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Ecco perché la Regione Campania ha tassato disabilità, vecchiaia e demenza

Ombra sfuocata di persona in carrozzinaIl Regolamento denominato Compartecipazione al costo delle prestazioni erogate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitarie delle persone con handicap permanente grave e dei soggetti ultrasessantacinquenni e cittadini affetti da demenze, approvato dalla Giunta Regionale della Campania il 16 luglio scorso con la Deliberazione n. 1267 [la si può leggere integralmente cliccando qui, N.d.R.] e pubblicato sul Bollettino Regionale n. 48 del 3 agosto, ignora sostanzialmente la Legge 18/09 con cui il Governo italiano ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e in particolare il Preambolo di essa e gli articoli 4 (Obblighi generali), 25 (Salute), 26 (Abilitazione e riabilitazione) e 28 (Adeguati livelli di vita e protezione sociale).
Tale Regolamento, in realtà, è parte di una serie di provvedimenti presi dalla Giunta Regionale Campana nel vano tentativo di scongiurare il Commissariamento dell’Assessorato alla Sanità e prevede che:
– le «persone con handicap permanente grave, i soggetti ultra sessantacinquenni e i cittadini affetti da demenza», con un reddito superiore a 4.999 euro annui (385 euro mensili) debbano pagare le prestazioni socio-sanitarie;
– dev’essere lasciata a disposizione del beneficiario per le proprie esigenze e spese personali una quota pari al 20% del reddito (!!!);
– contribuiscono al reddito anche l’indennità di accompagnamento, l’indennità di frequenza, l’assegno di assistenza e la pensione d’inabilità;
– sono obbligati a partecipare al costo delle prestazioni anche i parenti che appartengono ad un altro nucleo familiare.

Ciò che per altro lascia attoniti è il ragionamento che sottende tali decisioni. Nella Deliberazione, infatti, si legge: «Ai sensi dell’articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 “i sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale” sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche. Pertanto le indennità concesse a titolo di minorazione, poiché per natura e per le finalità assistenziali che perseguono sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, non vanno calcolate ai fini della valutazione del reddito. Tuttavia tali indennità sono erogate a favore di soggetti non autosufficienti, al fine di consentire il soddisfacimento delle loro esigenze di accompagnamento e di assistenza. È, pertanto, assolutamente giustificato utilizzare, in occasione di interventi socio-assistenziali finalizzati esclusivamente all’assistenza dei soggetti stessi attraverso il ricovero in struttura, le indennità di cui sopra quale contributo alle spese derivanti dall’erogazione di tale prestazione. L’assistito contribuisce quindi alla copertura della retta residenziale e/o semiresidenziale con l’ammontare delle indennità concesse a titolo di minorazione (indennità di accompagnamento per invalidità civile e cecità assoluta, indennità speciali per ciechi ventisimisti [sic], di comunicazione per sordomuti) e con altri redditi non fiscalmente rilevanti ove consentito dalla normativa specifica. Pertanto, la determinazione del reddito dell’utente, effettuata a cura del Comune o dell’Ambito Territoriale che provvederà anche ai controlli di legge sulle dichiarazioni rese, deriva dal complesso di tutte le entrate nette, anche se non assoggettabili all’IRPEF, ivi compresi stipendio, pensioni, pensioni di guerra, pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento e qualsiasi altra assegnazione fissa di godimento, comunque documentate, incluse le somme esenti per legge da imposizione tributaria. Se l’indennità viene già utilizzata per il pagamento di prestazioni assistenziali l’assistito dovrà produrre autocertificazione che attesti l’entità della spesa sostenuta al fine del computo del valore della contribuzione economica comunale. È comunque prevista una quota di disponibilità da sottrarre al reddito che deve essere lasciata a disposizione del beneficiario per le proprie esigenze e spese personali. Tale franchigia deve essere pari al 20% del reddito così come calcolato dal Comune o Ambito Territoriale ai fini della compartecipazione».

Bisogna chiedersi a questo punto se il Regolamento deliberato dalla Regione Campania non violi palesemente la Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni) e se le Associazioni non debbano promuovere azioni di tutela e rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
La compartecipazione alla spesa, infatti, non deve trasformarsi in una “tassa sulla disabilità”. Le persone con disabilità vogliono pagare, ma vogliono pagare il giusto. L’approvazione del Regolamento sulla compartecipazione non è una tassa, ma assomiglia assai di più a una vera e propria forma di estorsione! Il provvedimento, inoltre, appare sconcertante, considerato che i pronunciamenti della Magistratura sono assai numerosi e chiari, a partire dalla Sentenza n. 42/07 del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) di Catania, cui sono seguiti analoghi pronunciamenti dei TAR delle Marche, della Toscana e della Lombardia, fino all’Ordinanza 2594/08 del Consiglio di Stato [e all’ancora più recente Ordinanza n. 4582/09, sempre del Consiglio di Stato, N.d.R.]. I contenuti di essi si possono riassumere in cinque punti:

1. spetta al Servizio Sanitario Nazionale e all’assistenza sociale la presa in carico delle persone con bisogni complessi e non ai parenti;
2. l’Ente Locale deve adottare per la compartecipazione i criteri indicati dal Decreto Legislativo 109/98 e successive modifiche che prevedono, tra l’altro, di doversi riferire alla situazione economica del singolo utente laddove sia in situazione di gravità;
3. gli Enti gestori e quelli Locali debbono accettare che non vi sia alcun fondamento giuridico a consentire di chiedere contributi a “soggetti civilmente obbligati”;
4. l’Ente Locale, nel valutare la situazione economica dell’utente, non può e non deve prendere in considerazione le provvidenze economiche assistenziali (indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, assegno di assistenza, pensione d’inabilità);
5. la Pubblica Amministrazione deve coinvolgere le Associazioni delle persone con disabilità prima di assumere le decisioni che riguardano queste ultime.

I Comuni campani, qualora dovessero adottare il Regolamento approvato quest’estate dalla Giunta Regionale, si troverebbero quindi ad affrontare una vera e propria “marea di ricorsi” dagli esiti scontati. La Giunta Regionale, dal canto suo, nel legiferare dovrebbe sempre considerare che l’articolo 117 della Costituzione Italiana non consente ad essa di farlo in contrasto con gli impegni che l’Italia ha preso nei confronti dei propri cittadini e dell’ONU nel momento in cui ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. La Giunta stessa, infatti, sembra letteralmente ignorare che la «discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità inerente e del valore della persona umana» e una violazione delle leggi dello Stato.

*Presidente della Lega per i Diritti degli Handicappati di Napoli ONLUS.

Sulla questione riguardante direttamente il provvedimento adottato dalla Giunta Regionale della Campania, suggeriamo anche la lettura – nel nostro sito – dei testi intitolati Quale futuro per i disabili in Campania?, disponibile cliccando qui e Scovati in Campania i responsabili del buco della Sanità: i disabili gravi!, disponibile cliccando qui, oltre che, su questioni connesse, il testo intitolato Contenere la spesa non vuol dire tagliare la riabilitazione a chi ne ha bisogno, disponibile cliccando qui.

Sulle questioni riguardanti più in generale la contribuzione al costo dei servizi sociali e sociosanitari in Italia, suggeriamo la lettura – sempre all’interno del nostro sito – dei seguenti testi, pubblicati nel corso di questi anni:
– Servizi socio-assistenziali e costi per gli utenti, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese: una sentenza che fa scuola, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese e tutela dei diritti, disponibile cliccando qui
– Anche in Toscana conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
– Anche per il TAR delle Marche conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
– Il diritto di «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: la Convenzione comincia a fare scuola, disponibile cliccando qui
– Provvedimento d’urgenza per poter «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– Anche secondo il Consiglio di Stato bisogna «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– La FISH chiede alle Regioni che si «paghi il giusto», disponibile cliccando qui
– No a questa «tassa sulla disabilità»!, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: la campagna entra nel vivo, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: quali costi per gli utenti della Valdera?, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: il percorso continua, disponibile cliccando qui
– Quello della partecipazione alle spese è un argomento assai complesso, disponibile cliccando qui.
– Servizi alle persone dal costo equo e trasparente, disponibile cliccando qui.
– Il TAR di Brescia guarda alla Costituzione, disponibile cliccando qui.
– Provvedimento d’urgenza per poter «pagare il giusto», disponibile cliccando qui.
– «Pagare il giusto»: nessun sindaco potrà più dire che non sapeva, disponibile cliccando qui.
– «Pagare il giusto»: un’altra Sentenza del TAR di Brescia, disponibile cliccando qui.
– «Pagare il giusto»: parla chiaro il Consiglio di Stato, disponibile cliccando qui.

Su questioni connesse, suggeriamo infine anche la lettura di:
– Toscana: progetti di Vita Indipendente esentati dal costo dei servizi, disponibile cliccando qui.

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