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I compiti di un’Unità Spinale Unipolare

Particolare del viso di un uomo con espressione meditativaClaudio Fontana aveva 39 anni ed era tetraplegico da 21 a causa di un tuffo fatto quando non ne aveva ancora 18. È morto il 28 settembre nell’ambulanza che lo trasportava verso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Rivoli (Torino). Era già stato in Pronto Soccorso il 31 agosto, il 12 e il 16 settembre.
Ci racconta questa storia la mamma di Claudio, sorprendendoci al ritorno dalla Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità. La mamma non ci sa dire se Claudio sia morto di arresto cardiaco per una crisi respiratoria o per setticemia derivata da una cronica infezione vescicale. Il 14 settembre era morto suo padre malato di cancro.
La mamma di Claudio ci racconta come avesse già chiesto in varie occasioni alla Direzione dell’USU [l’Unità Spinale Unipolare dell’Azienda Ospedaliera CTO – Maria Adelaide di Torino, entrata in funzione nel 2007, N.d.R.] che suo figlio fosse ricoverato nella struttura, sentendosi lei sempre più debole di fronte al peso delle necessità assistenziali che si andavano ingigantendo in casa sua. Non sappiamo se si configurasse come richiesta di un ricovero di sollievo oppure preventivo, sappiamo che, non disponendo di letti per rispondere all’urgenza, l’USU si è mossa nella direzione di trovarne altrove, nello specifico al Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese.

Anche senza conoscere la storia del Centro di Riabilitazione Funzionale e di come sia evoluto nell’Unità Spinale Unipolare, anche senza  dover ricordare le Linee Guida che, adottate dalla Conferenza Stato-Regioni [il 29 aprile 2004, N.d.R.], stabiliscono cosa caratterizza l’unipolarità di un’Unità Spinale, anche se volessimo credere che era venuta comunque l’ora di Claudio, noi siamo convinti che la struttura di riferimento di Claudio, tetraplegico da 21 anni, dovesse essere l’USU di Torino.
Noi riteniamo che un tetraplegico abbia il diritto di morire in una Unità Spinale perché, in estrema sintesi, proprio perché ciò accada è nata l’idea stessa di Unità Spinale Unipolare. Per la piena e continuativa presa in carico della persona con lesione midollare abbiamo voluto l’USU di Torino; per questo diventeranno Unipolari le Unità Spinali di Alessandria e Novara.

La tetraplegia è il paradigma di una condizione di fragilità. La presa in carico di un tetraplegico da parte dell’Unità Spinale deve fare i conti con la continuità della stessa per tutta la vita del tetraplegico, fino appunto al suo termine, se non vuole tradire i fondamenti della sua missione. Ci sembra idiota e degradante dover ripetere la triste evidenza della nostra condizione: un corpo che ha perso l‘uso della grande maggioranza dei suoi muscoli volontari, che ha perso in egual misura il senso del tatto, il controllo della vescica e dei suoi sfinteri, della sua funzionalità sessuale, che respira solo con il diaframma, non potrà mai far finta di essere sano. Non è solo una questione di disabilità funzionale nei rapporti con l’ambiente, risolta da una riabilitazione dagli esiti più o meno soddisfacenti raggiunti durante il ricovero acuto; è una questione di salute che ha a che vedere con i continui cicli di antibiotici per infezioni vescicali e le complicazioni respiratorie e le piaghe da decubito e le disfunzioni renali… e poi il naturale invecchiamento, il cambio di postura, l’adeguamento delle prescrizioni protesiche.
Quando le condizioni di salute di un tetraplegico richiedessero l’ospedalizzazione – anche per situazioni patologiche non proprie della sua condizione – questa dovrebbe necessariamente avvenire in Unità Spinale. E l’Unità Spinale di Torino non può sottrarsi a questo importante ambito del suo compito istituzionale, rivolto alla cronicità della tetraplegia. Detto più semplicemente, noi riteniamo che Claudio, per la sua specifica fragilità, che è la nostra, non dovesse trovare posto né a Rivoli né a San Maurizio Canavese, dove, seppure fossero stati in grado di rispondere alla contingenza, non avrebbero potuto rispondere alle infinite complicazioni che accompagnano la degenza di un tetraplegico. L’esperienza, le competenze, le professionalità e le strutture per questo sono all’USU.
Lo stesso discorso va ripetuto per la soluzione delle emergenze. Nei casi di infarto il 118 applica un protocollo che porta direttamente a un’Unità Coronaria. In virtù dell’alto livello professionale della catena del soccorso, l’incidente cardiaco viene riconosciuto e il trasporto ha un destino mirato. Un protocollo simile non sarebbe difficile da implementare in caso di persona tetraplegica dichiarata. L’Unità Spinale e il suo collegato Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) dovrebbero diventare il destino di riferimento per gli interventi di soccorso su persone medullolese. D’altronde, una struttura di 3° livello, codice 28 (mielolesioni) prevede la presenza di un DEA  e questo obbligo si può immaginare non solo per risolvere i casi che si creano all’interno della struttura, ma anche in senso inverso, per ricevere emergenze specifiche che insorgono nel suo territorio. L’Unità Spinale Unipolare di Torino non può chiudersi in se stessa, macinando percorsi riabilitativi a circuito chiuso – dal CTO alle dimissioni – licenziando in tempi più o meno brevi gli utenti, come “passeggeri in transito” di cui ignorerà poi i destini.

La morte di Claudio non si potrà ascrivere ai casi di “mala sanità”, di questo siamo convinti, ma pone all’USU e alla sua direzione degli interrogativi che non potrà eludere, interrogativi che già da tempo anche noi veniamo ponendo ad essa.

*Il Coordinamento online, la Voce in Rete del Coordinamento Paratetraplegici del Piemonte.

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