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Linee Guida sull’integrazione: un buon punto di partenza

Bimba con disabilità insieme a compagna di scuolaA seguito di insistenti richieste delle associazioni, il Ministero dell’Istruzione ha emanato, nei primi giorni di agosto, le Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità, documento importante non tanto per i contenuti – che non apportano novità alla copiosa normativa vigente e si concretizzano in “direttive” per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica – quanto per l’organicità degli argomenti, per la scelta del momento di numerose innovazioni nella scuola e per la consultazione delle associazioni.
Il corposo testo, pur se seguìto a discussione nella Consulta Ministeriale delle Associazioni, è però frutto del Ministero che ha raccolto alcune richieste e osservazioni delle associazioni stesse e le ha coordinate nel testo della propria bozza originaria.

La struttura
Significativa è la Premessa che, nell’accennare alla struttura  del testo, insiste molto sul valore dell’integrazione come frutto dello scambio relazionale fra alunni con disabilità e compagni e sull’importanza del senso pedagogico di questo rapporto che si realizza in classe.
La prima delle tre parti in cui viene poi diviso il documento si intitola Il nuovo scenario. Il contesto come risorsa e racconta sinteticamente lo sviluppo della normativa italiana in materia di inclusione scolastica, evidenziando l’importanza della Legge 517/77 e della Sentenza della Corte Costituzionale 215/87, nonché della Legge quadro 104/92, sino alla Legge 296/06 (Finanziaria per il 2007), che esplicita il diritto al rispetto delle “effettive esigenze” dei singoli alunni con disabilità.
È interessante notare come questa normativa venga riletta alla luce sia del nuovo principio costituzionale dell’autonomia scolastica, sia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09, sia dell’ICF, il nuovo critero di valutazione del funzionamento del corpo umano nel contesto socioambientale, che ha superato l’unilaterale visione sanitaria della disabilità a seguito di un approccio biopsicosociale e che viene proposto a tutti gli operatori della scuola.
La seconda parte – intitolata L’organizzazione – ricolloca quindi l’integrazione nel nuovo quadro del  decentramento del Ministero agli Uffici Scolastici Regionali, insistendo molto sull’opportunità della costituzione di Gruppi di Coordinamento a livello regionale e di Piani di Zona, ferma restando la presenza degli attuali GLIP [Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali, N.d.R.], come raccordi provinciali degli orientamenti regionali. A tal proposito si insiste molto sull’utilità di raccordi fra Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, ASL, Enti Locali e Istituzioni Scolastiche, preferibilmente organizzate in “reti di scuole”. Un’attenzione, questa, non nuova nei documenti ministeriali: sembra però nuova l’insistenza su di essi ai fini del miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica.
La terza parte, infine, intitolata La dimensione inclusiva della scuola, è ancora più interessante, perché scende maggiormente nel dettaglio sui compiti organizzativi prevalenti del dirigente scolastico, su quelli didattici di tutti i docenti del Consiglio di Classe, su quelli operativi dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche e su quello partecipativo della famiglia.

La terza parte
Interessantissima, nella terza parte, è già l’introduzione sul concetto di autonomia amministrativa delle scuole, dei dirigenti scolastici e degli organi  collegiali, che fa chiarezza su un importante aspetto: che tale autonomia, cioè, sia giuridicamente subordinata al rispetto dei princìpi normativi in tema di integrazione. Si ritiene utile riportarne un brano: «Si ribadisce, inoltre, che le pratiche scolastiche in attuazione dell’integrazione degli alunni con disabilità, pur nella considerazione dei citati interessi secondari e delle citate situazioni di fatto, nel caso in cui non si conformassero immotivatamente all’interesse primario del diritto allo studio degli alunni in questione, potrebbero essere considerati atti caratterizzati da disparità di trattamento. Tale violazione è inquadrabile in primo luogo nella mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione, il cui obiettivo fondamentale è lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione e nella relazione, nonché nella socializzazione, obiettivi raggiungibili attraverso la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione nonché dalla presenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal P.E.I. [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.]. In assenza di tale collaborazione e coordinamento, mancanza che si esplica in ordine ad atti determinati da una concezione distorta dell’integrazione, verrebbe a mancare il menzionato corretto esercizio della discrezionalità».
Il documento si dilunga quindi – opportunamente – sul ruolo strategico del dirigente scolastico del quale si ribadiscono i compiti fondamentali e cioè della formazione delle classi, della costituzione del Gruppo di Lavoro di Istituto (di cui all’articolo 15, comma 2 della Legge 104/92), dei gruppi di lavoro sui singoli casi (articolo 12, comma 5 della Legge 104/92), dell’organizzazione dell’aggiornamento di tutto il personale operante nella scuola per l’integrazione, della stipula di accordi di programma a livello di Piani di Zona.
Bimbo con disabilità insieme a vecchia insegnanteSuccessivamente il testo scende in maggiori approfondimenti su ambiti fondamentali, a partire dalla programmazione, che impone la previsione nel POF (Piano dell’Offerta Formativa) delle singole scuole, una serie di criteri organizzativi di accoglienza degli alunni con disabilità. Tale accoglienza dev’essere orientata al lavoro didattico degli alunni con disabilità, per quanto possibile, nella propria classe e nel contesto del programma svolto dai compagni. Solo eccezionalmente può  essere impostato collegialmente un PEI che, nell’interesse dell’alunno, preveda l’uscita dalla classe. E tuttavia a tal proposito il documento stigmatizza, come segue, alcune prassi negative: «Sulla base di tale assunto, è contraria alle disposizioni della Legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico».
A proposito dei compiti del dirigente scolastico, il testo sottolinea la sua capacità di garantire una “flessibilità” organizzativa e didattica rispettosa della normativa sull’integrazione. Si insiste qui sulla necessità di corresponsabilità e coordinamento dell’attività di programmazione di tutto il Consiglio di Classe, evitando la delega al solo docente per le attività di sostegno. Anzi, si vuole mettere in guardia  dall’uso improprio di questa figura professionale, sganciata dall’attività dei colleghi curricolari, così come segue: «Per esempio, l’insegnante per le attività di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d’integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto».
Coerente con questa impostazione di corresponsabilità è la necessità che il dirigente scolastico stimoli fin dall’iscrizione la formulazione di un PEI che contenga il “progetto di vita” dell’alunno e che quindi preveda anche i possibili sbocchi dopo la scuola. Di qui l’opportunità di orientamento nella scelta del tipo di scuola superiore e il contatto di tutti i soggetti che impostano il PEI con i gestori di corsi di formazione professionale e con l’Ufficio per l’Impiego.
Il paragrafo concernente i compiti dei dirigenti scolastici si conclude con l’indicazione dell’opportunità che essi promuovano reti di scuole al fine di costituire un punto di riferimento comune sia per la formazione permanente dei docenti, sia per la raccolta della documentazione di buone prassi, sia per consulenze agli operatori e per contatti non occasionali con le famiglie.

Docenti, collaboratori scolastici e famiglie
Il testo passa poi a “direttive” relative alla corresponsabilità di tutti i docenti che hanno in classe un alunno con disabilità. Si accenna, come segue, alla necessità della formulazione di strategie didattiche condivise: «La progettualità didattica orientata all’inclusione comporta l’adozione di strategie e metodologie favorenti, quali l’apprendimento cooperativo, il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta, la suddivisione del tempo in tempi, l’utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici, di software e sussidi specifici». Si insiste anche sulla necessità che i docenti curricolari si aggiornino sulle nuove tecnologie in modo da poter realizzare interventi didattici nelle proprie discipline, anche quando non sia presente il docente per il sostegno.
E ancora, si insiste sul coinvolgimento di tutti i docenti nella presa in carico del processo di insegnamento-apprendimento e sulla valutazione degli alunni con disabilità loro affidati. A tal proposito si sottolinea che «la valutazione in decimi va rapportata al P.E.I., che costituisce il punto di riferimento per le attività educative a favore dell’alunno con disabilità. Si rammenta inoltre che la valutazione in questione dovrà essere sempre considerata come valutazione dei processi e non solo come valutazione della performance». Già precedentemente, a proposito della programmazione, il testo aveva ricordato che la valutazione personalizzata nella scuola del primo ciclo è cosa ben diversa da quella differenziata per gli alunni di scuola superiore che non sono in grado di conseguire il diploma, nel senso che a proposito del primo ciclo, l’articolo 16, comma 2 della Legge 104/92 stabilisce che la valutazione, con esito positivo, deve riguardare un PEI impostato esclusivamente sulle «effettive capacità e potenzialità dell’alunno» e non già secondo degli standard, come espressamente stabilito dalla citata sentenza della Corte Costituzionale 215/87.
Il paragrafo concernente i docenti si conclude col richiamo che il docente per le attività di sostegno non è la figura unica cui i colleghi curricolari delegano l’integrazione, ma un professionista che deve coinvolgere i colleghi curricolari per aiutarli a gestire il progetto didattico, anche in sua assenza.

Ragazza con disabilità in aula scolasticaSegue quindi un apposito paragrafo concernente i compiti di assistenza per l’igiene personale degli alunni con disabilità. Si ribadisce che tale compito è di competenza dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche e che i dirigenti scolastici devono predisporre per tempo le procedure per garantire la qualità di tale servizio, sulla base della Nota Ministeriale protocollo n. 3390 del 30 novembre 2001 e del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, oltre che della contrattazione decentrata.

La terza parte e il documento si concludono infine con un breve paragrafo concernente i diritti di coinvolgimento delle famiglie nel processo di integrazione, ribadendo la norma dell’articolo 12, comma 5 della Legge 104/92, secondo cui le famiglie hanno diritto di partecipare alla formulazione e alla verifica del Profilo Dinamico Funzionale e del PEI. Esse hanno inoltre diritto a consultare la documentazione relativa al processo di integrazione. La loro presenza è talmente importante nelle riunioni dei Gruppi di Lavoro che così conclude il documento: «Il dirigente scolastico dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti anche i genitori dell’alunno con disabilità, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario».

I punti critici
Come si può constatare, dunque, si tratta di un documento molto ampio e organico, anche se non esaustivo, dal momento che non raccoglie tutte le richieste avanzate da anni dalle associazioni, anche in occasione dell’emanazione dello stesso e non fornisce tutte le soluzioni ai problemi in esso affrontati. Così, infatti, non si dice se verrà riattivato l’altro organo dell’Osservatorio Ministeriale – il Comitato Tecnico-Scientifico – composto stabilmente da dirigenti ministeriali, docenti universitari, rappresentanti di altre amministrazioni centrali e locali coinvolte, per legge, nel processo di integrazione scolastica. Oppure non si dice come in concreto verrà realizzata la presa in carico dell’integrazione da parte di tutti i docenti curricolari, senza un’obbligatoria formazione iniziale e in servizio degli stessi, né si dice come i dirigenti potranno assicurare quantitativamente e qualitativamente il servizio di assistenza igienica, in presenza di un drastico taglio agli organici dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche.
Inoltre, pur in presenza di un forte richiamo agli accordi di programma locali, nulla si dice – benché fortemente richiesto dalle associazioni – se avrà un seguito l’Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008 che tali strumenti giuridici rilanciava proprio per assicurare interventi più specifici  specie a livello di Piani di Zona.
Altri punti di cui non si parla sono quelli riguardanti le modalità necessarie ad assicurare la continuità didattica dei docenti per il sostegno, attualmente fortemente disattesa, o la richiesta di abolizione delle “aree disciplinari” per la nomina dei docenti per il sostegno nelle scuole superiori, ciò che ha determinato notevoli disservizi e incongruenze, come denunciato ripetutamente dalle associazioni e specie da quelle aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) in vari documenti.
Bimbo con disabilità insieme a insegnante di sostegnoE ancora, nulla si dice circa la precisazione del numero massimo di alunni con disabilità nella stessa classe, prima fissato dal Decreto Ministeriale 141/99, che è però stato abrogato dal DPR 81/09, nonostante le varie richieste di chiarimenti.
Nulla infine si dice sulla formulazione di possibili “indicatori” per misurare la qualità dell’integrazione scolastica, operazione che era stata avviata nel 2004, su richiesta del Ministero, da parte dell’INVALSI [Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, N.d.R.]  e che diventa quanto mai urgente in un momento in cui si parla sempre più di valutazione della qualità del sistema di istruzione e di valutazione e di autovalutazione dell’operato delle singole scuole riguardo al “successo formativo” di tutti gli alunni, aspetto in cui si sostanzia il diritto allo studio degli alunni con disabilità, come più volte ribadiscono le stesse Linee Guida.

Un buon punto di partenza
Ma pur con queste lacune, riteniamo che questo sia un documento che in quasi venti pagine rilancia l’impegno dell’Amministrazione Scolastica sull’integrazione, in un momento in cui quest’ultima sembrava scemare di attenzione nell’agenda politica. Data la sua stessa natura, per altro, il documento stesso può essere considerato non già come un punto d’arrivo delle politiche scolastiche, quanto come un punto di partenza per un rilancio di una maggiore qualità dell’integrazione scolastica.
A tal proposito sembra corretto rilevare che dopo il fondamentale Documento Falcucci del 1975 [si tratta di Le radici dell’integrazione scolastica in Italia, disponibile cliccando qui, N.d.R.], il Ministero non aveva più emanato documenti organici sul tema dell’integrazione. Merito di ciò è certo dovuto all’insistente richiesta delle associazioni, ma anche della Direzione Generale per lo Studente, con il direttore generale Massimo Zennaro e il vicedirettore generale Sergio Scala, nonché dell’Ufficio diretto da Pasquale Pardi e del docente ivi “utilizzato”, Giovanni Simoneschi, che è stato l’estensore della bozza iniziale del documento e quindi dello stesso ministro Mariastella Gelmini che ha voluto farlo politicamente proprio.
Proprio per questo è fondatamente da ritenere che con il rilancio di queste Linee Guida a livello dell’Amministrazione Centrale e Periferica del Ministero dell’Istruzione e del Governo, il processo di integrazione in Italia possa subire un’accelerazione verso livelli ulteriori di qualità, eliminando le storture che pur ancora esistono, anche in vista del monitoraggio che su di essa dovrà essere effettuato – anche dalle associazioni – a seguito di tale previsione imposta dalla legge di ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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