anche noi riteniamo un dovere inderogabile quello di rendere conto a tutti di come vengono impiegati i soldi pubblici.
A fronte dei soldi che abbiamo ricevuto, abbiamo costruito e gestito, fino ad ora, un servizio di rilevante importanza sociale; e con quei soldi abbiamo pagato il nostro lavoro, in conformità al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro delle Cooperative Sociali, versando sempre tutti i contributi previsti dalla legge.
Siamo quindi interessati a un confronto che ci dimostri come sia possibile potenziare questo servizio riducendone i costi. Vorremmo anche sapere se qualcuno ha calcolato i costi per la Regione e per ogni singolo cittadino che un peggioramento o la chiusura di questo servizio causerebbe.
La decisione di internalizzare il servizio non ci trova d’accordo, ma ne riconosciamo la vostra facoltà.

In questi nove anni la crescita del RECUP è coincisa con la crescita del numero di soci lavoratori della Cooperativa; negli ultimi tre anni il RECUP – e di conseguenza la Capodarco – è stato al centro di scontri politici e di potere a volte in modo pertinente, a volte in modo assolutamente pretestuoso; la gogna mediatica a cui siamo stati sottoposti ha leso gravemente la nostra onorabilità; il nostro Direttore Generale, Maurizio Marotta, a cui va tutta la nostra stima, riconoscenza e solidarietà, è coinvolto in un processo al termine del quale, ne siamo pienamente convinti, emergerà in tutta la sua chiarezza ed evidenza non solo la sua estraneità ai fatti contestati, ma anche la vera finalità di chi ha voluto affossare una gara legittimamente indetta con le clausole sociali per l’inserimento lavorativo delle persone disabili.
Proprio per questi motivi, anche se con profondo rammarico, noi consideriamo la proposta di internalizzare il servizio RECUP con estrema attenzione, visto che ci è ormai assolutamente evidente che Lei non ha alcuna intenzione di affidarne la gestione ad una cooperativa sociale.

Torniamo alla domanda: che fine farà il RECUP? Vorremmo che a Lei, e a tutti i cittadini, fosse chiaro che non si tratta di uno dei tanti call center che si sono moltiplicati in questi anni, fonte spesso di occupazione precaria e ad alto turnover. Si tratta invece di un servizio che richiede un’alta professionalità e una lunga fase di preparazione: sia degli operatori telefonici, sia degli operatori di back office che rendono erogabile il servizio.
Nessuno tra i call center CUP presenti in Italia può vantare la complessità e la quantità del lavoro svolto dal nostro RECUP: un catalogo di oltre 5.600 prestazioni sanitarie prenotabili; circa 25.000 agende specialistiche di erogazione; l’intero territorio regionale.
Una competenza vera: impossibile per chiunque sostituirla da oggi al 31 maggio, come prevede il suo Decreto.

A tutto questo aggiungiamo che Lei dichiara di voler internalizzare il servizio per estenderlo anche a tutte le Aziende private che lavorano con il Sistema Sanitario Regionale, intenzione che noi riteniamo assolutamente di condividere e che da molti anni sosteniamo pubblicamente. Lei davvero ritiene di poter fare tutto ciò senza il nostro aiuto? Perché è di questo che stiamo parlando: qual è il ruolo previsto per la Cooperativa Capodarco in questa fase di consegna del Servizio RECUP alla Società Regionale Asclepion? Quanto tempo durerà questa fase e con quali modalità dovrà avvenire?
Dalla risposta a queste domande, come vede, dipende non solo il futuro del Servizio RECUP, e quale Servizio RECUP, ma dipende, per noi soci lavoratori, la possibilità di continuare la nostra esperienza di impresa sociale integrata. Un’esperienza che ha prodotto l’inserimento lavorativo di circa 2.000 persone, a cui è stata data una vera formazione professionale, un lavoro faticoso, ma dignitoso e di responsabilità; assolvendo ad un compito sociale di grande rilevanza: l’integrazione lavorativa tra persone con disabilità e gli altri lavoratori.
Quello che ci sgomenta, in questo momento, è la coincidenza tra il Decreto e la contemporanea messa in discussione di molti dei contratti che legano la nostra cooperativa alla Regione e alle Aziende Sanitarie e Ospedaliere che da Lei dipendono. In questo momento, infatti, ci risultano a rischio i nostri posti di lavoro presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo e le ASL Roma C, Roma E, Roma H, Frosinone e Rieti.

Il terzo problema che il suo decreto lascia sul tappeto, che va oltre la condivisione o meno dei nostri scopi mutualistici, è: che fine faranno gli oltre 2.000 lavoratori che oggi sono impegnati nei servizi gestiti dalla Capodarco?
La crisi economica che stiamo vivendo è durissima per tutti, ma forse i cittadini non sanno che, mentre per le aziende “normali” esiste la cassa integrazione, per i soci lavoratori delle cooperative sociali la stessa non è applicabile.
Quindi, signor Presidente e Commissario, cosa facciamo? Perché il potenziamento del Servizio RECUP – che sembrerebbe aprire lo spazio per aggiungere occupazione qualificata – rischia di lasciare 2.000 lavoratori senza stipendio, senza lavoro e senza ammortizzatori sociali?
Davvero l’unica soluzione che ci rimane è: TUTTI A CASA?

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