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Ma da dove nascono i «viaggi della speranza»?

Bimbo fotografato di spalle davanti a un'alba sul marePartiamo dal titolo. Come in ogni serio tentativo di rispondere a un’onesta domanda, non esiste una risposta unica, certa e inattaccabile. I cosiddetti “viaggi della speranza” possono nascere dall’umana credulità, come sostengono in molti – e moltissimi tra questi sono professionisti del settore della riabilitazione – che induce povere famiglie a seguire imbroglioni e truffatori che promettono l’impossibile per impossessarsi dei loro soldi e possibilmente di quelli del Servizio Sanitario Nazionale (=rimborsi cure mediche all’estero). Oppure dall’umano desiderio di cercare la migliore terapia possibile per il proprio bambino o ragazzo affetto ad esempio da Paralisi Cerebrali Infantili, ma non solo in questi casi (e tale generalmente è l’opinione delle famiglie). O ancora dall’inadeguatezza delle proposte terapeutiche offerte dallo stesso Servizio Sanitario Nazionale (ma poi cosa offre davvero in tali casi? E in tutte le Regioni? E con quali evidenze scientifiche di appropriatezza ed efficacia? Chi gentilmente vuole rispondere in maniera chiara a tali domande?). Quest’ultima, secondo noi, è l’opinione delle famiglie “avvedute e informate”.

Ritenendo dunque che l’umana verità nasca dal confronto, dalla discussione e dalla verifica, ammettiamo che vi sia un po’ di essa in ciascuna delle risposte date. In particolare, poi, sul quesito iniziale, riteniamo che ogni risposta sia esatta, ma incompleta.
Noi della Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi), che da vent’anni ci occupiamo a tutti i livelli di questi problemi, non promuoviamo movimenti di popolo con collette pubbliche o pressioni politiche sul Servizio Sanitario Nazionale perché storni fondi pubblici per finanziare il vorace appetito dell’imbroglione di turno; chiediamo soltanto luce su quanto riportato nella Nota datata 21 dicembre 2009 (protocollo n. 27312) del Ministero della Salute, inviata agli Assessorati Regionali alla Sanità e sul parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità, riguardo una specifica metodica riabilitativa (il cosiddetto “metodo Adeli”). In particolare il Consiglio risponde – in modo formalmente ineccepibile – che «non vi siano elementi scientifici di evidenza clinica né riferimenti bibliografici che dimostrino la particolare caratterizzazione e la maggiore efficacia del metodo Adeli rispetto a quelli riabilitativi riconosciuti ed erogati».
Siamo perfettamente d’accordo! Ma – e se non fosse una battuta irriverente nei confronti di tanti dotti studiosi – diremmo che nelle ultime due parole («riconosciuti ed erogati») “casca l’asino”! “Riconosciuti”, infatti, pensiamo si debba intendere come “riconosciuti efficaci”, perché altrimenti il termine apparirebbe incomprensibile in tale contesto. “Erogati”, poi, trattandosi del Ministero pensiamo significhi “erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.

Ma allora quali sono i trattamenti “riconosciuti efficaci” (e in base a quali evidenze scientifiche) ed erogati a carico e cura del Servizio Sanitario Nazionale per le Paralisi Cerebrali Infantili?
E ancora – altra domanda importante, dato che la letteratura scientifica internazionale riconosce l’importanza in tali casi di un trattamento “precoce”, per meglio sfruttare la plasticità del cervello in età  perinatale o comunque nella prima infanzia e che il trattamento oltre alla specificità debba essere di intensità definita – qual è oggi per il Ministero e/o per le Regioni l’esatta definizione di tali termini, sui quali poi si basa il trattamento stesso?
Chi è così cortese da rispondere?

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

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