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Non un decalogo, ma quasi, dalle famiglie con disabilità

Tante persone associate alla Federazione Italiana ABCDopo una quindicina d’anni di vita associativa (non sempre felice, non sempre facile, mai noiosa), come Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) pensiamo sia utile cercare di ricordare e capire meglio il significato di questo lungo periodo trascorso insieme. Per un attimo, dunque, immaginiamo di essere intervistati e di avere a disposizione un tempo un po’ più lungo dei soliti “trenta secondi-due battute” di un talk-show televisivo. Di essere così importanti da avere a disposizione una puntata intera tutta per noi. Cosa diremmo? Chi eravamo, come siamo cambiati (se siamo cambiati) e chi siamo oggi? Le nostre idee di ieri sono ancora oggi valide? Sono più ascoltate, più seguite, più comprese? E le nostre speranze? Qualcuna di esse è diventa realtà? Chi ci conosce e come? Abbiamo inciso sulla società? Con quali strumenti? Con quali risultati? E le nostre ragazze e ragazzi vivono oggi (indipendentemente dalle loro patologie) meglio di ieri? Sono queste le domande giuste per ottenere le risposte più interessanti?

Cominciamo dall’ultima: sì, sono queste! Chi eravamo ce lo ricordiamo appena: una dozzina di padri di “famiglia con disabilità” (anche se questo concetto, a noi carissimo, nascerà un po’ dopo), le madri erano a casa ad accudire le figlie e i figli, ma qualcuna ce n’era (non siamo una “lobby maschilista”!) e tutti si erano messi in testa di fare qualcosa di utile per i loro figli gravemente disabili. Eravamo “seguaci” di una metodica riabilitativa intensiva, precoce, completa (od olistica, come forse è meglio dire) e domiciliare. In altre parole cercavamo di fare il meglio, al più presto possibile, il più completamente possibile e a casa (se no, dove?).
Con quali risultati? Complessivamente buoni, talvolta molto buoni, nel possibile. Abbiamo certamente migliorato le condizioni di vita dei nostri ragazzi, oggi li capiamo meglio e comunichiamo meglio con loro. Ci sono state naturalmente anche sconfitte e dolori, ma nel complesso è stata un’esperienza assai utile che ci ha insegnato molte cose, che cerchiamo di trasmettere ad altri. Se siamo cambiati lo siamo assai poco. Siamo divenuti meno dogmatici, più aperti alle esperienze di altri, più disponibili a confrontarci con idee diverse. Ma fondamentalmente siamo rimasti gli stessi. Qualcuno si è perso per strada, c’è qualche faccia nuova.
Partite dalla riabilitazione, le nostre idee sono cresciute con i nostri ragazzi e oggi abbracciano tutta la società: naturalmente la riabilitazione – anzi prima la prevenzione – poi l’integrazione scolastica, l’assistenza domiciliare, l’inclusione sociale, la sanità per le persone con disabilità (ricordandoci sempre che la disabilità non è una malattia e che è sempre più necessario demedicalizzarla), l’accessibilità ai luoghi, alle informazioni e alle idee, la difesa dei diritti e la compartecipazione alle scelte (“Nulla per Noi senza di Noi e le Nostre Famiglie”), l’associazionismo e i rapporti con le altre associazioni, le istituzioni, la politica.

Tante idee andavano ordinate, raccolte, scritte, mostrate, condivise con altri ed è quello che abbiamo cercato di fare, organizzando moltissimi convegni, tavole rotonde, dibattiti, un po’ in tutte le regioni ove sono presenti le nostre famiglie. Qualche nostra famiglia ha partecipato anche a trasmissioni televisive di grande audience e tuttavia crediamo che il poco tempo concesso in tali ambiti non permetta molto di più di un paio di ben calibrate battute. Indubbiamente anche questo è utile, ma i tempi necessari alla comprensione e alla condivisione delle nostre tematiche sono altri.
E allora, oltre ai convegni e alle conferenze, ecco gli articoli sui network del mondo della disabilità e non solo su quelli, i video, i libri. Centinaia di scritti, di commenti ai fatti che ci riguardano, talvolta di polemiche anche dure, ma mai, ci piace pensare, sterili o partigiane. Perché se c’è una cosa che abbiamo imparato a nostre spese è che non si può delegare nulla in questi campi. Un esempio per tutti riguarda la politica: il prepensionamento dei genitori dei disabili gravi, inteso come misura economicamente saggia e idonea a compensare parzialmente la carenza di servizi. Mille volte annunciato, cento volte dato per acquisito da parlamentari di ogni colore politico – alcuni di loro hanno costruito addirittura parte della loro “carriera” su questo tema – risultato finale: zero! Una vera beffa.
Se la politica dunque si ricorda di noi praticamente solo in campagna elettorale, per poi dimenticarci il giorno dopo le elezioni con la solita scusa che “non ci sono soldi” (ma noi non chiediamo solo quelli, anzi sono forse la cosa che chiediamo di meno!), con il resto della società ci è andata molto meglio. L’idea che difendendo i diritti dei più deboli si difenda il diritto di tutti, che dando di più a chi ha più bisogno si attuino i concetti di giustizia ed equità è oggi un pensiero condiviso da molti. Non era così ieri, quando abbiamo iniziato a parlarne anche noi.       

Qualche “pensiero forte” (ma privo di dogmatismo) tipicamente nostro?
1) La “famiglia con disabilità”: i problemi creati dalla disabilità, specialmente se grave, sono talmente numerosi, complessi e “pesanti” che l’intero nucleo familiare al quale appartiene la persona con disabilità ne è necessariamente coinvolto.
2) La pari dignità della famiglia con disabilità nei confronti dei professionisti che si occupano delle sue tematiche (tecnici della riabilitazione, medici, sociologi, psicologi, assistenti sociali ecc.).
3) La famiglia con disabilità è depositaria di un sapere utile nato dalle esperienze vissute e condiviso con altre famiglie. Tale sapere è prezioso per tutta la società perché vede nella disabilità (anche) una risorsa e la 4) riscoperta dei valori fondamentali del vivere. Da ciò deriva la necessità e l’utilità di una nostra partecipazione sempre più attiva in tutte le sedi dove si forma la coscienza della società e la rimozione di tutti gli ostacoli (in primis le barriere culturali) che tale partecipazione ostacolano.
5) I gravissimi e non solo quelli in stato vegetativo persistente o in stato di minima coscienza. L’assistenza domiciliare integrata e coordinata. La vita attiva della persona con disabilità gravissima. La miglior vita possibile.
6) L’integrazione scolastica di qualità per gli studenti con disabilità grave. E dopo la scuola? La trasformazione dell’integrazione scolastica in inclusione sociale.
7) La presa in carico collegiale e condivisa: Famiglia, ASL, Scuola, Provincia, Regione, Stato.
8) L’età abbandonata: le problematiche della persona con disabilità grave non più bambina e non ancora vecchia.
9) Il “dopo di noi”: una struttura aperta sul mondo e sulla società, capace di ricreare il meglio della vita familiare quando la famiglia non c’è più.

Non arriviamo a dieci. Ma ha già provveduto Qualcuno più importante di noi.

*Ufficio Stampa Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

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