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Quando il diritto allo studio diventa una chimera

Disegno stilizzato di persona in carrozzina che viene cacciata a calci da un edificioMio figlio Gabriele è affetto da amiotrofia spinale ed è costretto alla carrozzina dalla nascita. Gabriele è un ragazzino pieno di voglia di vivere, solare e sempre pronto a regalare un sorriso, ma in questo periodo la scuola lo sta rendendo suo malgrado protagonista di un’altra amara disavventura.

Lo iscrivo dunque – come è suo diritto inalienabile – alla Scuola Superiore Enrico De Nicola di Sesto San Giovanni (Milano) nel mese di gennaio di quest’anno, facendo prontamente presenti le sue difficoltà e i suoi bisogni. A causa infatti della sua malattia altamente invalidante, Gabriele muove ormai solo le mani e quindi chiedo per lui – ripeto, stiamo parlando di un diritto – un bagno attrezzato, l’assistenza al bagno stesso e il computer con cui lavora. Presento in tal senso una relazione redatta dalla neuropsichiatra Simona Battaini in cui viene ribadita la necessità dell’insegnante di sostegno e di un educatore che affianchi Gabriele durante l’attività didattica.
Porto quindi mio figlio nei giorni previsti dal Progetto Accoglienza a visitare la nuova scuola e qui veniamo illusi che tutto sarà predisposto per il suo arrivo. Chiedo anche un colloquio al Preside, dal quale vengo letteralmente liquidata dopo pochi minuti e “affidata” alla segretaria della scuola. Seguono diversi messaggi di posta elettronica e fax indirizzati al Preside.
Arriva il mese di giugno e chiedo se il bagno sia attrezzato per i disabili. La risposta è positiva, ma dopo un sopralluogo ci rendiamo conto che la movimentazione di Gabriele è impossibile per l’assenza del sollevatore e del lettino e che non si può dar corso all’installazione a causa dell’esiguo spazio a disposizione. Vengo sollecitata a provvedere!!!… E così, dopo innumerevoli telefonate a Comune, Provincia ecc. e dopo un sopralluogo comune, prende il via la ristrutturazione del bagno.

Altro problema, quello dell’assistenza al bagno. Vengo naturalmente invitata a provvedere personalmente, andando a scuola e portando Gabriele in bagno. A questo – è quasi superfluo ricordarlo – dovrebbe provvedere la scuola, nella persona del Preside, che purtroppo mi rendo conto essere “assente”, non fisicamente, ma nella realtà della vita scolastica quotidiana. Un'”assenza” che egli giustifica con il cospicuo numero di alunni nella scuola. Comunque, grazie all’intervento del sindaco di Sesto San Giovanni Giorgio Oldrini e del direttore del Settore Comunale per i Servizi alla Persona e alla Promozione Sociale, Guido Bozzini – interpellati ripetutamente durante l’estate – riesco ad ottenere l’assistenza per il bagno.

Il 14 settembre, dunque, Gabriele si reca con entusiasmo alla nuova scuola: naturalmente, dopo una breve assemblea nell’auditorium, la classe sale al piano superiore e Gabriele rimane da solo, disorientato a piano terra. Sale allora con l’ascensore in classe, dove non c’è né il suo banco né il suo computer e dove si muove con molta fatica. Torna a casa molto amareggiato, la sua dignità è stata ancora una volta calpestata e vorrebbe cambiare scuola. Nonostante tutto il mio sconcerto, lo esorto a non arrendersi.
Nuovo colloquio con il Preside dove vengo sollecitata io (!!!) a fare richiesta al Comune del materiale di Gabriele. In Comune mi viene naturalmente risposto che il Preside ha comunicato che provvederà all’acquisto del computer. Quest’ultimo, per altro, dopo due settimane ancora non c’è… Vengo allora convocata dal Preside a un incontro, dove doveva essere presente tutto il team dei docenti per discutere il caso, come da me richiesto (naturalmente nel mio orario di servizio, per cui sono costretta a chiedere un permesso). Bilancio: sono presenti due insegnanti! Il giorno dopo viene convocato dal Preside un Consiglio di Classe e in quel caso i professori ci sono tutti, ma chi è assente è proprio il Preside…
Tutti i giorni o quasi vengo fermata o contattata dai professori per avere notizie sulle difficoltà di Gabriele e per cercare una soluzione perché le sue ore di sostegno sono solo nove e l’insegnante è spesso assente (su due settimane di scuola è stata presente solo la prima).

Questi i fatti nudi e crudi. In coscienza, come madre, credo di avere fatto di tutto per mio figlio, forse più di quanto mi compete. Ho pianto, urlato e lottato per lui, ma mi sento sola, indignata e umiliata. Dov’è il rispetto dei diritti di Gabriele, della sua persona, e di tutte le persone con disabilità? Siamo a Sesto San Giovanni, presso Milano o nel Terzo Mondo? Ai lettori le riflessioni opportune.

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