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Se la medicina non è una scienza democratica…

Corridoio di ospedale con medico fotografato di spalleSe la medicina non è una scienza democratica, in fondo nessuno se ne preoccupa troppo perché la democraticità non è un requisito indispensabile per raggiungere i fini che essa si propone (o si proporrebbe se…): la guarigione o almeno la miglior cura possibile del malato.
Anzi, ammettiamo tranquillamente che la medicina è – o almeno è stata per millenni – una “scienza antidemocratica”, ove è sempre prevalso il pensiero del caposcuola, almeno fin quando questi non veniva sbalzato dal trono del sapere da un altro caposcuola, che da “eretico” diventava così “classico”. Questa sorta di autocrazia del pensiero dominante (quello del caposcuola) ha donato indubbi benefìci all’umanità, assieme a lievi fastidi, quali quelli di seguire a volte – nei secoli più bui – terapie strampalate e che oggi appaiono francamente ridicole, basate essenzialmente sull’ipse dixit di un terreno maestro.

Venendo però a quella branca della medicina che più da vicino ci interessa – la medicina riabilitativa e in particolare quella dedicata alle Paralisi Cerebrali Infantili – il discorso si fa più complesso, soprattutto parlando del presente.
Le nostre “famiglie con disabilità” non riescono infatti ad avere un panorama chiaro e “scientificamente corretto” di quello che oggi in Italia offre tale specifico: troppe diversità da Regione a Regione, troppe diversità anche all’interno delle singole Regioni e talvolta appare dubbio che il “sistema” (cioè il Servizio Sanitario Nazionale) offra davvero qualcosa oltre ai tre quarti d’ora di fisioterapia due-tre volte alla settimana e solo ai più ostinati e petulanti.
Naturalmente parliamo di terapie domiciliari o ambulatoriali, perché invece, in caso di ricovero (non di quello talvolta necessario in ospedale, ma di quello in strutture convenzionate), allora improvvisamente al paziente vengono somministrate cure “strabordanti”: almeno così verrebbe da pensare seguendo le recenti terrificanti storie di diverse strutture un po’ in tutta Italia, ove lo “Stato Pagatore”, senza batter ciglio, rimborsava costi iperbolici per terapie mai prestate e il tutto senza alcun reale controllo.

Che fare allora? Attendere con messianica e ansiosa aspettativa l’emanazione dei LEA nazionali (i famosi Livelli Essenziali di Assistenza), per poi probabilmente scoprire che si ha diritto tutti (i necessitanti) a qualcosa, ma che questo qualcosa – per necessità di bilancio, diranno – è talmente poco da essere praticamente nulla?
Se la medicina, come dicevamo all’inizio, può talvolta permettersi di non essere democratica, la società se lo può permettere un po’ meno.

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

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