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La miostatina può diventare una chiave per salvare i muscoli

La miostatina non ha più segreti: è stata infatti chiarita definitivamente la sequenza di “messaggi molecolari” scatenati da questo ormone, che all’interno dell’organismo ha il compito di indurre la perdita di massa muscolare. Lo afferma una ricerca condotto dal gruppo guidato da Marco Sandri, studioso dell’Istituto Telethon Dulbecco, che lavora presso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM).

Il ricercatore Marco Sandri, coordinatore dello studio sulla miostatinaSi tratta di una scoperta che potrebbe avere positive ricadute in ambito terapeutico: sono molti anni, infatti, che ricercatori di tutto il mondo stanno provando a bloccare farmacologicamente l’azione della miostatina per ripristinare la massa muscolare nelle persone affette da malattie genetiche come la distrofia di Duchenne e l’amiotrofia spinale, ma anche da patologie sistemiche come tumori, insufficienza cardiaca cronica, AIDS, diabete e insufficienza renale cronica. Di fatto, però, la prima sperimentazione clinica effettuata nel 2007 sull’uomo non aveva dato i risultati sperati, nonostante le ottime premesse osservate sui modelli animali. Somministrando a pazienti affetti dalla distrofia di Becker degli anticorpi anti-miostatina – in grado quindi di “sequestrare” l’ormone e di impedire ad esso di agire – i ricercatori non avevano infatti ottenuto alcun effetto biologico e questo probabilmente perché esistono anche altre molecole simili alla miostatina che possono esercitare lo stesso effetto sui muscoli: da qui la necessità di conoscere tutti i “comprimari” dell’ormone, per trovare i bersagli farmacologici più adatti per bloccare completamente lo stimolo alla perdita di massa muscolare.

In questo studio, Marco Sandri e i suoi collaboratori hanno identificato l’intera catena di eventi che si verifica dopo che la miostatina ha inviato il suo segnale, legandosi al proprio recettore. In particolare, hanno individuato le proteine – Smad 2 e Smad 3 – che “eseguono” a livello del DNA l’ordine ricevuto dall’ormone, “spegnendo” direttamente e indirettamente i geni coinvolti nella crescita dei muscoli. Ecco allora che Smad 2 e Smad 3 potrebbero rivelarsi dei bersagli farmacologici efficaci: i ricercatori hanno infatti dimostrato nel modello animale che bloccandoli con opportuni trattamenti, si ottiene una crescita significativa della massa muscolare. Non solo: l’effetto è ancora più forte se contemporaneamente si stimola un’altra via di segnale, quella dell’IGF1-Akt che, indipendente dalla miostatina, è già nota per essere molto importante per la regolazione della forza muscolare.
La ricerca ha chiarito quindi in primo luogo la diatriba su cosa facesse la miostatina nel muscolo adulto, dimostrando al tempo stesso che le due vie principali che controllano la crescita e le dimensioni della nostra muscolatura (miostatina e IGF1) sono indipendenti e possono essere sfruttate entrambe per ottimizzare la ricrescita dei muscoli nelle terapie riabilitative. A beneficiarne potrebbero essere del resto non solo le persone affette da malattie degenerative dei muscoli, ma anche gli anziani, tutti quegli individui che abbiano perso massa muscolare a seguito di lunghi periodi di immobilità o di interventi chirurgici, i soggetti affetti da gravi patologie sistemiche e infine gli stessi astronauti durante i loro lunghi viaggi spaziali. (Ufficio Stampa Telethon)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Telethon (Matteo Marchese), tel. 06 44015402 – 44015394, ufficiostampa@telethon.it.
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