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Ana, l’attrice messicana con sindrome di Down

L'attrice Ana Heredia con l'attore Yves SimardIl documentario Ana – scritto e diretto da Antonio Vergamini con le musiche di Maria Bonzanigo – racconta la realizzazione dello spettacolo teatrale Visitatio, del Teatro Sunil, cui ha partecipato Ana Heredia, attrice messicana con sindrome di Down. Uno spettacolo che, da una parte, non è stato creato apposta per lei all’interno di un percorso formativo, né, dall’altra, era già strutturato richiedendole l’inserimento in una situazione data. Visitatio, infatti, nasce da un lavoro di squadra tra regista e attori e tra questi c’è anche Ana, che, come ognuno degli altri, ha dato il suo specifico apporto alla realizzazione dell’opera.
Il documentario mescola momenti delle prove dello spettacolo con alcuni contributi di Ana, della sorella Dolores e del regista teatrale Daniele Finzi Pasca. Mostra alcuni passaggi fondamentali dell’esperienza di Ana, che saluta la famiglia da cui non si era mai separata prima e parte verso mete a lei sconosciute, vivendo in luoghi diversi, prendendo aerei, conoscendo persone che parlano lingue diverse dalla sua. Il tutto è confezionato con una certa leggerezza che riesce a trasmettere la fatica e la magia dell’esperienza collettiva di una compagnia teatrale che porta alla vita un’opera e poi la mostra agli spettatori di luoghi diversi attraverso una tourné. La donna Ana viene raccontata in modo tridimensionale, con la sua semplicità, il suo entusiasmo, i suoi momenti difficili e ostinati, le sue chiusure, la sua fragilità e la sua capacità di entrare in relazione in modo diretto con gli altri. Ci troviamo di fronte a una bella esperienza di inclusione, nata al di fuori di un percorso strutturato e sostenuta dalla sensibilità di un gruppo di artisti che hanno saputo valorizzare la diversità a partire dal riconoscimento della pari dignità tra le persone. Il documentario ha vinto il Premio Internazionale Emilio Lopez come Miglior Documentario Sperimentale nel Festival del Documentario d’Abruzzo 2009.
Chiediamo ad Antonio Vergamini di raccontarci più in dettaglio questa esperienza. Vergamini, prima ancora che regista, è un attore del Teatro Sunil e ha recitato nello spettacolo Visitatio accanto ad Ana.

Come e quando il Teatro Sunil ha incontrato Ana?
«Il Teatro Sunil è stato fondato nel 1983 da Daniele Finzi Pasca a Lugano, ma fin dall’inizio ha avviato una serie di collaborazioni con artisti di diversi Paesi e le tournée degli spettacoli hanno presto raggiunto l’America Latina. Nel 1994 sono entrato nella compagnia e la prima tournée alla quale ho partecipato ci ha portato proprio in Messico, dove abbiamo incontrato Dolores Heredia, riconosciuta attrice di teatro e cinema locale.
Dolores è entrata a far parte del Teatro Sunil e quando, sei anni dopo, all’inizio del 2000, abbiamo coprodotto – con la compagnia Carbone 14 di Montréal – Visitatio [dove recita anche Antonio Vergamini, N.D.R], il regista Daniele Finzi Pasca ha proposto che Ana, la sorella di Dolores, si unisse alla creazione come attrice. Ana aveva vissuto la sua sindrome di Down fino ad allora a La Paz Baja California, senza mai uscire dall’ambito familiare. Mai avuto niente a che fare con il teatro, ma neppure con un aereo, una lingua che non fosse lo spagnolo, una temperatura che non fosse tropicale, un paesaggio che non fosse desertico o una spiaggia dell’oceano».

Perché il regista ha voluto inserire Ana nella compagnia?
«Nella nostra compagnia capire con chi si vuole lavorare, con chi decidere di stare sulla scena o comunque condividere il momento di una creazione, con le sue fatiche, le sue crisi, le sue follie è un processo difficile da raccontare. Probabilmente è lo stesso per molte compagnie di creazione. Ci sono semplicemente persone che si vuole avere vicine in certi viaggi. Ogni creazione è un mondo diverso nel quale si sente il bisogno di portare certi occhi, certe storie, certe visioni della vita. Oppure ci sono persone con le quali si parla per anni di lavorare insieme fino a quando arriva il momento di farlo. Certamente, come dice Daniele nel documentario, nel caso di Ana non si è trattata di una scelta basata sul desiderio di offrirle una forma di educazione o di miglioramento delle sue possibilità di comunicazione. O perlomeno, non più di quanto possa accadere a uno qualsiasi degli altri interpreti!».Il cast dello spettacolo

Com’è stata scritta la pièce di Visitatio?
«Daniele l’ha scritta probabilmente a partire da une serie di immagini, suggestioni, storie e allegorie che popolavano il suo immaginario e la presenza di Ana è stata fondamentale in questo processo che ha portato alla realizzazione di un’opera non astratta, ma sicuramente non narrativa, piuttosto rapsodica. Il senso stesso del titolo si collega a certe visite che riceviamo o crediamo di ricevere. Sono presenze, personaggi, ombre che non sappiamo spiegarci. L’incontro con lo sconosciuto, con il diverso, è l’incontro con Ana. D’altronde anche noi per Ana dobbiamo risultare piuttosto particolari, così esageratamente alti, con queste nostre facce allungate, queste labbra minuscole e poi questo nostro modo di parlare velocemente e arrabbiarci per un nonnulla».

Com’è stato per gli altri attori lavorare con Ana?
«Il periodo delle prove – che ho avuto la fortuna di vivere accanto ad Ana, Dolores, Daniele e poi Maria Bonzanigo, Hugo Gargiulo, Marco Finzi Pasca, Katia Gagné, Lin Snelling, Yves Simard e tanti altri – è stato qualche volta complicato. Ogni artista di teatro sa che tanti dubbi, tante insicurezze, tante stupide manie si muovono dentro, rendendo ancora più difficili i passaggi di un processo creativo. La presenza di Ana ha reso tutto più semplice e insieme più complesso. Più semplice perché la sua presenza cambia la percezione che hai dei tuoi problemi, delle tue piccole ansie. Ridimensiona inevitabilmente certi aspetti. Inoltre Ana ha una capacità innata di portare buonumore, di far cantare, di prenderti e farsi prendere tra le braccia. Certo, richiede anche molta energia, specie per quelli di noi che hanno vissuto con lei durante i mesi di creazione e hanno quindi fatto fronte più degli altri alle sue crisi e ai suoi momenti difficili, che sono stati diversi. Come attore avere Ana al fianco è un’esperienza indimenticabile. Ho ripensato spesso a lei in creazioni successive. Nella prove di una scena a due, ad esempio, si lavora con l’altro attore sotto la direzione del regista in una molteplicità di direzioni, alla ricerca della “perfezione”, della magia, della commozione, del ritmo giusto. Nel provare una scena con Ana, tutto cambia. Si affrontano aspetti differenti, in qualche modo si lascia più spazio al lavoro del passare del tempo, dell’attesa, dell’ascolto».

Quanto sono durate le prove?
«Abbiamo trascorso tre settimane di prove in Ticino e otto settimane a Montréal, in un ambiente carico di entusiasmo, intimità, complicità, a dispetto delle lingue e delle esperienze differenti. Qualche volta abbiamo pensato di aver sbagliato tutto, abbiamo creduto di non farcela. Poi ci siamo stretti e abbiamo ricominciato».

In un momento del documentario viene mostrato l’incontro tra la vostra compagnia di attori e una compagnia composta di soli attori con sindrome di Down. Individui due modalità diverse di inserimento di una persona con disabilità nel contesto sociale, in questo caso teatrale?
«Molti spettacoli vedono sulla scena solo persone con una disabilità, altri no. Non parlerei di due modalità differenti. Magari si può parlare di mille modalità, ma non servirebbe a molto. Sono piuttosto dell’idea che ogni creazione sia una storia a sé e che per una ragione o per l’altra persone con disabilità, senza disabilità, con un carattere melanconico, senza braccia, buddiste o dislessiche si ritrovino a fare un cammino insieme».

Com’è andato il debutto?
«Il debutto era carico di dubbi e preoccupazioni, ma poi Ana ha incontrato il pubblico senza incertezze. E con che gioia durante gli applausi alzava ogni volta le mani per salutare e ringraziare».

Ana Heredia con Antonio Vergamini durante le prove di «Visitatio»Quando è nata l’idea di girare il documentario e qual è il suo scopo principale?
«L’idea di raccontare l’inizio dell’avventura teatrale di Ana in un documentario è nata durante una cena a casa di Walther e Anita Sievi, titolari dell’Atelier Sievi ad Aldesago [quartiere di Lugano, N.d.R.]. Walter aveva fatto le riprese e ha curato il montaggio, Anita si è occupata del suono (il missaggio invece è di Graziano Monzeglio). Ha trovato l’entusiasmo di tutti e subito l’appoggio della Televisione Svizzera. Walther ha seguito il viaggio di Ana a La Paz, Città del Messico, Lugano e Montréal, ma poi il materiale (più di sessanta ore di girato) è rimasto in un cassetto in attesa dell’occasione giusta per il montaggio. Nel 2007, Walther mi ha chiesto di collaborare scrivendo la sceneggiatura e dirigendo il montaggio. Così la locomotiva ha ricominciato a correre».

Quale percorso sta facendo ora il documentario?
«È stato trasmesso dalla Televisione Svizzera, presentato in alcuni festival anche italiani e si è aggiudicato il primo premio della sezione sperimentale del Festival del Documentario d’Abruzzo».

Dopo questa esperienza ce ne sono state altre con Ana?
«L’abbiamo coinvolta nella realizzazione di Visitatio e successivamente, vista la buona riuscita dello spettacolo in Canada, Messico e Svizzera, anche in Te Amo, uno spettacolo più agile interpretato solo da Ana e Dolores. Si tratta di una coproduzione svizzero-messicana e alla regia c’è sempre Daniele Finzi Pasca. Ha debuttato nel 2003 ed è tuttora in repertorio».

Le tournée dei due spettacoli devono aver fatto viaggiare molto Ana…
«È stata a Montréal, Città del Messico, Guanajuato, Monterrey, Bellinzona, Puebla, Québec e Chiasso con più di quindicimila spettatori».

Come vengono presentati nei vari Paesi i vostri spettacoli? Traducete i dialoghi in varie lingue? In quali lingue ha recitato Ana?
«In generale, i testi dei nostri spettacoli vengono tradotti di volta in volta a seconda del Paese in cui vengono rappresentati. Ana sulla scena si è espressa quasi sempre in spagnolo, anche se qualche parola in italiano e francese ha fatto capolino».

Oggi Ana dove vive? Recita ancora?
«In questo momento Ana vive a La Paz Baja California, dove è nata e cresciuta. Un’esperienza teatrale è sempre possibile per lei, sia in Te Amo, spettacolo ancora in repertorio – come già detto – sia in un nuovo progetto. Le sue condizioni di salute però sono piuttosto altalenanti e rendono difficile pensare a un grande progetto che si sviluppa in genere lungo diversi anni».(Barbara Pianca)

*Attore e autore del documentario “Ana”.

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