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Ancora troppi ostacoli alla libertà di spostarsi

(Foto di Varina e Jay Patel)Periodo di vacanze, periodo di viaggi, di partenze e rientri. Da mesi, sui siti che parlano di disabilità, si fa riferimento a località, alberghi, strutture accessibili. Tutti hanno, infatti, il diritto di andare in vacanza: le famiglie in cui vive un disabile o una singola persona con problemi di handicap non fanno certo eccezione. Prima di tutto, però, ossia prima di arrivare in loco e valutare strutture e servizi, occorre poter arrivare nella località prescelta. Il trasporto delle persone con ridotta mobilità resta perciò un tema attuale anche d’estate.
Il diritto a viaggiare, come sappiamo, è un altro degli importanti princìpi sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, oltre che dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, senza contare gli altri regolamenti e direttive europee (in questi si parla, più in generale, anche di libera circolazione di merci, informazioni, persone…). In realtà, il trasporto – sia pubblico che privato – è un aspetto importantissimo durante tutto l’anno: basti pensare alle tante storie di bambini o ragazzi che, in questi anni, si sono visti negare il trasporto con pulmino attrezzato per raggiungere la scuola dell’obbligo. D’estate, però, le difficoltà di trasporto possono rovinare o impedire le ferie, considerate periodi importanti di riposo psicofisico.

Per quanto riguarda il trasporto privato – tramite auto adattata – da anni si trascina una diatriba tra le associazioni di persone con disabilità e lo Stato italiano relativa ai contrassegni rilasciati dai rispettivi Comuni italiani. Vi è infatti una Raccomandazione del Consiglio Europeo [la 98/376/CE. Di questo il nostro si è già spesso occupato. Se ne legga ad esempio cliccando qui, N.d.R.] che già a partire dal 1998 chiede agli Stati Membri di introdurre il contrassegno europeo unificato per la sosta e la circolazione delle persone con ridotta capacità motoria.
In Italia, però, si afferma che questo pass viola la legge sulla privacy e quindi chi decide di viaggiare in un altro Paese della Comunità Europea ancora oggi rischia di essere multato. Eppure le soluzioni alternative si possono trovare. Lo ha dimostrato ad esempio la città di Parma che – come è stato sottolineato proprio qualche tempo fa dalle colonne di Superando [se ne legga cliccando qui, N.d.R.] – sta sperimentando un nuovo tipo di pass. Il tagliando rivisitato, grazie ad alcuni accorgimenti, un po’ di buona volontà e razionalità, riesce a coniugare diverse necessità: protezione della privacy, rispetto delle direttive europee e quindi libertà di movimento, oltre che lotta all’uso improprio di questi permessi, pratica che purtroppo è ancora tanto diffusa. Su quest’ultimo aspetto, una notizia recente comunica che dal 15 settembre tutti i vigili urbani di Roma avranno accesso alla banca dati relativa ai permessi per i disabili, in modo da verificare in tempo reale (con l’uso di un palmare) la regolarità del contrassegno rilasciato dal Comune capitolino.

Persona con disabilità in aeroportoPer quanto attiene al trasporto pubblico, la frammentazione delle singole situazioni locali – tipica del nostro Paese – richiede che, per poter giudicare la validità degli stessi mezzi di trasporto, sia necessario osservare le singole realtà, ossia cosa succede, anche raccogliendo le storie di coloro (ancora pochi per la verità) che denunciano o semplicemente rendono note le proprie disavventure. Queste storie, infatti, rappresentano una specie di cartina al tornasole che evidenzia come – nel passaggio dalla teoria alla pratica, dalle norme alla loro applicazione – le situazioni cambino, si differenzino, si complichino o si arricchiscano con aspetti a volte del tutto assurdi.
Giuseppe Trieste, ad esempio, il presidente di FIABA, il Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche, ha nei giorni scorsi reso pubblico che non gli è stato permesso di volare in quanto disabile “non accompagnato”. Il signor Trieste, però, spiega che vola da anni e non ha mai avuto nessun tipo di problema. Sembra che altre persone in carrozzina abbiano ricevuto dalla stessa compagnia aerea [Easyjet, N.d.R.] uguale trattamento, anche se hanno preferito lasciar perdere: ancora una volta, usando un amaro gioco di parole, si “sorvola” sui fatti, ossia non ci si batte perché i diritti non restino solo belle parole; è infatti ancora molto diffusa la convinzione che, per quanto si faccia, tutto resterà sempre e comunque immutato.
Quel che però stupisce ancor di più della storia del signor Trieste è che i problemi sono giunti dopo l’entrata in vigore delle nuove norme europee per i viaggi aerei di persone con ridotta capacità motoria. Il Regolamento CE 1107/06 prevede infatti che l’assistenza ai viaggiatori disabili debba essere totale, senza eccezioni o dilazioni di nessun tipo; non si possono quindi lasciare a terra persone solo per la loro ridotta mobilità, fatta eccezione per eventuali misure di sicurezza ben documentate. Gli aeroporti devono dunque provvedere ad alcuni servizi gratuiti, come ad esempio il trasporto della carrozzina o del cane guida per i non vedenti.
A differenza, insomma, di quanto auspicato dalla deputata Ileana Argentin [ci si riferisce al testo pubblicato da questo sito, con il titolo Riuscirò ad andare a Parigi in aereo con la mia carrozzina?, disponibile cliccando qui, N.d.R.], ancora molti sembrano essere i problemi per le persone che utilizzano carrozzine. Già in passato, del resto, alcune compagnie aeree avevano impedito il trasporto di carrozzine dotate di batterie, rendendo i viaggi dei loro possessori dei veri e propri calvari. Vale dunque la pena ricordare ancora una volta che in Italia l’organo designato dal Governo per vigilare su tale materia è l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) che dal luglio del 2007 ha anche il compito di raccogliere le segnalazioni di disguidi o disservizi. A tal fine è stato predisposto un indirizzo di posta elettronica dedicato (diritti.passeggeri.disabili@enac.rupa.it).

I problemi di mobilità per i disabili gravissimi sono ancora più difficili da risolvere, soprattutto se non si hanno a disposizione cifre elevate. Ha fatto scalpore, ad esempio, la vicenda di un signore che per andare in ferie ha dovuto servirsi della nave per coprire la tratta Genova-Sicilia. Questo, com’è noto a tutti, è il mezzo più lento e scomodo per viaggiare.
La notizia, riportata dal quotidiano «Il Giornale», ripercorre la vicenda per intero: la soluzione migliore sarebbe stata ovviamente l’aereo, ma il viaggio di una persona allettata richiede l’acquisto di tre posti solo per la barella (in questo caso la spesa era di 2.800 euro), oltre ai biglietti per gli altri componenti della famiglia. Le Ferrovie dello Stato, invece, hanno affermato di non accettare pazienti in barella per motivi di sicurezza, nonostante sia noto che i viaggi di molti pellegrini a Lourdes, organizzati dai volontari dell’Unitalsi, vengono effettuati proprio con treni. Ultima soluzione, quella che poi è stata scelta, era dunque la nave (il cui prezzo è più accessibile), anche se, una volta sbarcato, il signore ha dovuto pagare anche il costo per il trasporto fino alla casa scelta per le vacanze. Insomma, andare in vacanza diventa – soprattutto in condizioni di salute serie – una possibilità concessa solo ai più ricchi.

Un taxi inglese adattato al trasporto delle persone con disabilitàE ancora, nemmeno sui traghetti sono mancati episodi assurdi e disavventure: una squadra di velisti disabili, con i rispettivi accompagnatori, ha dovuto effettuare il viaggio di ritorno dall’Isola d’Elba dentro la stiva perché l’ascensore sul traghetto era fuori uso da dieci giorni. Per il caldo alcune persone si sono sentite male. Una circostanza, questa, resa ancor più grave dal fatto che la presenza del gruppo di persone con difficoltà motorie era stata fatta presente alla società di trasporto con un mese di anticipo. Lo stesso giorno, un altro traghetto della stessa compagnia, anch’esso con l’ascensore fuori uso, ha imbarcato un altro gruppo di persone con difficoltà motorie che si sono dovute arrampicare sul ponte a braccia…

Per quanto poi riguarda le singole città, i mezzi di trasporto presentano caratteristiche diverse in ciascuna di esse. Una ricerca condotta su un campione di quindici città dalla Fondazione Civicum, relativa al trasporto pubblico locale per i disabili, vede all’ultimo posto Cagliari, città che secondo tale inchiesta avrebbe solo il 35% di autobus con pedana ribassata per l’accesso a persone in carrozzina e solo l’8% dei mezzi con posti riservati ai disabili. Al primo posto è risultata invece Trento in cui tutti i mezzi sono predisposti per il trasporto delle persone con disabilità (fonte: SuperAbile). Mi chiedo però quanti di questi mezzi siano davvero funzionanti e quanti autisti riescano a gestire bene la pedana.
Ci sono, per altro, anche alcune situazioni positive, ad esempio con città nelle quali è stato previsto per i turisti e i cittadini un taxi adeguato a persone con disabilità – poco pubblicizzato per la verità – o servizi che permettono di usare scooter elettrici o carrozzine elettriche a basso prezzo.
A Bologna è stato annunciato che fra due anni entrerà in funzione un filobus che oltre alla normale pedana, sarà in grado di fermare a rasoterra, con apposita entrata dotata di pulsante per apertura dall’esterno, posto all’altezza delle persone in carrozzina.

In conclusione di questa breve panoramica, appare dunque evidente quanto sia ancora difficile avere servizi pubblici adeguati e ben funzionanti per tutti i cittadini italiani. Ci si chiede se la libertà di spostarsi sia reale o se, invece, ci siano ancora tante, troppe problematiche irrisolte. La domanda finale, quindi, è sempre la stessa: quando la realtà del nostro Paese sarà tanto virtuosa da rendere accessibile ogni zona e ogni mezzo a tutti i cittadini?

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