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Riflessioni a caldo sul nuovo Patto per la Salute

In primo piano braccio di malato con la flebo, sullo sfondo - sfuocati - due mediciIl nuovo Patto per la Salute 2010-2012, sottoscritto il 3 dicembre, conferma l’accordo raggiunto il 23 ottobre scorso da Governo e Regioni e supera così le ultime resistenze dell’Esecutivo a riconoscere un finanziamento adeguato al Servizio Sanitario Nazionale [sull’accordo del 23 ottobre si legga in questo stesso sito cliccando qui, N.d.R.]. Il primo passo per applicare il Patto spetta ora al Governo, che dovrà presentare subito il maxiemendamento alla Legge Finanziaria, stanziando le risorse concordate.

Forse, l’aspetto più significativo del nuovo Patto è l’impegno di Governo e Regioni a superare l’attuale approccio, prevalentemente di tipo “ragionieristico”, per valutare la “virtuosità” o la “difficoltà” delle Regioni nel garantire l’assistenza sanitaria.
L’impegno è quello di misurare finalmente i risultati sulla qualità dell’assistenza assicurata ai cittadini e non solo quelli, altrettanto importanti, di tipo economico e finanziario. Per essere “virtuosi”, dunque, non basterà più raggiungere l’equilibrio di bilancio, ma dovrà essere garantita «l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) con adeguati standard di appropriatezza, di efficacia ed efficienza» e dovrà essere una nuova Intesa tra Stato e Regioni a stabilire questo nuovo sistema di valutazione.
Intanto, però, resta in vigore l’attuale sistema di verifica dei comportamenti regionali, che è ancora squilibrato, con una preponderanza degli adempimenti riferiti agli aspetti di ordine economico e finanziario. Non è dunque riuscito il tentativo di assegnare, da subito, pari importanza alla verifica sui LEA. Per questo bisogna insistere perché si definisca rapidamente il nuovo sistema, anche in vista del passaggio al federalismo fiscale.

Il Patto contiene anche previsioni relative al personale del Sistema Sanitario Nazionale che, per quanto ci riguarda, non devono tradursi in misure che producano risparmi, penalizzando l’assistenza o le condizioni di lavoro. In ogni caso, è evidente che questa materia dovrà essere oggetto di una contrattazione con le Organizzazioni Sindacali interessate.
Preoccupante appare invece l’inasprimento dei vincoli e delle misure economico-finanziarie per i piani di rientro delle Regioni in difficoltà (in particolare il blocco del turn over del personale e la possibilità di ulteriori nuovi ticket), anche perché non sono previsti interventi per “sostenere” i processi di riorganizzazione, senza i quali le misure, anche le più rigorose, sono inutili; è importante tuttavia che sia stata prevista la possibilità di utilizzare misure alternative agli inasprimenti fiscali e al blocco del turn over. Infatti, l’esperienza delle Regioni più virtuose – al contrario di quelle con gravi disavanzi – dimostra che il vero risanamento non si ottiene con tagli indiscriminati, ma con una coraggiosa riorganizzazione dei servizi sanitari.
Per questo intendiamo continuare a seguire l’attuazione del Patto, sia negli impegni assunti per la dimensione nazionale che per quelli riferiti alle singole Regioni.

*Segretaria nazionale CGIL.
**Responsabile delle Politiche per la Salute della CGIL Nazionale.

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